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Parte di una collezione di Francis Bacon alla Tate potrebbe essere falsa

«La mano, o le mani, artefici dei segni sulla tela potrebbero non essere di Francis Bacon in misura sostanziale». Questa è la conclusione incriminante di un curatore della Tate, citato dal Fondo Francis Bacon, dopo l’analisi sull’Archivio Barry Joule (BJA), che comprende l’insieme di pezzi che l’amico dell’artista, Barry Joule, donò nel 2004 al museo londinese. Il parere del curatore è apparso in un libro intitolato Francis Bacon: Shadows, in cui, da un’altra esperta, viene analizzata la collezione in questione. L’ archivista Sophie Pretorius che ha redatto il capitolo dedicatovi infatti non ha dubbi: «Nonostante il lavoro di Bacon non sia facile da imitare, la storia delle opere di Joule è piena di esagerazioni». Secondo lei servirebbe a questo punto «un pronunciamento più diretto oltre al mio, che indichi che alcuni segni rinvenibili nelle tele e nei disegni della collezione non assomigliano a quelli attribuiti a Bacon». Sarebbero parecchie le discrepanze e le incongruenze: tra le principali, la presenza di numerose opere realizzate a carboncino, tecnica mai utilizzata da Bacon altrove. Incriminante è anche il fatto che la grafia di alcune note legate alla collezione sarebbe molto simile a quella di Joule nel carteggio con l’amico, e non a quella dell’artista.

Interpellato dal Guardian, Joule si è detto furioso e pronto ad azioni legali. La diatriba tra il Fondo Francis Bacon e Joule è comunque cosa nota: nel 1998 l’Archivio che ora è in possesso della Tate era già stato richiesto dal Fondo stesso per il Bacon Study Center presso la Hugh Lane Gallery, a Dublino, per alcune ricerche. Qualche dubbio, insomma, c’è da tempo tanto che la collezione di Joule, amico di Bacon dal 1978 sino alla morte dell’artista nel 1992, nonostante sia ritenuta uno dei lasciti più generosi al museo (con 1.200 schizzi, fotografie e documenti per un valore stimato di 20 milioni di sterline) non è mai stata esposta.  Per quanto riguarda la nuova ipotesi relativa a una presenza di falsi, sempre interpellato dal Guardian,  un altro portavoce della Tate ha dichiarato senza sbilanciarsi che: «La collezione è stata acquisita ed è stata conservata e studiata. Il lavoro di Sophie Pretorius, per conto del Fondo Francis Bacon, ha portato avanti questi studi e accogliamo sempre con favore la ricerca che aiuta a gettare nuova luce su qualsiasi materiale in nostro possesso».