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17:41 martedì 18 novembre 2025
Il Ceo di Google ha detto che nessuna azienda si salverebbe dall’eventuale esplosione della bolla dell’intelligenza artificiale Sundar Pichai ha detto che la "corsa all'AI" è un tantino irrazionale e che bisogna fare attenzione: se la bolla scoppiasse, nemmeno Google uscirebbe indenne.
La cosa più discussa del prossimo Met Gala non è il tema scelto ma il fatto che lo finanzierà Jeff Bezos Il titolo e il tema del Met Gala di quest'anno è Costume Art, un'edizione realizzata anche grazie al generoso investimento di Bezos e consorte.
Per la prima volta è stata pubblicata la colonna sonora di Una mamma per amica In occasione del 25esimo anniversario della serie, su tutte le piattaforme è arrivata una playlist contenente i migliori 18 brani della serie.
Jeff Bezos ha appena lanciato Project Prometheus, la sua startup AI che vale già 6 miliardi di dollari Si occuperà di costruire una AI capace poi di costruire a sua volta, tutta da sola, computer, automobili e veicoli spaziali.
Le gemelle Kessler avevano detto di voler morire insieme ed è esattamente quello che hanno fatto Alice ed Ellen Kessler avevano 89 anni, sono state ritrovate nella loro casa di Grünwald, nei pressi di Monaco di Baviera. La polizia ha aperto un'indagine per accertare le circostanze della morte.
Vine sta per tornare e sarà il primo social apertamente anti AI Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, ha deciso di resuscitarlo. A una condizione: sarà vietato qualsiasi contenuto generato con l'intelligenza artificiale.
C’è una app che permette di parlare con avatar AI dei propri amici e parenti morti, e ovviamente non piace a nessuno Se vi ricorda un episodio di Black Mirror è perché c'è un episodio di Black Mirror in cui si racconta una storia quasi identica. Non andava a finire bene.
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.

Chi è il protagonista di Who the Bær, la nuova mostra di Fondazione Prada

Riaprono gli spazi di largo Isarco con il progetto dell'artista Simon Fujiwara che racconta la crisi dell'identità contemporanea.

di Studio
04 Maggio 2021

Quanto ci è mancato soffrire di Fomo? Quell’adorabile sensazione di ansia provocata dal voler fare tutto senza perdersi niente, e avere troppe possibilità tra cui scegliere. È tutto vero: i cinema sono tornati in funzione, e anche le mostre. Qui avevamo selezionato 5 gallerie di Milano che hanno aperto le porte al pubblico. Ma nell’ultima settimana anche gli ingranaggi delle grandi istituzioni hanno ripreso a funzionare. Fondazione Prada di Milano si è riattivata con la nuova mostra di Simon Fujiwara Who the Bær, che resterà aperta fino al 27 settembre.

Classe 1982, Simon Fujiwara vive a Berlino ma è nato a Londra da madre britannica e padre giapponese, quando era piccolo si è trasferito con la sua famiglia prima in Giappone, poi in Spagna e infine in Cornovaglia. Fujiwara ha studiato architettura all’Università di Cambridge (un’esperienza che si rispecchia nella sua carriera artistica) e poi arte alla Städelschule di Francoforte. Tra le sue opere più famose ci sono la ricostruzione in scala reale della casa di Anne Frank – “Hope House”, 2017 – e l’esperienza di un parco tematico con simulatori 5D e sedili in movimento che permetteva allo spettatore di immergersi nel mondo delle riprese Pov di YouTube, “Empathy I”, 2018. Le sue installazioni mescolano architettura, disegno, scultura, video ed elementi rubati al mondo dei parchi di divertimento per condurre, usando le parole di Fondazione Prada, «un’indagine del desiderio umano che sta alla base delle attrazioni turistiche, delle icone storiche, delle celebrities, dell’edutainment e del neocapitalismo».

Who the Bær è un progetto realizzato appositamente per gli spazi di largo Isarco per mettere in mostra i paradossi della ricerca dell’invenzione e dell’autenticità nella cultura consumistica contemporanea. «Ho iniziato il progetto un anno fa durante il primo lockdown facendo disegni, collage, utilizzando differenti immagini di personaggi, figure o corpi prelevate da Internet», ha spiegato l’artista durante la diretta Instagram in cui ha presentato la mostra (potete vederla qui). «Credo sia nato tutto in risposta all’isolamento dettato dal trovarsi in una realtà completamente mediata, in cui capisci di non poter vedere nessuno se non le immagini del mondo filtrate dallo smartphone, dalla TV e da Internet».

Nella diretta Fujiwara guida il pubblico tra le sale dell’esposizione che in un primo momento sembra una specie di strano parco-giochi dedicato a un unico protagonista, un personaggio cartoon con le fattezze di un orso (la mostra stessa è a forma di orso: per capirlo basta guardare la piantina). Ma attenzione, ci avverte subito l’artista: non si tratta proprio di un orso orso. Who the Bær (si chiama così) non hanno (usano il plurale per definirsi) un’identità precisa, una sessualità o una razza, e nemmeno un design definito: «L’unica cosa che sanno è quella di essere un’immagine, un disegno, all’interno di un mondo fatto di altre immagini, e che possono trasformarsi nelle immagini che a loro volta vedono». È evidente come il progetto si riferisca agli sviluppi – soprattutto sui social – delle discussioni sulle questioni razziali e sul gender, che hanno portato l’artista a riflettere sui rapporti che intercorrono tra corpo e immagine. E così, mettendo in scena la crisi di un personaggio immaginario, un* ors* alla ricerca della propria identità (e con un suo profilo Instagram: @whothebaer), racconta la crisi dell’identità contemporanea.

Who the Baer – Simon Fujiwara – Foto Andrea Rossetti

Who the Baer – Simon Fujiwara – Foto Andrea Rossetti

Who the Baer – Simon Fujiwara – Foto Andrea Rossetti

Fondazione Prada – Simon Fujiwara – foto Andrea Rossetti

Simon Fujiwara, Sculptures for “Who the Bær”, 2020, Courtesy the artist; Dvir Gallery, Tel Aviv/ Brussels; GioMARCONI, Milan; Taro Nasu, Tokyo; Esther Schipper, Berlin Photos © Jörg von Bruchhausen

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