Attualità

Non ci sono più le signore di una volta

Forse abbiamo disimparato a vestirci da donne adulte. Da dove si comincia, però?

di Letizia Muratori

Sciura

Non c’è niente di più elegante di un vecchio elegante. Superata una certa soglia d’età, si possono raggiungere livelli di sofisticatezza extraterrestre. Iris Apfel, Frances Dunscombe, Carmen Dell’Orefice, e le varie muse canute che da anni imperversano sulle riviste, non si possono nemmeno definire vecchie, sono creature eterne. Certamente partivano bene, e si sono evolute nella loro forma: Iris si tiene sempre a un passo dal fenomeno da baraccone, e in questo rischio risiede il suo fascino (il problema semmai sono le sue incaute imitatrici), Frances è sexy. Infine, se la Moda avesse un corpo, un volto e un’espressione, sarebbero quelli di Carmen.

Alle ultraottantenni, che da sempre hanno stile e un buon patrimonio genetico, l’avanzare del tempo non può che giovare. Al momento opportuno metteranno in difficoltà gli angeli del paradiso. Il punto è arrivarci, e affrontare un’altra età: quella ingrata che va dai cinquanta ai settanta. È il ventennio, terribile, in cui si sbaglia, si combinano danni, e anche una donna di gusto, bella, può perdere il senno e rendersi irriconoscibile.

Walking The DogDare la colpa alle “punturine” e alla menopausa che ti riduce un pallone, è scontato. Per qualcuno invece c’è bisogno di un cambio di rotta radicale, o meglio, di una rivoluzione reazionaria. In sintesi: per superare indenni l’età critica, tocca rivalutare la sciura. Proprio quella di una volta: la signora moglie degli anni Cinquanta, col suo filo di perle e il vestito di buon taglio.

Rebecca Huval, su Racked, dedica alla sciura storica un rilancio che non teme il ridicolo e incede snocciolando temi abbastanza risaputi. Un tempo, si sa, la figlia non vedeva l’ora di vestire come la mamma. Ora è la mamma che veste come la figlia. E il colpevole? The 1960’s Youthquake. Se oggi (settembre 2017) una sessantenne porta, male, i leggings, la colpa è di Twiggy, sia chiaro. Gli indizi di questa specie di cold case sono ovunque, si sprecano: a Tim Gunn basta una parola per far tornare un concorrente di “Project Runway” sui suoi passi: matronal. Ma da quando – stando al significato del termine indicato dal dizionario – essere una donna sposata, o vedova, una madre dignitosa e ben posizionata in società, è un insulto? Beh, chiedetelo a una baby boomer qualsiasi, e avrete la risposta.

Assecondando questo ritorno all’ordine, se Liv Tyler, tanto per fare un esempio calzante, fosse a corto di vestiti, le converrebbe pescarne un paio dal guardaroba della nonna, Dorothea Johnson, regina dei manuali d’etichetta, sigillando col silicone quello della madre, Bebe Buell. Cosa ci può insegnare, oggi come oggi, una groupie playmate? Niente, solo come invecchiare male. Mentre le sorelle Jagger, già che ci sono, passino a dare una sforbiciata alle chiome di Jerry Hall, invece di imitarla, e le consiglino di ripensare a un look alla Jessica Fletcher. Forse solo Chiara Mastroianni sta messa bene a esempi cui puntare. Certo, dovrebbe prendere qualche chilo, perdere quell’aria patibolare che fa tanto anni di piombo, strizzarsi in un tailleur rosso mattone, per poi gridarlo, ma sul serio e con orgoglio: Oui, je suis Catherine Deneuve. Catherine è l’unica che ha fatto il giro completo della vita ed è invecchiata all’antica, secondo i canoni giusti, pazienza per i ritocchi.

Mrs. Exeter è la prima influencer della storia. La rivogliamo indietro?

Si sarà capito che a me non va tanto a genio questo screditare le mamme ragazze forever, innalzando le nonne impeccabili, ma mettiamo che sia davvero una strada utile a riconquistare il piacere, misterioso, che si prova nel vestirsi da adulti: da dove si comincia? Dalle foto di famiglia sepolte in un cassetto? Dalla lacca? Su Racked, ma anche sul Guardian se ne è scritto, consigliano di affidarsi a Mrs. Exeter, un personaggio di finzione: apparsa per la prima volta nel ‘48 su Vogue British e rimossa una decina d’anni più tardi, l’immagine di Mrs. Exeter suggeriva alle donne della sua età come vestire, puntando sul fascino discreto dell’esperienza.

Pink Two-PieceNon sono riuscita a scoprire l’identità della modella che la impersonava, non è sempre la stessa ma, da un certo momento in poi, una prevale sulle altre. Tanto per inquadrarla fisicamente è la sosia di Colette Rosselli, di Donna Letizia. I vari articoli che ne parlano oggi sottolineano il suo piglio sicuro e l’espressione fiera della propria maturità. A me pare un giudizio falsato e troppo contemporaneo. Mrs. Exeter non aveva bisogno di sbandierare fierezza, perché nessuno, al momento, la minacciava su quel fronte. In lei non c’è traccia di menopausa pride, si rivolge al suo pubblico senza un filo di ammiccamento, quasi non sapesse di avere un pubblico, e stesse solo posando per una foto da tenere in cornice sul caminetto. Col cagnolino in grembo è perfino un po’ rigida davanti all’obiettivo. Ed è proprio questo aspetto amatoriale dell’interpretazione (l’estetica e la qualità fotografica è all’altezza del resto del giornale) che la rende interessante.

Suo malgrado, Mrs. Exeter è la prima influencer della storia, è nata per questo: per influenzare un pubblico che si rispecchia in lei, e la segue. Non si sa chi sia, e non importa, perché è il personaggio che conta, non l’interprete. La rivogliamo indietro? Ne sentiamo il bisogno? Il lavoro redazionale che stava dietro a Mrs. Exeter si è evoluto in almeno un centinaio di forme prima di giungere a quello che è. Oggi le Mrs. Exeter nascono da loro stesse e non nella testa di un caposervizio. Altrettanto spesso, nei panni un po’ datati delle testimonial, sono figlie di una rockstar, di una vecchia top, nipoti o cugine di qualche stella hollywoodiana, eredi di grandi fortune. La loro identità coincide con l’immagine. Per tante ragioni, che non sono solo il privilegio e la raccomandazione, l’identità conta perfino di più. A monte c’è il citazionismo conservatore di una società che vuole rivedere in eterno le stesse cose: Johnny Depp in sua figlia, Julia Roberts nella nipote, Ingrid Bergman nella figlia di Isabella, Churchill – dico per dire, ma saranno certamente imparentati – nel viso gattesco di Cara Delevingne,  eccetera eccetera.

E se si uscisse da questo meccanismo dei riconosciuti e riconoscibili che fanno i personaggi e che si autoproclamano tali, per tornare ai personaggi veri, quelli di finzione, che dettano legge? Allora sì: lunga vita a Mrs. a Miss e, perché no, anche a Mr. Exeter.