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A lezione di moda da Francesco Risso

Il direttore creativo di Marni ha incontrato gli studenti del Polimoda di Firenze in occasione di una speciale lecture che segna il suo ritorno nella scuola di moda dove si è formato.

di Lorenzo De Angelis

«Non mi piace l’idea di “lecture”. Anzi, odio l’idea di “lecture”» dice Francesco Risso rivolto a una platea di più di duecento studentesse e studenti all’inizio dell’incontro organizzato lo scorso lunedì nella nuova Aula Magna del campus Polimoda, presso la Manifattura Tabacchi di Firenze. E in effetti, il programma che il direttore creativo di Marni – che proprio al Polimoda ha iniziato il suo percorso di studi, proseguendo al Fashion Institute of Technology di New York prima e alla Central Saint Martins di Londra poi – ha sviluppato per il pomeriggio si discosta dalla canonica lecture a cui chi frequenta l’Università, specialmente quella italiana, è tristemente abituato. «Vorrei iniziare con due giochini, due esercizi divertenti: mi piacerebbe rimanere in totale silenzio per otto minuti per provare ad ascoltare ciò che crediamo non si possa sentire». Attivato il timer, per otto lunghi minuti, gli unici rumori che animavano l’affollatissima aula erano il girare di una ventola, qualche colpo di tosse, qualche sospiro rilassato e un unico scatto proveniente dalla macchina della fotografa ufficiale, prontamente invitata da un silenzioso gesto della mano di Risso a rimandare i suoi scatti a un momento successivo. «Questo è un esercizio che fanno gli scrittori per bloccare i propri pensieri e continuare a scrivere» ha spiegato Risso alla fine di questa meditazione corale, «quindi ora vorrei che scrivessimo un saggio insieme». Per il secondo esercizio, Risso ha diviso la platea in tre gruppi, affidando a ciascun gruppo un foglio con una diversa parola – “tulips”, “wolves” e “tears” – e invitando a scrivere, istintivamente e senza limitazioni, una frase o una parola prima di ripiegare il foglio e passarlo alla persona seduta accanto. Il risultato è una serie di divertenti componimenti collaborativi che tengono insieme, fra le altre cose, frasi poetiche e riferimenti pop, timidi coming out e citazioni a Fabrizio De André e Kanye West, e che saranno prossimamente raccolti in una pubblicazione che il team di Marni regalerà alla scuola.

Questi due esercizi “di riscaldamento” erano pensati per introdurre studentesse e studenti alle pratiche che Risso e il suo team hanno sviluppato da Marni e per suggerire alcuni possibili metodi per superare i momenti di blocco creativo con cui tutti, prima o poi, ci scontriamo. A partire da Risso, che ha raccontato di come la scoperta di una curiosa frase scritta da Virginia Woolf (la stessa che ha spinto l’autore e giornalista di moda Charlie Porter a scrivere un bellissimo libro sulla filosofia dell’abito del gruppo di Bloomsbury, di cui Woolf faceva parte) gli abbia permesso non solo di superare uno di questi momenti ma anche di avviare un processo di destrutturazione e rivoluzione della propria pratica: «Un anno fa mi sono ritrovato piuttosto bloccato, sarò molto sincero. Stavo leggendo tanto e mi sono imbattuto in una lettera in cui Virginia Woolf invita un’amica nella sua casa di campagna e le dice “Bring no clothes”. Ciò che intendeva era togliere ogni struttura. In quel momento la struttura [di Marni, nda] non permetteva alle persone di esprimersi liberamente e ho pensato che dovessimo de-costruire il nostro metodo: abbiamo bannato le immagini e abbiamo coperto l’intero ufficio con carta bianca in modo da perdere ogni riferimento visivo. Ciò che è emerso è che il nostro istinto era molto più attivo di prima perché eravamo semplicemente intenti a produrre qualcosa con le nostre mani».

L’esito di questo radicale cambio di rotta è la collezione Autunno Inverno 2024 di Marni, presentata lo scorso febbraio in uno dei tunnel sotto la Stazione Centrale di Milano, per l’occasione ricoperto integralmente di carta bianca come fosse una caverna. Ed è proprio “caverna” il termine che Risso usa per parlare dello speciale universo che ha creato da Marni, un universo in cui, come suggerisce il titolo dell’incontro, “The Process as Manifesto”, l’attenzione non è posta tanto sul risultato finale ma sulle scoperte inaspettate che si possono fare lungo il percorso. Un universo tutto improntato alla curiosità, al piacere nel fare con le proprie mani e a un forte senso di condivisione. Un universo, inoltre, che per la sua peculiarità sembra richiedere l’impiego di un lessico diverso da quello solitamente usato quando si parla di marchi di moda: quelle che, ad esempio, in qualsiasi altra azienda sono chiamate “modelle” o “brand ambassador”, da Marni si chiamano “interpreter”, perché non si limitano ad indossare gli abiti ma «informano con la propria sensibilità e il proprio punto di vista il lavoro dell’ufficio stile»; quello che altrove è genericamente definito sviluppo della collezione, da Marni è un “training” collettivo in cui tutti i partecipanti sono sullo stesso piano e dialogano apertamente.

Un universo contraddistinto da uno speciale approccio al design, dicevamo, che nella seconda parte dell’incontro è stato sviscerato nel corso di una conversazione tra Risso e Ileana Giannakoura – nelle parole di Risso: «il mio braccio destro, il mio braccio sinistro e i miei piedi» – moderata dalla giornalista di Vogue Us Tiziana Cardini. «Marni è un luogo molto speciale. C’è un vera magia nel mondo in cui facciamo le cose» spiega Giannakoura, «credo sia simile a come tutti voi vi siete sentiti quando vi abbiamo chiesto di scrivere le vostre frasi sulla carta e c’era caos, entusiasmo ma anche agitazione e paura, ma a un certo punto avete semplicemente scritto qualcosa. È così che ci sentiamo con Francesco quando iniziamo una collezione. Non sappiamo mai cosa succederà ma poi ci concentriamo sulla pratica e sulle cose che amiamo individualmente e collettivamente. È questione di interrogare cosa facciamo e come lo facciamo e di mettere sempre alla prova le nostre abitudini per portare un nuovo approccio ad ogni stagione». È anche questione di trovare percorsi alternativi per esplorare un’idea, superando tutti quei limiti che, come suggerisce Cardini, possono invece stimolare la creatività. Esempio di questa volontà di ritagliarsi una dimensione di libertà a partire da una limitazione è la collezione per la Primavera Estate 2025, presentata dal marchio durante l’ultima settimana della moda di Milano: i cinquantaquattro look erano tutti realizzati a partire una semplice tela di cotone, uno dei materiali preferiti di Risso, indossati da un cast di interpreter che si muoveva liberamente tra gli ospiti.

Imprevidibilità e libertà d’azione sono quindi elementi centrali nello sviluppo delle collezioni di Marni. Un grande privilegio in un momento in cui la componente creativa è spesso schiacciata dalla necessità di incessante crescita nelle vendite e dalle esigenze commerciali di merchandiser e Ceo. «Sono onorato di aver la possibilità di lavorare in questo modo e di essere circondato da persone che permettono che questo succeda. Ma ciò deriva anche dal fatto che questo “fuoco” ha portato dei numeri» ha dichiarato lucidamente Risso. E in effetti, come si legge su Business of Fashion, «l’approccio orientato al design ha portato importanti risulti nel portfolio di marchi di OTB», la holding di Renzo Rosso di cui Marni fa parte insieme a Diesel, Jil Sander e Maison Margiela e che nel 2023 ha registrato un aumento delle vendite del 10 per cento rispetto all’anno precedente.

L’incontro si è chiuso con una lunga sessione di interessanti domande, che ben rispecchiano le preoccupazioni e le incertezze di una nuova generazione di creativi che si ritrova a muovere i primi passi in un’industria colpita da una profonda crisi. Con la stessa trasparenza che ha contraddistinto tutto l’incontro, Risso ha parlato di questioni attuali come la sostenibilità (a proposito della quale ha dichiarato: «Se devo essere sincero, non c’è nulla di sostenibile in un’azienda che punta esclusivamente a crescere. Ci sono molti modi per essere sostenibili ma credo che il primo sia progettare capi con intelligenza»), ma anche di burn-out, nostalgia e rapporto i social media e con l’intelligenza artificiale. A contestualizzare e precisare al meglio tutte le riflessioni portate avanti nel pomeriggio è stata però la domanda di una studentessa del corso di Fashion Business, che ha chiesto a Risso di tornare sul problema descritto sopra e approfondire come, nella pratica, la componente creativa possa convivere di fianco alle inevitabili necessità commerciali di un’azienda: «Quando business e creatività rimangono sempre in dialogo, quella è la situazione ideale. È un flusso continuo in cui l’intuizione può ancora giocare un ruolo rispetto ai numeri e agli algoritmi. Noi umani siamo organismi misteriosi e per fortuna possiamo ancora accompagnare i numeri con il nostro istinto» ha spiegato Risso, suggerendo una soluzione al problema così semplice da farci chiedere come, e perché, a un certo punto, si sia perso questo equilibrio.

In apertura e nel pezzo: photo courtesy of Polimoda, Serena Gallorini