La copia di Martin Eden, di Jack London letta da Noodles (al cesso) in C'era una volta in America

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Perché in C’era una volta in America Noodles legge Martin Eden?

Il motivo, raccontato da uno degli sceneggiatori del film (l’unico sopravvissuto), illumina sia il capolavoro di Sergio Leone che il personaggio di Jack London, appena portato al cinema da Pietro Marcello.

di Franco Ferrini

Può succedere che in un film si vedano anche per un solo secondo le immagini di un altro film, o sullo schermo di un cinema o alla televisione. Oppure se ne vede il titolo sulla luminosa sopra l’entrata di un cinema. In un caso o nell’altro, i film oggetto della citazione non vengono mai scelti senza criterio. Sono una scelta mirata. A uno scopo ben preciso. In Bersaglio di notte di Arthur Penn, ad esempio, Gene Hackman è un detective privato tradito da sua moglie. Lui lo scopre pedinandola fino a un cinema dove danno La mia notte con Maud di Eric Rohmer (si vede il titolo, per l’appunto, sulla luminosa). Il film in cartellone poteva benissimo essere anche un altro, invece hanno scelto proprio La mia notte con Maud. Perché parla dell’infedeltà coniugale. In questo modo, Arthur Penn vuole dirci che il tema in Bersaglio di notte, al di là della detective story, è il tradimento. Non solo coniugale ma anche ad altro livello, come dimostra la rivelazione finale del giallo (che non rivelo per ovvie ragioni). All’inizio di Gremlins si vedono alcune immagini – innevate – di La vita è meravigliosa di Frank Capra. Anche qui non è una scelta casuale. Perché la storia praticamente è la stessa. Nell’horror di Joe Dante la famiglia del protagonista e l’intera comunità di Kingston Falls rischiano di perire sotto gli artigli dei mostriciattoli capeggiati da Ciuffo Bianco; nel film di Capra la famiglia di James Stewart e l’intera comunità di Bedford Falls (si noti quel Falls in condominio) rischiano di finire nelle grinfie di Potter, lo spietato capitalista arraffa tutto. Lui pure ha i ciuffi bianchi, quelli di Lionel Barrymore. Alla fine di L.A. Confidential, dopo i titoli di coda, appare un’immagine di Hopalong Cassidy, un eroe western molto famoso negli USA, protagonista di film e di serie tv sin dagli anni Trenta. Col che il regista, Curtis Hanson, vuole dirci che L.A. Confidential è un western. Metropolitano, ma western. Dove al posto dei banditi e degli sceriffi vi sono i poliziotti e le gang, mentre i cavalli sono sostituiti dalle auto e le sciantose da saloon da un giro di prostitute somiglianti alle dive di Hollywood.

La stessa cosa vale per i libri che si vedono nei film. Ne La notte, ad esempio, Monica Vitti durante la festa nella villa del padre industriale invece di prendervi parte preferisce stare sola soletta a leggere I sonnambuli di Hermann Broch. Scelta ancora una volta non casuale. Perché si tratta di una trilogia, tre racconti ambientati nella Vienna della Krisis e imperniati sulla disgregazione dei valori, a seguito della quale gli uomini si aggirano nella vita come sonnambuli. Lo stesso tema – la dissoluzione dei valori – di La Notte (il regno dei sonnambuli), facente parte tra l’altro di una trilogia anch’esso – capitolo precedente L’avventura, capitolo successivo L’eclisse, la cosiddetta trilogia dell’alienazione.

Noodles, interpretato da Robert De Niro, in C’era una volta in America

Tutto questo come necessaria premessa per introdurre, e inserire in un quadro più ampio, la domanda che più di uno mi ha posto, essendo io uno degli sceneggiatori di C’era una volta in America (l’unico sopravvissuto), dopo aver visto o sentito parlare del Martin Eden premiato all’ultima Mostra di Venezia: perché Noodles nel film di Leone legge Martin Eden (al cesso)? Nel romanzo da cui è tratto C’era una volta in AmericaMano armata di Harry Grey (che si conclude con la fuga di Noodles da New York nel 1933, pertanto senza la parte moderna, la memoria, i ricordi, la ragione per cui Leone ha fatto il film), Noodles ragazzino legge tutti i libri che gli capitano sotto mano: una biografia romanzata di Jess il bandito, Robin HoodDagli stracci alla ricchezza di Horatio Alger, L’educazione di Henry AdamsDon Chisciotte. Tutti libri, secondo me, non scelti a caso, bensì con lo scopo precipuo di riverberare e innalzare la trama del romanzo (ascesa e caduta di una banda di gangster, da cui il riferimento a Jess il bandito) ad altri livelli: il Sogno Americano (Dagli stracci alla ricchezza) e la “storia di formazione” dall’infanzia alla maturità (L’educazione di Henry Adams). Quanto a Don Chisciotte, non è forse donchisciottesco Noodles nel mettersi contro i mulini a vento della polizia e della Combinazione? Harry Grey sapeva. Inserendo i libri citati in Mano armata, così ad hoc, senza saperlo, ha fatto quello che faranno Arthur Penn, Joe Dante, Curtis Hanson, Antonioni, per dirne solo alcuni. Viceversa, Arthur Penn e compagnia bella hanno fatto quello che aveva fatto Harry Grey. Che sia stato lui l’inventore del giochetto?

A quel punto, dovevamo scegliere il libro. Potevamo scegliere uno di quelli che legge nel romanzo. Invece abbiamo scelto Martin Eden. Perché? Ci tengo a dire che aveva un valido concorrente: Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald

Sia come sia, sceneggiando C’era una volta in America, non volevamo metterci tutti i libri citati nel romanzo, non volevamo che Noodles ragazzino fosse un secchione. Uno però ce l’abbiamo messo. Era un bel risvolto per il personaggio che leggesse (al cesso comune nel caseggiato miserabile dove abita). A quel punto, dovevamo scegliere il libro. Potevamo scegliere uno di quelli che legge nel romanzo. Invece abbiamo scelto Martin Eden. Perché? Risponderò tra poco. Prima ci tengo a dire che aveva un valido concorrente: Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald. La scena in cui Noodles legge Martin Eden si svolge, stando alla sceneggiatura, nel 1923, mentre Il grande Gatsby è stato pubblicato nel 1925. Perciò abbiamo dovuto scartarlo. Ma non del tutto. Perché qualcosa de Il grande Gatsby ci è finito lo stesso in C’era una volta in America. Era inevitabile, forse. Perché vi sono troppe analogie tra Noodles e Gatsby, nomi fittizi entrambi (Gatsby in realtà si chiama Gatz, e Noodles David Aaronson). Sono tutti e due contrabbandieri di alcolici (durante il Proibizionismo, «l’orgia più costosa della storia», nella definizione di Fitzgerald), condividono lo stesso destino (fanno fortuna e poi cadono), e hanno un grande amore: Daisy e Deborah. Che finiranno per perdere entrambi. Gatsby aveva conosciuto Daisy quand’era un oscuro militare di leva squattrinato e lei una ragazza ricca e aristocratica. Per cui dopo un breve flirt la storia è finita (lei sposa uno della propria classe). Solo che Gatsby dopo cinque anni ritorna alla carica, da ricco e acculturato, pur limitandosi a fissare nel buio, aspettando il momento buono, la dimora di lei (“la luce verde”) dalla propria villa di Long Island in cui dà una festa dopo l’altra invitando tutta la New York che conta, solo per attirare su di sé l’attenzione di lei, Daisy. Gesto romantico che trova un equivalente, in piccolo, quando Noodles porta Deborah a cena in un ristorante di lusso fatto riaprire appositamente per lei.

La famosa scena di C’era una volta in America nella Sala degli Stucchi dell’Hotel Excelsior, al Lido di Venezia: Noodles porta Deborah a cena in un ristorante di lusso fatto riaprire appositamente per lei

Il sogno di Gatsby, come già detto, è rappresentato dalla luce verde. Ma lasciamo parlare il suo creatore (sono le ultime parole del romanzo): «Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi». Quasi in parallelo perfetto, Noodles (da vecchio), alla fine, lasciando la villa del suo amico-nemico redivivo Max, a Long Island (dove sennò?) vede una luce: quella rosso fuoco del catarifrangente di un camion tritarifiuti (in cui è finito in poltiglia Max). E sì, Leone non è romantico o sentimentale come Fitzgerald. Eppure, tuttavia… la citazione di cui sopra da Gatsby continua in questo modo: «Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato». Pure Noodles viene risospinto nel passato. Il catarifrangente del camion si trasforma nei fari di una vecchia Ford che gli viene incontro. E dietro un’altra vettura degli stessi anni, e un’altra ancora. Non è più la sera della festa di Max (nel 1968) ma la notte della fine del Proibizionismo, che riemerge dalle nebbie (c’è nebbia nella scena) del passato…

Come si vede, Il grande Gatsby aveva molte chance. Martin Eden ancora di più. Per questo lo abbiamo scelto. Innanzitutto perché racconta la stessa storia di C’era una volta in America. Quella di un ragazzo che parte dal basso e persegue il Sogno Americano: Martin Eden con la cultura e la penna, Noodles col whisky di contrabbando e la pistola. Facendo una brutta fine tutti e due. Martin Eden, diventato lo scrittore e giornalista più pagato d’America, si suicida buttandosi in mare aperto. Noodles, dopo aver perso tutto – il denaro, la donna amata, gli amici, trentacinque anni della propria vita trascorsi nel “buco del culo del mondo” in preda ai sensi di colpa per aver provocato la morte degli amici, o almeno così crede, perché la verità è un’altra, ancora più amara e devastante – non si suicida ma si rifugia nel mare dell’incoscienza, l’oppio. Max invece si suicida sul serio, gettandosi nel tritatutto. Alla fine muore anche Gatsby, sforacchiato di pallottole sul bordo della sua piscina. La fine del Sogno Americano. In mare aperto. In una fumeria d’oppio. In un tritatutto. In una piscina.

Ecco le ragioni per cui ci si è imposto come scelta quasi naturale Martin Eden e non altri (che il libro stia fuori della finestra del cesso legato a una cordicella, pertanto nascosto, lettura clandestina, è un’invenzione di Sergio, che regista!)

 

Prima di Martin Eden si era suicidato il suo amico e mentore Russ Brissenden, rivoluzionario e scrittore come lui, con un colpo di pistola, quel colpo di pistola che Max vorrebbe ricevere da Noodles per non comparire davanti alla commissione d’inchiesta come indagato e al tempo stesso pagare il proprio debito con lui per averlo tradito. Noodles si rifiuta. Restando in tema, Martin Eden rifiuta la donna amata, Ruth, perché irrimediabilmente borghese, e lui odia i borghesi. Noodles fa altrettanto: ripudia Deborah – stuprandola – dopo che lei lo ha ripudiato dicendogli che parte per andare a Hollywood. Le analogie continuano: Martin Eden si innamora di Ruth (un nome ebraico come Deborah, anche se non è ebrea), socialmente superiore a lui – c’è un abisso; Noodles ragazzino ama Deborah, figlia del proprietario di una delikatessen, perciò benestante, che va a scuola di danza e sa quel che vuole, mentre lui è un teppistello con le pezze al culo, cosa che lei gli rinfaccia ripetutamente. Martin Eden si vergogna della propria mancanza di buone maniere quando va a cena a casa del fratello di Ruth, che ha salvato durante una rissa, la sera in cui la vede per la prima volta. Noodles, del pari, nella scena al ristorante appare umiliato davanti a Deborah che ordina elegantemente in francese. Martin Eden ama Ruth ma non disdegna Lizzie, un’operaia (poco meno di prostituta nella scala sociale dell’epoca per la borghesia snob). Noodles ama Deborah ma “si fidanza” con una prostituta, Eve.

Jennifer Connelly nel ruolo della giovane Deborah in C’era una volta in America

Martin Eden C’era una volta in America sono accomunati inoltre dalla presenza della lotta di classe. Cospicua, massiccia, coi socialisti, gli anarchici, i discorsi rivoluzionari, le bandiere rosse e nere, nel romanzo. Meno sbandierata nel film, ma c’è ugualmente: lo sciopero. In Harry Grey lo fanno i lift boy, gli ascensoristi di New York. Noi abbiamo cambiato mettendoci gli operai, cosa molto più vicina a noi italiani. Comunque, in accordo col romanzo, Noodles e soci scendono in campo a fianco degli operai. Non per ragioni politiche, ideali, come succede in Martin Eden, ma semplicemente perché li paga il sindacato, in risposta al fatto che i padroni per stroncare lo sciopero avevano assoldato altri gangster (uno dei quali mitraglia Jimmy, il leader sindacale, nella cabina telefonica).

Ecco le ragioni per cui ci si è imposto come scelta quasi naturale Martin Eden e non altri (che il libro stia fuori della finestra del cesso legato a una cordicella, pertanto nascosto, lettura clandestina, è un’invenzione di Sergio, che regista!). Faceva proprio al caso nostro. Ma c’è anche un’altra ragione: il linguaggio. Mano armata Martin Eden sono scritti entrambi con il linguaggio da strada, in slang, specie nei dialoghi (anacronismo a parte, Gatsby sarebbe stato troppo raffinato). A rafforzare maggiormente questo gioco di analogie e di rimandi incrociati, in C’era una volta in America c’è un episodio che ha una somiglianza impressionante con quanto succede in un racconto di Jack London, Ragazzi di strada e i gatti allegri. Costoro, piccoli vagabondi, hobo, vogliono derubare un ubriaco, la stessa cosa che vogliono fare Noodles e la sua banda da ragazzini. «Ma cosa succede? Uno strano groviglio di forme piccole e indistinte e minacciose si interpone tra il branco e la sua preda. Un altro branco di ragazzi della Strada» (La strada, Einaudi, Torino, pag. 17). In C’era una volta in America tra i ragazzi e l’ubriaco da derubare invece (invenzione nostra) s’interpone Max. È lui a sottrarre l’orologio all’ubriaco, bruciando sul tempo Noodles e soci. La nascita della loro amicizia. La causa, alla lunga, della loro rovina. La fine di un sogno, «la fine dell’individualismo», come disse Jack London riassumendo icasticamente il significato di Martin Eden. Se vedesse C’era una volta in America, Jack dovrebbe sentirsi omaggiato. Sicuramente, non si rivolterebbe nella tomba. Ma non credo vi siano proiezioni all’Inferno.