Attualità

Favole per i grandi

Da Adventure Time fino a Nel paese delle creature selvagge: cosa e quali sono i film per adulti mascherati da intrattenimento per bambini.

di Federico Bernocchi

PBS è una sigla che sta per Public Broadcasting Service, ovvero quello che qui chiameremo, per semplificare le cose, la RAI statunitense. Una delle trasmissioni di PBS HD, la parte del digitale terrestre del canale, si intitola Idea Channel. Il conduttore è il giornalista Mike Rugnetta (gran nome) e in poco più di cinque minuti, di settimana in settimana, si occupa di evidenziare quel filo rosso che passa da tutto quello che è cultura pop e la televisione. Uno degli ultimi episodi di Idea Channel s’è concentrato su Adventure Time, geniale serie animata di Cartoon Network creata ormai nel 2010 da Pendleton Ward. Adventure Time racconta le avventure del bambino Finn e del suo cane allungabile Jake nella misteriosa Terra di Ooo. Ogni puntata ci mostra i due protagonisti alle prese con principesse da salvare, terribili mostri da sconfiggere, bizzarre creature da conoscere ed epiche imprese da portare a termine.

Adventure Time, parlo personalmente, è una vera e propria epifania. Raramente mi è capitato di vedere una serie animata così complessa dal punto di vista narrativo, ricca dal punto di vista grafico e al tempo stesso semplice e immediata. Il successo di Adventure Time, e qui sta il tema portato avanti da Idea Channel, è figlio di un sentimento nobilissimo: la Nostalgia. Lo scriviamo maiuscolo perché lo vogliamo qui intendere nella sua accezione più alta. Non si tratta solo di un passatismo che si esprime nell’esibizione di effetti o oggetti provenienti dal nostro passato (ovvero quello che da anni ormai ci perseguita tramite la famosa pratica del salvataggio in extremis di tutto ciò che è targato ’80, dalle polaroid alle audio cassette) ma di qualcosa di più profondo.

Il genio di Pendleton Ward sta nell’essere in grado di ricreare romanticamente la fantasia e la forza creatrice dell’immaginazione dei bambini. Gli episodi di Adventure Time seguono solo per “sbaglio” un filo logico: sono delle incontrollate esplosioni di creatività, dei rigurgiti di fantasia che se ne infischiano delle normali e canoniche regole causa effetto. Adventure Time ci ricorda di quando eravamo bambini e la nostra fantasia non aveva limiti. Per questo lo show ha un largo pubblico infantile, ma è riuscito soprattutto a fare breccia nel cuore di tanti adulti: guardandolo ci ricordiamo di qualcosa che non possediamo più, che sappiamo ancora riconoscere, ma che con il tempo la stragrande maggioranza di noi ha perso.

In realtà la critica di Rugnetta si spinge ancora più in là, ipotizzando non solo un sentimento nostalgico da parte dello spettatore, ma anche dei protagonisti. Adventure Time è ambientato in un mondo post apocalittico, ricolmo di detriti e rimasugli del nostro tempo. Il bambino Jake è l’ultimo umano in vita e molti dei personaggi sono affranti per un tempo passato: per loro vale solo quello che erano un tempo, prima che qualcosa di misterioso sconvolgesse per sempre la loro la vita. Tutti i personaggi diAdventure Time, come noi, soffrono di nostalgia.

Lo show di Ward è il punto di arrivo di una pratica che il mondo dell’entertainment porta avanti ormai da tempo e che vanta molti altri esempi. Nel 2009, un anno prima la nascita di Adventure Time, Spike Jonze porta su grande schermo il famoso libro illustrato per bambini, Nel Paese delle Creature Selvagge di Maurice Sendak. Il testo originale, composto da una serie di splendide tavole e da solo dieci frasi, viene adattato per il cinema da Dave Eggers. Lo scopo del film di Jonze è proprio quello di ricreare il mondo della fantasia di Max, il bambino protagonista. Interessante notare come il film di Jonze sia stato pubblicizzato all’epoca come un film per un pubblico maturo, ignorando di fatto i bambini e insistendo proprio su quel sentimento nostalgico di cui sopra. L’idea è quella di dare vita a un prodotto che si avvicini alla fiaba, che possa vantare quindi elementi immediatamente identificabili come teneri, ma al tempo stesso inquietanti e spaventosi. Da una parte c’è il costume da gatto di Max e i suoi amici immaginari, dei teneri e giganteschi pupazzi. Dall’altra c’è il comportamento di questi ultimi, violento e iroso e soprattutto la geografia del mondo di Max, anche in questo caso quasi post atomica. Adventure Time e Nel Paese delle Creature Selvagge hanno dunque un punto in comune. La commistione di elementi avventurosi, dolci e terrorizzanti è alla base di gran parte delle fiabe classiche, dai Fratelli Grimm a Hans Christian Andersen. Un tipo di letteratura inevitabilmente legata alla nostra infanzia e per questo, ancora una volta, nostalgica.

A inizio 2012 è uscito It’s Only Life, secondo singolo estratto dal discoPort of Morrow degli statunitensi The Shins. Il video del pezzo, diretto dal giapponese Hiro Murai, ci mostra ancora una volta un mondo ormai oltre il collasso, in cui l’unico abitante ancora in vita sembra essere, come inAdventure Time, un bambino accompagnato dal suo cane. Oltre a lui vagano per le strade vuote, dei misteriosi quanti inquietanti mostri neri, del tutto simili – per rimanere in Giappone – ad alcuni dei personaggi più spaventosi dei film di Hayao Miyazaki. Queste creature sono interessate a eliminare solo agli adulti (come il cantante del gruppo, che infatti viene trascinato da un mostro per tutto il video) mentre il bambino sembra salvarsi. Il motivo, da quello che si intuisce nel video, è la sua fantasia e la capacità di saper ancora giocare. Dotato di un bellissimo casco di plastica rossa munito di corna di cervo, mantello e mazza da baseball, il bambino si aggira per questo mondo defunto, inventandosi storie e avventure. Lo vediamo colpire delle felci con la sua mazza, ma noi sappiamo che in quel momento (segue esempio a caso) “sta liberando la principessa dei ghiaccioli dal terribile regno di Trum, il sanguinoso imperatore delle Trebbiatrici”. Come già nel vecchio La Storia Infinitaviene dunque esaltata la capacità dei fanciulli di saper sognare, di saper ancor giocare con la fantasia e creare dei mondi nuovi (Fantasia), contrapposta alla freddezza e al disincanto degli adulti che, non sapendo più ricreare quella magia, sono destinati a scomparire.

Un altro film che in qualche modo ci sembra possa essere tornare utile ai fini della nostra discussione è il recente Beasts of the Southern Wild, opera prima del newyorchese Benh Zeitlin. La pellicola, vincitrice del Caméra d’Or all’ultimo Festival di Cannes, è ambientata in Louisiana, nell’immaginaria isola Charles Doucet, chiamata anche The Bathtub, la vasca da bagno. L’isola, anche se evidentemente molto povera, è un posto magico, legato indissolubilmente alla Natura in cui le regole del mondo normale, quello della Terraferma, non valgono. Grazie a questa libertà (o grazie alla mancanza di costrizioni e regole) tutti sembrano vivere felici e memori di quel processo creativo di cui abbiamo lungamente parlato. Ed è qui che, in compagnia di un padre alcolizzato e malato, vive Hushpuppy, una bambina (interpretata dalla straordinaria Quvenzhané Wallis) che passa gran parte del suo tempo da sola, vagando per la foresta, ascoltando la voce degli animali o le lezioni dell’unica maestra dell’isola, una donna che gli parla degli Aurochs, giganteschi animali preistorici oggi estinti, portatori anni fa di morte e distruzione. Dopo una terribile tempesta, The Bathtub viene sommersa dall’acqua e, mentre tutti gli abitanti dell’Isola lasciano le loro case per raggiungere la Terraferma, rinunciando di fatto a loro dono, Hushpuppy, suo padre e altri pochi pazzi decidono di rimanere nell’isola. Nel frattempo, dai ghiacci si risollevano gli Aurochs, che puntano inarrestabili verso The Bathtub. Beasts of the Southern Wild è un film folle e totalmente libero. La sua struttura narrativa ha a che fare con le fiabe classiche (vedi la ricerca da parte della protagonista della madre, la pozione guaritrice o i mostri che senza motivo tornano alla carica), ma è anche un film d’avventura, un racconto di crescita e una metafora del nostro impoverimento culturale. Soprattutto, anche in questo caso, ci si concentra su quella libertà e fantasia che sta alla base dello sguardo dei fanciulli. Il tutto è visto e raccontato con gli occhi e le parole di Hushpuppy; da qui nasce dunque la particolarità del film, che se ne infischia ovviamente delle normali regole narrative, optando per una libertà formale simile a quella che sta alla base della capacità perduta dei bambini di narrare le storie.

Concludiamo citando il progetto Written By A Kid. Josh Flaum, Will Bowles e Daniel Strange, del sito Geek & Sundry, hanno avuto una straordinaria idea: ogni settimana sul loro canale youtube, caricano una storia raccontata da un bambino. Non si tratta di fiabe famose, ma di storie inventate di sana pianta da alcuni fanciulli, successivamente animate da una serie di disegnatori e artisti che piegano il loro talento alla follia del narratore. Written By A Kid rende dunque visibile e concreta proprio quella capacità di cui abbiamo parlato fino ad ora, divertendo ed emozionando al tempo stesso. Facendoci invidiare e ricordare allo stesso momento quella spontaneità e fantasia che un tempo era alla base di ogni nostra avventura. Provate a non piangere dalla felicità guardando Emily raccontare la storia del cavallo di carta La Munkya.