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Ci sono anche Annie Ernaux e Sally Rooney tra coloro che hanno chiesto a Macron di ripristinare il programma per evacuare scrittori e artisti da Gaza E assieme a loro hanno firmato l'appello anche Abdulrazak Gurnah, Mathias Énard, Naomi Klein, Deborah Levy e molti altri.
Per Tyler Robinson, l’uomo accusato dell’omicidio di Charlie Kirk, verrà chiesta la pena di morte  L’accusa ha formalmente accusato Tyler Robinson di omicidio aggravato e si prepara a chiedere la pena capitale. 
Una editorialista del Washington Post è stata licenziata per delle dichiarazioni contro Charlie Kirk Karen Attiah ha scoperto di essere diventata ex editorialista del giornale proprio dopo aver fatto sui social commenti molto critici verso Kirk.
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.
Dopo i meme, i videogiochi, le carte collezionabili e gli spettacoli a Broadway, adesso l’Italian Brainrot arriva anche nei parchi giochi italiani Da fenomeno più stupido e interessante di internet alla vita vera, al Magicland di Valmontone, in provincia di Roma.
È morto Robert Redford, una leggenda del cinema americano Aveva 89 anni, nessun attore americano ha saputo, come lui, fare film allo stesso tempo nazional popolari e politicamente impegnati.

I due Lebedev

Il tycoon anti-Putin Aleksandr Lebedev rischia la galera per un pugno in TV. È quel genere di cose che suo figlio Evgeni non si sognerebbe mai di fare

27 Settembre 2012

L’accusa è “teppismo,” la stessa rivolta alle Pussy Riot:  adesso Aleksandr Lebedev, il tycoon russo editore Novaia Gazeta (il giornale della Politkovsaja), rischia di finire in carcere. L’episodio incriminante è un pugno, sferrato durante una trasmissione televisiva. Ma alcuni pensano che Lebedev stia pagando, proprio come il “collega”oligarca-dissidente Michail Chodorkovskij, la sua opposizione a Putin. Di questo, almeno, è convinto il figlio Evgeni, 32 anni, londinese di adozione nonché editore dell’Independent.

Duro e aggressivo il primo, raffinato e affabile il secondo, Lebedev padre e figlio rappresentano due facce assai diverse – eppure non così distanti tra loro – dell’oligarchia russa contemporanea. Pubblichiamo qui sotto il ritratto del giovane Lebedev, estratto dal numero 9 di Studio.

Quello con i soldi veri si chiama Alexandr Lebedev e ha la fama del duro. È cresciuto in Russia, ha lavorato per il Kgb, ha costruito una fortuna all’epoca di Boris Eltsin e delle privatizzazioni. Oggi vive fra Mosca e Londra e controlla un patrimonio che supera i tre miliardi di dollari: banche, miniere, giornali e quote nelle compagnie più importanti dell’oriente, da Gazprom ad Aeroflot.
Il figlio Evgeni è un tipo diverso, nella City devono ancora capire chi sia veramente e forse è per questo che ne parlano così tanto. Il suo nome spunta di continuo nelle cronache chic della capitale, i reporter cercano gli autisti, i colleghi e gli amici d’infanzia alla caccia di notizie, scrutano fra amori presenti e possibili ma c’è sempre un particolare fuori posto, c’è un elemento sconosciuto che ammacca il ritratto del giovane Lebedev. Chi lo conosce dice che sembra uscito da un film con John Travolta, poi si corregge e tira fuori qualche poeta da Grande Ottocento, come se Pushkin spuntasse all’improvviso fra i tavoli del Lou Lou Club.

Le foto con il padre sono rare, ma gli affari di famiglia vanno bene. I Lebedev hanno messo le mani su due grandi quotidiani inglesi negli ultimi tre anni, prima è venuto l’Evening Standard, un pezzo pregiato della stampa britannica, poi è stata la volta dell’Independent con la sua edizione domenicale. Il colpo ha alzato sospetti e qualche battuta poco elegante fra gli opinionisti di Londra, anche perché i giornali sono passati in fretta sotto il controllo di Evgeni, che ha appena 32 anni.
Il suo ufficio di Mayfair sembra un museo d’arte e lo stesso vale per la casa di campagna di Hampton Court: gli ospiti si muovono fra busti di Puccini, sculture dei fratelli Chapman, litografie di Bacon e segretarie sui trenta che parlano tre lingue e bevono il caffè migliore di Londra.

Lebedev accoglie i giornalisti delle testate rivali con educazione, racconta senza vergogna che desiderava diventare cosmonauta da bambino ma i viaggi del padre e gli studi da Christie’s lo hanno portato altrove.
Non bisogna pensare che il giovane sia tutto buone maniere, una cosa sono i party con Gorbacev e le cene galanti con l’attrice Joely Richardson, un’altra è il lavoro e in quello Lebedev non ha voglia di scherzare. Quando è entrato nel business di famiglia l’Evening Standard aveva debiti per trenta milioni di sterline e c’era già una data di chiusura per l’Independent, maggio 2010; Evgeni ha trasformato il primo in free press e gli ha permesso di riprendere quota grazie agli inserti pubblicitari, mentre il secondo dovrebbe arrivare al punto di equilibrio il prossimo anno. Nel frattempo ha lanciato una nuova pubblicazione, The i, che già tocca le 250 mila copie. I quotidiani hanno grande libertà – lo Standard sta con il sindaco di Londra Boris Johnson, l’Independent lo attacca quasi ogni giorno – ed Evgeni ha fatto persino il reporter, è volato a Kiev in una clinica per malati di Aids con Elton John, ha intervistato il capo di Hamas a Gaza, ha scritto un bel racconto fra le case di Mogadiscio.

Dalle parti di Canary Wharf, il quartiere dell’alta finanza, Russia significa ancora petrolio, sushi e polonio: un paio di mesi fa un milionario di nome Gorbuntsov, un uomo di banche e cassette di sicurezza, è finito a terra di fronte a casa con una paio di pallottole in pancia, la polizia ha messo in fila gli indizi e ha scoperto legami con la guerra in Cecenia e altri affari poco rassicuranti. Anche Alexandr Lebedev appartiene all’elenco dei russi ricchi e pericolosi: sull’agenda ha il numero di Putin, ma è anche l’editore di Novaya Gazeta, il giornale più severo nei confronti del Cremlino. Lo scorso autunno, mentre era ospite di un programma televisivo, l’oligarca si è alzato in piedi e ha colpito un rivale in pieno volto.

È quel genere di cose che Evgeni non si sognerebbe mai di fare – specialmente in diretta tv. Sarà una delle ragioni che hanno spinto il padre a lasciargli campo libero su Londra: se guardi il rampollo pensi alle battute di caccia nelle campagne dell’Essex, niente a che vedere con le storie di spie e agenti segreti. «Conosco Abramovich e tutti gli altri oligarchi londinesi, ma non ho simpatie particolari – ha detto di recente a un giornalista del Guardian – Loro vanno in posti come Saint Tropez, io ho comprato un appartamento in Umbria. Intorno ci sono solo contadini e lupi. Ho voluto un lupo anch’io, gli piace spaventare la gente e mangia chili di carne». L’appartamento, in realtà, è una villa lussuosa fra Perugia e Arezzo, ma la storia del lupo è vera: si chiama Boris, e nessuno ha capito se sia un omaggio al sindaco di Londra o al vecchio Eltsin.

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