Attualità

Abed contro Sheldon

Il successo travolgente di The Big Bang Theory e l'inevitabile tramonto di Community. Due show e due protagonisti divisi da un vecchio vizio: ridere con i nerd, non dei nerd.

di Pietro Minto

Sheldon Cooper è un fisico teorico texano. Lavora al Caltech di Pasadena, non capisce il sarcasmo, ha difficoltà a relazionarsi con le altre persone, riesce a sedersi solo in una parte precisa del suo divano e pensa esista un “algoritmo” per farsi degli amici. Abed Nadir è uno studente universitario americano di origini palestinesi e polacche, ha il sospetto di vivere all’interno di una serie tv e una notevole difficoltà a relazionarsi con gli altri, eccetto il suo amico Troy con cui ha creato una ragnatela di citazioni che vanno dalla science fiction ai cartoni animati. Ha un gemello cattivo e un Dreamtorium, una stanza colorata in cui stare da solo con la sua ingombrante psiche.

Sheldon e Abed sono i protagonisti di due serie televisive, rispettivamente The Big Bang Theory (Cbs) e Community (Nbc). Entrambi presentano sintomi tipici della sindrome di Asperberg (anche se i creatori di TBBT hanno smentito i disordini di Cooper). Sono personaggi simili in superficie: entrambi “nerd”, complicati e ossessionati dalla cultura pop. The Big Bang Theory, lo show più visto negli Usa con un’audience di 23,4 milioni di persone, è arrivato alla settima stagione e il network l’ha già prorogato per altri tre anni. Community è giunto alla quinta stagione arrancando tra annunci di sospensione e la cacciata del suo creatore Dan Harmon. La scorsa settimana è stato ufficialmente cancellato dalla Nbc. Non ha mai superato i 5 milioni di spettatori.

Il dottor Sheldon Cooper, Ph.D, e il giovane Abed non sono poi così simili, a quanto sembra.

Cooper, interpretato dal bravo Jim Parsons, è il protagonista di una sit com “tradizionale”: camera unica, risate registrate, un appartamento a fare da scena principale, una manciata di protagonisti che ruotano attorno a lui a livelli diversi; ha un suo tormentone (BAZINGA!), buono per la fidelizzazione del pubblico e il merchandising, e tratti autistici che vengono governati con cautela, solo a scopo “comico”, mai personale o psicologico. Sheldon è lo stereotipo del nerd che può avere una persona che non apprezza o non conosce i nerd. Per quanto lo show trabocchi di riferimenti a fumetti e videogame, non può definirsi uno spettacolo pensato al pubblico che bazzica quell’universo. Futurama è uno show “da nerd”. Community pure. Il punto di vista di Chuck Lorre (creatore, oltre che di TBBT, di Dharma & Greg e Due Uomini e Mezzo) converge sempre nello mainstream: i riferimenti pop non vanno per forza “capiti”, basta siano segnalati, seguendo questa semplice formula:

persona bizzarra →  riferimento oscuro → incomprensione → (ridicolo) → risata

Un algoritmo sintetizzato crudelmente nel seguente video:

Anche per questo, TBBT ha un enorme successo anche tra il pubblico adulto. I riferimenti di Community, invece, sono “interni” adatti a un certo pubblico giovane, quello più propenso ad apprezzare gli universi paralleli, le meta-narrazioni e i personaggi più umani di quella sagoma di cartapesta che è Penny, la bella-bionda-quindi-non-intelligente dirimpettaia di Sheldon. (Penny – è importante sottolinearlo – è l’unico personaggio della serie a non avere un cognome. Succede, con il 2D.) Si può guardare una replica di TBBT capendo tutto, senza mai perdersi; Community potrebbe invece portarvi in un’altra timeline senza nemmeno un “previously on Community”. «Puoi goderti il nostro show senza seguire l’appuntamento settimanale» ha spiegato Parsons-Cooper al magazine New York. Ed è vero. #tenseasonsandamovie

Quando Dan Harmon propose Community alla Nbc, si ispirò a un’esperienza personale, quando si trovò al college a studiare con altri studenti molto più giovani di lui. Si sentiva un pesce fuor d’acqua, eppure superiore, così maturo e sicuro in mezzo a dei giovani confusi. Una storia ispirata a quei giorni poteva essere un pitch adatto al network. Scelse quindi con cura un personaggio a rappresentare se stesso sullo schermo, Joe McHale, comico simpatico e di bell’aspetto, maturo e già professionalmente avviato, solo in un gruppo di dispersi. Era tutto pronto, la serie si sarebbe scritta da sé, sembrava. Nel corso della prima stagione, però, Harmon cominciò a sentirsi più simile ad Abed, cioè “l’altro”, quello strano; fece un po’ di test su internet per verificare di avere la Asperger e risultarono in parte positivi. McHale cominciò a cambiare, a diventare “l’altro”, mentre Abed Nadir diventava la voce dello scrittore, la manifestazione di una parte di sé che aveva nascosto per anni.

È anche questo switch – percepibile verso la fine della prima stagione – a dare profondità alla serie, differenziandola da TBBT. Potete immaginare Lorre rendersi conto d’improvviso di essere Sheldon? Mmm. Difficile, e per un motivo molto semplice: Sheldon Cooper non esiste, di Abed ne abbiamo tutti conosciuti un paio.

Raccontare il “nerd” in televisione è spesso significato affrontare la Asperger in televisione, nonostante i due elementi non sono direttamente collegati. Per capire l’origine di questo fenomeno, torniamo ai principali sintomi dei disturbi dello spettro autistico: difficoltà nelle relazioni sociali, comportamenti inusuali, attenzioni e preoccupazioni insolite. Sulla base di queste caratteristiche si possono creare personaggi interessanti, in contrasto con la tradizione (è quello che succede con i sociopatici che tanto amiamo): l’antenato di tutti questi “aspies” televisivi può essere rintracciato in Moss della serie britannica The IT Crowd, genio dei computer con magliette da geek diverse di puntata in puntata, isolato dal resto dell’azienda e costretto alla convivenza forzata con Jen, ragazza poco preparata tecnicamente ma con una notevole vita sociale. Moss, maschera che ha ispirato quella di Sheldon Cooper, diventa il centro della storia, la anima dall’alto dei suoi handicap sociali.

La triade Moss-Sheldon-Abed, pregna di difetti e nuove necessità, è diventata così da modello per altri casi di Asperger televisivi, come Peter Gregory, il venture capitalist di Silicon Valley, che in una scena già iconica della serie si informa del business di Burger King mentre il suo staff cerca di fargli salvare una azienda dal baratro. Decine di posti di lavoro sono a rischio ma Gregory, versione fiction di veri VC come Peter Thiel e Paul Graham, ha altri pensieri (qui la scena intera):

Avete mai mangiato da Bur-gur King? (…) Ci sono appena passato davanti in macchina e anche se il loro giro d’affari è di più di 7 miliardi, mi son reso conto di conoscere le loro offerte. Sono diffuse tra i vostri amici? Vengono… apprezzate? (…) E la loro selezione consiste solo di questi bur-gur dei quali a quanto pare sono re? (risatina)

Il leggero autismo di Gregory è qui utilizzato con rispetto per dipingere il cinismo di una Valley assetata di denaro, dominata da personaggi dalle pessime relazioni sociali che in parecchie occasioni (vedi Peter Thiel) si sono espressi contro i college, consigliando ai giovani di gettarsi direttamente in un mercato del lavoro sfrenato e senza regole. C’è critica satirica della società, la nascita di un personaggio che si prospetta imperscrutabile eppure autentico, plausibile. Noi tutti potremmo conoscere un Peter Gregory prima o poi: esiste. È un caso di disturbo della personalità sfruttato non a fini comici (“guarda com’è strano quel tizio!”) ma narrativi. Nemmeno l’Apserger di Abed è decorativo: serve a raccontare la storia di un ragazzo isolato che con difficoltà cerca di aprirsi al mondo. I suoi successi e fallimenti non fanno tenerezza, sono umani. Community è uno show sull’amicizia, come ha scritto Max Read, e sul diventare grandi; non è un caso che il suo protagonista sia un adulto costretto a tornare studente, percorrendo la stessa strada in direzione opposta.

Leonard e Sheldon, protagonisti di The Big Bang Theory, sono organismi più piatti, da consumare velocemente, le cui debolezze suscitano al massimo una risata (registrata). Hanno successo anche per questo. Di Community avremmo voluto vedere “sei stagioni e un film”, per citare lo slogan-manifesto della resistenza alla Nbc: un’avventura complicata e tortuosa grazie alla quale avremmo visto un piccolo gruppo di persone crescere insieme a noi. Ridere dei nerd: insieme a loro, non di loro. Non ce l’abbiamo fatta. È stato bello finché è durato.

 

 

Immagine: l’Abed Nadir “cattivo” nel Dreamtorium in una scena di Community (Nbc)