Attualità | Rassegna

A proposito di fat-shaming e body positivity

Se ne è discusso molto dopo l’intervento alla Camera di Filippo Sensi. Alcuni articoli per approfondire la questione.

Lizzo durante un concerto a Sydney, in Australia. Foto di Don Arnold/Getty Images

Il 29 gennaio il deputato del Partito democratico Filippo Sensi ha tenuto un discorso che è stato molto condiviso e discusso. L’onorevole ha infatti parlato di obesità e bullismo, facendo riferimento alla sua esperienza personale (ha raccontato di essere un ex obeso e di aver combattuto con il peso per tutta la vita) e allo stigma che ancora oggi circonda le persone grasse. Sensi ha citato Non superare le dosi consigliate di Costanza Rizzacasa D’Orsogna, recentemente uscito per Guanda, che sull’argomento aveva scritto anche un articolo sul Corriere della Sera diventato virale lo scorso luglio. «Sono stato per tutta la vita e sono – cito – un ciccia bomba cannoniere, un panzone, un trippone, una palla di lardo, qualcuno mi chiamava “manzo”, mio padre ci sformava. Un ragazzino una volta mi gridò: “Sensi, mi fai senso”, lo ricordo come fosse adesso», ha detto Sensi, prima di chiedere ai colleghi di prendere sul serio cose come il body shaming e il fat shaming, e cioè il bullismo contro i grassi, perché hanno conseguenze molto reali sulla vita delle persone. Sono argomenti di cui si è parlato molto negli ultimi anni, soprattutto oltreoceano, sia nel campo della cultura pop, dalla moda alla musica alla tv, grazie anche a personaggi come la popstar Lizzo, la modella Ashley Graham e la comica Aidy Bryant, sia in quello della letteratura, a partire dal lavoro seminale di Roxane Gay. Abbiamo scelto alcuni articoli per ripercorrere la questione e approfondirla.

“Roxane Gay’s Complicated Hunger The New Yorker
Fame, uscito nel 2018 per Einuadi, è un memoir molto particolare, in cui la scrittrice Roxane Gay da una parte racconta la storia del suo corpo – è clinicamente obesa da quando, a tredici anni, è stata vittima di uno stupro di gruppo – e dall’altra analizza la percezione dei grassi all’interno della società. Suo malgrado, Gay è diventata una sorta di ambasciatrice, ma non c’è niente di scontatamente positivo nel modo in cui parla della sua grassezza: al contrario, la sua prosa asciutta e realistica restituisce l’immagine di una donna che «ridefinisce e difende costantemente sé stessa contro le aspettative altrui», come scrive Doreen St. Félix.

“Roxane Gay: ‘Public discourse rarely allows for nuance. And see where that’s gotten us’”The Guardian
Nonostante le storie di Roxane Gay assumano spesso i contorni delle favole, quella finzione fiabesca che le caratterizza è quanto le permette di affrontare tematiche importanti come il fat-shaming, rendendole accessibili e comprensibili a tutti. È ciò che emerge dall’intervista realizzata da Ada Edemariam per il Guardian, in cui Gay ha rivelato di aver iniziato a scrivere per potersi sentire libera. «Odio uscire di casa, rendermi “visibile” a tutti e per anni ho desiderato avere un corpo socialmente più accettabile». Ci passano in tante, come ha scritto nelle sue opere, «ragazze che vengono frantumate silenziosamente, e che meritano di essere ascoltate».

“The Problem With Body Positivity”The New York Times
In un editoriale sul New York Times, la scrittrice Kelly deVos parla del problema del movimento “body positivity”. Se negli anni ’60 le femministe afroamericane e queer avevano lanciato l’idea della “fat acceptance” come forma di resistenza radicale al razzismo e sessismo istituzionalizzato, il movimento che ci ritroviamo oggi è ben diverso. «Il problema con la versione odierna della body positivity è che si rifiuta di riconoscere che un unico approccio non può andar bene per tutti», scrive deVos che sottolinea come, «chiudere la conversazione non è mai d’aiuto. Lascerà le ragazze sole in una cultura che invia messaggi confusi su dieta, immagine del corpo e salute».

“Unraveling the Plus-Size Problem”The Business of Fashion
Al di là del successo di singole artiste nella cultura pop, il mercato plus-size rimane rimane ancora oggi qualcosa da cui la maggior parte dei marchi di moda si tiene lontano. Come mai? Se l’è chiesto Chantal Fernandez su Business of Fashion in un interessante approfondimento, dove rileva come, «Il mercato dell’abbigliamento plus-size vale oltre 21,4 miliardi di dollari negli Stati Uniti, secondo le stime di NPD, e sta crescendo due volte più velocemente del mercato complessivo dell’abbigliamento. Tuttavia, i clienti taglie forti hanno delle opzioni molto limitate. La maggior parte di ciò che vedono nelle campagne di marketing tradizionali, sulle passerelle e nei negozi, infatti, non viene prodotto oltre la taglia XL».

“What celeb trainer Jillian Michaels got wrong about Lizzo and body positivity”Vox
Durante la puntata dell’8 gennaio del programma AM2DM di BuzzFeed News, l’icona del fitness Jillian Michaels ha controbattuto agli elogi che il co-conduttore Alex Berg ha fatto al concetto di body positivity espresso da artiste come Lizzo. «Stiamo celebrando un corpo sovrappeso che soffrirà di diabete, quando piuttosto dovremmo celebrare solo la sua musica perfetta», ha detto. Secondo Vox, quella di Michaels non è stata una «rielaborazione femminista», cioè un tentativo di distogliere l’attenzione dal valutare una donna solo dal suo aspetto fisico, quanto invece dell’ennesima stigmatizzazione dei corpi difformi dai canoni.

“Dietland, che occasione sprecata” Rivista Studio
La protagonista di Dietland, la serie che debuttò il 4 giugno 2018 su AMC e che si proponeva di raccontare com’è vivere da obesi, era Plum, giornalista freelance sovrappeso in continua lotta con il suo metabolismo e un’immagine di sé non corrispondente né ai suoi desideri (da qualche parte dentro di lei c’era Alicia, la versione magra che poteva permettersi un fiammante vestito rosso e aspettava solo di venire fuori) né, soprattutto, alle aspettative degli altri. In questo articolo Silvia Schirinzi cercava di capire perché la serie si fosse rivelata così deludente, muovendosi con goffaggine tra generi e registri diversi, senza riuscire ad amalgamarli in maniera compiuta. Un’occasione sprecata di affrontare un tema delicato e significativo, soprattutto nel clima di quel periodo, che seguiva l’esplosione del dibattito avviato dal movimento #metoo e vedeva l’affiorare di un lungo elenco di argomenti sull’identità pubblica e privata delle donne nei media mainstream.

“’Shrill’ Is the Mona Lisa of Body Positive Television”Vice Us
Basata sul libro Shrill: Notes from a Loud Woman di Lindy West, Shrill è una serie tv uscita nella primavera del 2019 su Hulu. La serie segue le vicissitudini di Annie (anche lei, come Plum, la protagonista di Dietland) giornalista e sovrappeso. Annie è sicura di sé, esuberante, ambiziosa: non sembra affatto intenzionata a cambiare il suo corpo per raggiungere i propri scopi e sentirsi bene con sé stessa. Il problema sono gli altri: la serie racconta la sua lotta con la gente che la giudica per via del suo peso, tra cui il fidanzato e la sua stessa famiglia. Una lotta condotta con entusiasmo e molto humor, che non impedisce ad Annie di procedere con sicurezza verso la realizzazione personale e professionale. In questo articolo di Vice Sophia Carter-Kahn spiega perché la serie con Aidy Byant che parla di com’è «sopravvivere in un mondo che considera chi è sovrappeso soltanto un’immagine del “prima”(della dieta, ndr)», è il prodotto televisivo più riuscito mai stata realizzato sul tema della body positivity.

Il discorso di Filippo Sensi alla Camera