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È uscito il primo trailer di Nouvelle Vague, il film in cui Richard Linklater racconta Jean-Luc Godard che gira Fino all’ultimo respiro E che potremo vedere in streaming su Netflix, dove sarà disponibile dal 14 novembre.
Il biopic di Giorgio Armani è già in lavorazione  S’intitola Armani – The King Of Fashion ed è in lavorazione già da mesi, non si sa se con il benestare della famiglia o no.
OpenAI vuole portare il suo primo film animato fatto tutto con l’intelligenza artificiale al prossimo Festival di Cannes Si intitola Critterz, è già in corso di realizzazione, ma il progetto di presentarlo a Cannes appare molto difficile.
Dopo due anni di prove, EssilorLuxottica ha deciso di introdurre la settimana lavorativa corta Le sperimentazioni fatte fin qui hanno dato ottimi risultati, e ora l'azienda sembra intenzionata a cambiare definitivamente modello di produzione
La vita e la carriera del giovane Gigi D’Alessio diventeranno un film Il biopic si intitolerà Solo se canti tu e a interpretare D'Alessio sarà Matteo Paolillo, meglio noto come Edoardo Conte di Mare fuori.
Migliaia di registi, attori, sceneggiatori e lavoratori del cinema hanno firmato un appello per boicottare l’industria cinematografica israeliana Tra questi anche Yorgos Lanthimos, Olivia Colman, Tilda Swinton, Javier Bardem, Ayo Edebiri, Riz Ahmed e Josh O’Connor.
Il tentativo del governo nepalese di vietare i social è finito con 19 morti, le dimissioni del Presidente del Consiglio e il Parlamento in fiamme In 48 ore il Paese è piombato nel caos, il governo è stato costretto a fare marcia indietro e a chiedere pure scusa.
Una giornalista italiana ha scatenato un putiferio per non aver coinvolto Ayo Edebiri in una domanda su MeToo e Black Lives Matter Argomenti sui quali ha preferito interpellare Julia Roberts e Andrew Garfield, gli altri due protagonisti di questa intervista a tre fatta durante la Mostra del cinema di Venezia.

Il sesso futuro

Su Future Sex, il nuovo reportage letterario di Emily Witt: tra Tinder, poliamore e pornografia, un'indagine sulla sessualità e lo stato delle relazioni amorose oggi, che sta facendo parlare.

20 Ottobre 2016

In un’intervista su SlateEmily Witt, che ha scritto Future Sex, una raccolta di saggi sul sesso in cui riesce a mettere insieme senza cuciture visibili autobiografia e reportage narrativo, racconta di come abbia provato, per almeno quattro anni, a lavorare al libro senza parlare di sé: «All’inizio non ho scritto niente di me, non volevo. Mi ha spinto a farlo il mio editor, e presto mi sono accorta che se non avessi parlato dei miei sentimenti e delle mie esperienze sarei stata disonesta, mi sarei limitata a scivolare sulla superficie delle cose».

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Forse Emily Witt non dice tutta la verità, viene da pensare leggendo in rete il suo Diary sulla London Review of Books, testo che riproduce gran parte del capitolo di Future Sex dedicato all’internet dating. Il diario è una contraddizione solo apparente. Quello che afferma Emily Witt, di aver provato a non dire di sé mentre scriveva un libro a partire da una rubrica intitolata Diary, fa pensare a due o tre cose forse importanti. La prima è che, come insegna da sempre il femminismo, per arrivare a conclusioni teoriche sul sesso e sulle sue infinite possibilità e variazioni l’unico modo sensato è partire da sé. E non solo a livello di pratiche, catalogazioni e misurazioni (che pure sono state importantissime, come i lavori di Kinsey negli anni Quaranta e Cinquanta e di Masters e Johnson negli anni Sessanta), ma anche nel senso di provare a rivedere l’idea che ci piace avere di noi stessi. Prendiamo lei: «Ero single, etero e donna», scrive nelle prime righe di Future Sex. È il 2011, ha appena compiuto trent’anni e si rende conto di vivere, quasi come una principessa Disney, nell’attesa di un futuro ideale: «Non avevo deciso io di essere single, ma l’amore è raro, e spesso non corrisposto», scrive. E poi: «I miei amici affermavano religiosamente che un giorno lo avrei trovato, come se l’amore fosse qualcosa che l’universo doveva a ognuno di noi».

Witt, che vive a New York e ha studiato alla Brown, alla Columbia e a Cambridge e scrive per il New Yorker, n+1, il New York Times, GQ, la London Review of Book, inizia a interrogarsi sulle situazioni sentimentali e sessuali delle persone che conosce: «Un’amica mi parlava di un suo non-ex, con cui aveva intrattenuto una non-relazione per più di un anno. Mentre le nostre relazioni cambiavano, il linguaggio restava lo stesso. E parlando come se nulla fosse cambiato, le parole che usavamo ci facevano sentire fuori sync». Decide allora di partire per San Francisco («Non ero la prima a usare la California come scusa»), e esplorare le possibilità del sesso nel nostro tempo. San Francisco, da sempre avamposto di libertà, sesso libero e diritti civili, nel momento in cui ne scrive Emily Witt è una città monopolizzata dal logo di Google e dall’aroma di oli essenziali, abitata da persone privilegiate tra i venti e i trent’anni, che fanno lavori creativi, guadagnano molto bene, mangiano quinoa e vivono secondo i dettami di un «ottimismo iperbolico».

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Witt a San Francisco prova i siti di dating online, assiste alle riprese di un video del sito Bdsm kink.com, racconta le storie di alcune ragazze che si esibiscono via webcam su Chaturbate (le due pagine su Edith, che si definisce «internet sexual» e parla al suo fedele pubblico di Albert Camus e di Tom Robbins, valgono il libro), segue le vicende di una coppia poliamorosa («come lo Spazio, la prospettiva dell’amore libero era sempre là, in attesa che gli esseri umani capissero come renderla ospitale»), partecipa ad alcune sessioni di meditazione orgasmica e prende parte a un’orgia al Burning Man nel deserto del Nevada. La qualità della scrittura è altissima. Ma non è solo questo. Ciò che rende Future Sex un libro diverso, e più interessante, dai tanti libri sul sesso e sul porno che sono usciti negli ultimi tempi (come Coming Out Like a Porn Star,  raccolta di saggi di Annie Sprinkle, Stoya e Joanna Angel, o The Pornography Industry: What Everyone Needs to Know di Shira Tarrant) è la modalità narrativa dell’autrice, che parte come una Dorothy del Mago di Oz, e nel bel mezzo del capitolo sul porno racconta di come non si sia mai masturbata davanti a un computer, perché: «Masturbarsi su qualcosa rappresenta l’imposizione di un’idea maschile della sessualità». E poi lo fa. Si masturba davanti al video porno di una gang-bang, e trova anche la risposta ideale da dare a chi considera il porno espressione esclusiva di uno sguardo maschile impositivo: «Guardare i porno mi ha fatto acquisire sicurezza sul mio corpo», scrive. Il porno non ha bisogno della perfezione richiesta dalle riviste di moda. Funziona con i peli, i capezzoli, il grasso. Il porno è democratico.

Emily Witt, che non voleva parlare di sé, finisce per non tirarsi indietro davanti a niente. Alla fine prova tutto e racconta tutto: «Il corpo non è un’entità secondaria», scrive nel capitolo dedicato ai siti di dating. «Fino a che i corpi non si incontrano, la seduzione è solo temporanea». Usa prima Ok Cupid e poi Tinder. A proposito di Tinder, dice che non c’è scritto da nessuna parte che sia pensato per il sesso occasionale, anche se molti lo usano così. La verità è che su Tinder può capitare di tutto. Ci si può trovare a dire a qualcuno conosciuto lì: «Se stesse esplodendo il mondo, vorrei stare per mano con te». Quello che conta, alla fine, è sempre l’amore. Elisabeth e Wes, la coppia poliamorosa protagonista di un intero capitolo, sembra riuscire a risolvere senza grandi difficoltà il dilemma che separa fedeltà e libertà. La verità, come scrive anche Emily Witt, è molto più complicata.

Immagini Getty Images.
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