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Charli xcx sarà produttrice e protagonista del nuovo film di Takashi Miike Chiusa ufficialmente la brat summer, la cantante ha deciso di dedicarsi al cinema.
A Parigi hanno dimostrato che la migliore arma contro l’inquinamento è la pedonalizzazione 100 strade chiuse al traffico in 10 anni, inquinamento calato del 50 per cento.
Tutti i media hanno ripreso un articolo di Reuters sulla vibrazione atmosferica indotta, che però non c’entra niente con il blackout iberico (e forse non esiste) E infatti Reuters quell'articolo è stata costretta a cancellarlo.
La chiusura della più famosa sauna di Bruxelles è un grosso problema per la diplomazia internazionale A Bruxelles tutti amano la sauna nella sede della rappresentanza permanente della Finlandia. Che ora però resterà chiusa almeno un anno.
C’è un cardinale che potrebbe non partecipare al conclave perché non si riesce a capire quando è nato Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo emerito di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, ha 80 anni o 79? Nessuno riesce a trovare la risposta.
La Corte europea ha vietato ai super ricchi di comprarsi la cittadinanza maltese Per la sorpresa di nessuno, si è scoperto che vendere "passaporti d'oro" non è legale.
Una nuova casa editrice indipendente pubblicherà soltanto libri scritti da maschi Tratterà temi come paternità, mascolinità, sesso, relazioni e «il modo in cui si affronta il XXI secolo da uomini».
Nella classifica dei peggiori blackout della storia, quello in Spagna e Portogallo si piazza piuttosto in basso Nonostante abbia interessato 58 milioni di persone, ce ne sono stati altri molto peggiori.

Stessa spiaggia stesso mare

Bagni Diana vs Bolkenstein: come le liberalizzazioni cambieranno le estati italiane

31 Luglio 2012

Questo portfolio della fotografa Giovanna Silva e il seguente articolo sono stati pubblicati sul numero 9 di Studio, in edicola:

«Per quest’anno non cambiare stessa spiaggia stesso mare», recitava un famoso motivetto estivo dei primi anni Sessanta. Il successo partorito dal connubio Mina-Mogol ben descriveva un immaginario romanticamente nazionalpopolare, fatto di estati passate sotto l’ombrellone, i lettini e le sdraio tutti uguali, con i logo “Bagni Diana” bene in vista e i vecchi bagnini – Mimmo, Pino e Gigi – che sono sempre gli stessi dalle prime vacanze con i genitori e il salvagente a paperella, ai primi amori estivi fino alla patente.

Una realtà squisitamente italiana che rischia di scomparire a causa di una normativa dell’Unione europea – o così almeno la vedono i professionisti del campo, scesi in piazza contro una riforma, varata in ottemperanza della direttiva Bolkestein, che liberalizzerà il settore balneare.
I sostenitori del libero mercato lo vedono come un cambiamento dovuto, necessario a correggere una anomalia tutta italiota e a garantire la libera concorrenza, come negli altri Paesi europei, a favore della trasparenza e della qualità del servizio. Ma per loro, i gestori dei Bagni Diana e dei Bagni Nettuno, è una riforma che mette a repentaglio la sostenibilità economica delle loro attività e che, in definitiva, potrebbe fare scomparire la spiaggia così come la conosciamo. E così la riforma degli stabilimenti balneari si è trasformata in un piccolo scontro culturale.

Alla fine del 2015 scadranno gli appalti – rinnovati dopo una lunga trattativa tra gerenti e autorità, volta a fare coincidere la data per la maggioranza dei lidi nazionali – per le concessioni demaniali. Dal primo gennaio 2016 la gestione delle spiagge sarà assegnata con gare d’appalto, pubbliche, trasparenti e, soprattutto, aperte a tutti – senza distinzione di nazionalità, né diritti di prelazione che favoriscano gli assegnatari precedenti. «Finora il settore è stato gestito come una giungla, spesso le concessioni venivano assegnate praticamente in automatico ai gestori precedenti, in parte per forza di inerzia, in parte perché i sindaci, a caccia di voti, volevano accontentare i loro cittadini», dice Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni (nonché residente di una città assai interessata dalla riforma, Sestri Levante). «Adesso questo non sarà più possibile, a favore della competitività, che tende a tradursi in una qualità maggiore e servizi migliori», sostiene Stagnaro.
Dal suo punto di vista, è anche una questione di principio: «Ad oggi c’è una sistematica sottovalorizzazione dei possedimenti demaniali, i comuni fanno pagare 1 quello che varrebbe 10: se ci scandalizziamo perché un politico affitta un appartamento a un prezzo di favore, perché non ci scandalizziamo per questo?»

Diametralmente opposta la prospettiva di Pietro Gentili, segretario generale del Sindacato italiano balneari (Sib): «Già oggi per un gestore ammortizzare i costi è molto difficile», dice. «Se i prezzi aumenteranno e il rinnovo della concessione non sarà certo, ci saranno meno incentivi a investire nelle strutture, tutto a discapito della qualità».

Ma, soprattutto, la riforma rischia di fare scomparire quella che Gentili descrive come la specificità dei lidi italiani: «Qui da noi gli stabilimenti sono a gestione famigliare, le famiglie scelgono una spiaggia, piuttosto che un’altra, perché conoscono il bagnino da anni, c’è un rapporto di fiducia e si sentono coccolati». Se invece la gestione sarà affidata a chi offre più soldi, sostiene, gli appalti finiranno nelle mani delle grandi imprese, che non hanno interessa a mantenere un rapporto personale con il cliente. «La nostra è una battaglia contro l’industrializzazione delle spiagge».

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