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Charli xcx sarà produttrice e protagonista del nuovo film di Takashi Miike Chiusa ufficialmente la brat summer, la cantante ha deciso di dedicarsi al cinema.
A Parigi hanno dimostrato che la migliore arma contro l’inquinamento è la pedonalizzazione 100 strade chiuse al traffico in 10 anni, inquinamento calato del 50 per cento.
Tutti i media hanno ripreso un articolo di Reuters sulla vibrazione atmosferica indotta, che però non c’entra niente con il blackout iberico (e forse non esiste) E infatti Reuters quell'articolo è stata costretta a cancellarlo.
La chiusura della più famosa sauna di Bruxelles è un grosso problema per la diplomazia internazionale A Bruxelles tutti amano la sauna nella sede della rappresentanza permanente della Finlandia. Che ora però resterà chiusa almeno un anno.
C’è un cardinale che potrebbe non partecipare al conclave perché non si riesce a capire quando è nato Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo emerito di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, ha 80 anni o 79? Nessuno riesce a trovare la risposta.
La Corte europea ha vietato ai super ricchi di comprarsi la cittadinanza maltese Per la sorpresa di nessuno, si è scoperto che vendere "passaporti d'oro" non è legale.
Una nuova casa editrice indipendente pubblicherà soltanto libri scritti da maschi Tratterà temi come paternità, mascolinità, sesso, relazioni e «il modo in cui si affronta il XXI secolo da uomini».
Nella classifica dei peggiori blackout della storia, quello in Spagna e Portogallo si piazza piuttosto in basso Nonostante abbia interessato 58 milioni di persone, ce ne sono stati altri molto peggiori.

Gli eventi del Salone: space&interiors

Lo spin-off del Salone compie due anni e mette in mostra come cambiano il ruolo e il concetto di casa nell'epoca in cui tutto è design.

06 Aprile 2017

C’è un Salone fuori dal Salone che non è il Fuorisalone. Space&interiors festeggia il secondo anno di vita e prosegue lungo la sua strada: riunire e presentare al pubblico tutto il design che no, non avevamo considerato, ma contribuisce a rendere casa tutti i luoghi in cui viviamo. Come diceva Bruno Munari: «Ci sono più sedie che culi». Dunque, oltre appunto a sedie, divani penisola, tavoli di cristallo e lampade in plexi (da queste parti si dice così), ecco qui schierate le porte, i marmi destinati alle superfici dei bagni e delle cucine, le carte da parati, i legni e i tessuti. È la grande fiera della finitura, con pure quel po’ di hipsterismo che piace ai tantissimi curiosi del Mobile. «Quest’anno si vedono molti più cinesi: è un ottimo segno», scherzano gli espositori. La sede è The Mall, 4.200 metri quadri sotto i cosiddetti Diamanti del Samsung District, Porta Nuova, a un passo però da Brera e i suoi storici angoli di Fuorisalone. «Siamo venuti qui perché è il simbolo della nuova architettura milanese», dice Giovanni Grassi, direttore generale di Made Expo, che organizza questo spin-off del Salone. «E anche perché ci piaceva avere un luogo nuovo da colonizzare, pure con una buona dose di coraggio: il design qui non era ancora arrivato. Space&interiors è fisicamente fuori dal Salone, ma mantiene il suo impianto fieristico. E vuole essere meno caotico del Fuorisalone, dove un piccolo marchio può rischiare di passare dal successo al disinteresse generale nel giro di una stagione: da Lambrate a Tortona, ormai la concorrenza è spietata. Anche per questo non abbiamo scelto le zone caratterizzate da quell’evento. Space&interiors è un esperimento nuovo».

Il tema di quest’anno è la leggerezza, pure tra marmi e porte blindate, perché no. «La leggerezza è il tema portante dell’architettura, e il filo rosso che lega tutte le aziende esposte qui», commenta Mara Servetto, archistar di Migliore+Servetto, il gruppo che per il secondo anno cura l’allestimento di The Mall. «La leggerezza sta nel lavoro sui materiali, nell’uso delle nuove tecnologie, nelle scelte ecologiche che si possono operare rispetto a tutto ciò che contraddistingue gli spazi che abitiamo. Lungo l’arteria principale di space&interiors abbiamo voluto mettere tante citazioni sulla leggerezza di designer celebri, e le immagini del grande Paolo Soleri: sono la prova che già negli anni Sessanta si dibatteva sui materiali, sull’ecosostenibilità, in un modo forse utopistico, ma che ha portato dritto alle riflessioni di oggi».

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In questo “Salone fuori”, per far continuare l’onda lunga del dibattito si sono inventati gli aperitivi con gli architetti. Domani alle 18.30 è il turno di Luca Molinari, che ha scritto Le case che siamo (nottetempo). Il titolo è una festa, per chi vuole continuare a battere sull’annoso tema: tutto è casa, tutto è design. «E però è proprio così, per questo siamo arrivati alla settima edizione in meno di un anno», ride. «Ciascuno di noi è la casa che abita, leggere al dettaglio la propria casa significa leggere la propria storia. Oggi la differenza sta nel fatto che deleghiamo il ruolo di casa a luoghi sempre più diversi, anche solo per un momento. Nelle metropoli si vive in appartamenti sempre più piccoli, dunque anche i luoghi pubblici si trasformano per assomigliare alla casa che cerchiamo: io la chiamo “domesticizzazione del pianoterra”. I locali si riempiono di tappeti, divani, materiali che sceglieremmo per la nostra cucina, che spesso non esiste neanche più: si mangia direttamente fuori o si ordina a domicilio. Pure quando viaggiamo oggi abbiamo Airbnb, che poi sono semplicemente le case degli altri. L’idea di privacy alla base delle società occidentali è completamente saltata, vogliamo condividere i luoghi degli altri, con gli altri. Le case, appunto».

Così si spiega il boom di Salone, Fuorisalone e realtà ibride come space&interiors? «Sempre a proposito di case private che diventano luoghi pubblici, il Fuorisalone in questo senso è stato un pioniere: da anni gli appartamenti di Brera e Lambrate vengono aperti per una settimana al grande pubblico, e dentro ognuno vi può leggere una storia diversa, anche la propria. Space&interiors è un ottimo tentativo da parte del Salone ufficiale di entrare in questa grande concezione urbana e appunto “casalinga” del design milanese. Mi piace la riflessione sui dettagli che definiscono le nostre case. Il pubblico oggi non è più fatto solo di semplici consumer, è sempre più critico e consapevole, soprattutto sono aumentati gli strumenti di verifica: siamo abituati a processare migliaia di immagini al giorno, anche quello che una volta sembrava un banale dettaglio ora è sottoposto a un processo di analisi molto più lungo e articolato».

«Non dimentichiamoci che il design è anche, e deve essere ancora, business», chiude Giovanni Grassi. «Noi ci caratterizziamo in questo senso, come luogo di incontro tra gli espositori e l’utente finale. La Design Week è percepita su larga scala come “evento”, ma resta il principale meeting dell’industria dell’arredamento. Per questo vogliamo che space&interiors diventi un appuntamento sempre più stabile e ricco, quest’anno abbiamo lanciato una collettiva sul marmo, abbiamo coinvolto sponsor fuori dal nostro giro di mercato più diretto ma interessati al dialogo, abbiamo reso ancora più organico il collegamento con il fratello maggiore, il Salone di Rho. Ah, è arrivato un gruppo di cinesi, vado a spiegargli due cose: dobbiamo farci conoscere».

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