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A chi piace andare in crociera?

Virgin Voyages vuole attirare sulle sue navi anche i ventenni e le coppie senza figli. Un viaggio nello strano mondo delle crociere.

di Luca D'Ammando

Metti Boy George nella Stalingrado di Genova. Solo Richard Branson poteva presentarsi con una pop-star decaduta, imbolsita e truccatissima nel cantiere di Sestri Ponente, per celebrare il via ai lavori della prima nave della sua nuova compagnia, Virgin Voyages. Nel luglio 2015 sir Branson si presentò a Miami in pantaloncini e maglietta, con due modelle (poco) vestite da marinaio per annunciare «l’inizio di un nuovo capitolo nella storia delle crociere». Accanto a lui, in un più classico completo grigio con cravatta azzurra, Giuseppe Bono, presidente di Fincantieri, incaricata di realizzare tre navi da crociera per la nuova società di sir Branson (una commessa da oltre 2 miliardi di euro).

E così pochi giorni fa, con la coin cerimony – quando una o più monete benaugurali vengono saldate all’interno di un blocco di acciaio che andrà a costituire una porzione di scafo della nuova nave – è partita ufficialmente l’ultima avventura del fondatore del gruppo Virgin. L’obiettivo è ambizioso: attirare anche i viaggiatori scettici, quelli che non hanno mai pensato a una vacanza in mare, ovvero i ventenni, i trentenni, le coppie senza figli. Perché le crociere della Virgin Voyages saranno adults only, dedicate soltanto a una clientela maggiorenne.

Una scelta azzardata, in controtendenza rispetto al trend del settore che si è concentrato – con successo – nell’accoglienza alle famiglie e ai passeggeri agée Il trionfo della silver economy. Oggi almeno un quarto dei croceristi sono over 65 e le società di navigazione se li contendono con sconti e tariffe abbordabili. Addirittura alcune compagnie, preoccupate delle esigenze di signore sole avanti negli anni, imbarcano distinti gentiluomini di mezza età, che viaggiano gratis ma devono tener compagnia (iniziando con un invito a ballare il tango), le solitarie con i capelli bianchi. Hanno un ruolo ufficiale nell’equipaggio su navi di alcune società americane e inglesi e anche una qualifica: gentleman host.

È indubbio che l’industria delle vacanze sulle navi sia una corazzata che ha creato la domanda e ha messo a disposizione l’offerta. Pochi numeri per capire il fenomeno: nel 1997 i passeggeri globali erano 7 milioni, sono diventati 15,9 milioni nel 2007 e quest’anno, come stima Clia, l’associazione della principali compagnie, dovrebbe superare quota 25 milioni. E la fetta di mercato libero è ampissima, se si pensa che negli Usa il rapporto popolazione-crocieristi è del 3%, in Gran Bretagna è del 2,2%, in Italia dell’1%. E questo 1% mette in moto una spesa diretta pari a 4,55 miliardi e dà lavoro a più di 103mila persone.

U.S. Navy Delivers Aid to Stranded Canival Cruise Ship

Ed è un lungo filo quello che lega la prima nave da crociera mai realizzata al mondo all’ultima creatura firmata Virgin-Fincantieri. Nel 1833, il piroscafo di linea Francesco I battente bandiera del Regno delle due Sicilie coprì la tratta Napoli-Taormina-Catania-Malta-Costantinopoli. La clientela era selezionatissima, solo principi, nobili e autorità, non solo dalla penisola italiana. A bordo del Francesco I per quel primo viaggio salirono anche tredici inglesi, dodici francesi, tre russi, tre spagnoli, due prussiani, due bavaresi, due olandesi, un ungherese, uno svizzero, uno svedese e un greco.

L’imbarcazione era un piroscafo con motore a vapore, e due grosse ruote laterali, in grado di coprire con estrema affidabilità lunghissime tratte. Distante anni luce nel design e nella tecnologia dalla nave della Virgin Voyages in realizzazione a Genova, che sarà consegnata nel 2020: questa avrà una stazza lorda di circa 110.000 tonnellate e sarà lunga 278 metri. Le 1.400 cabine saranno in grado di ospitare a bordo più di 2.700 passeggeri, assistiti da un equipaggio di 1.150 persone. Non secondario l’aspetto ecologico: sarà alimentata da un sistema che trasformerà la spinta propulsiva dell’acqua in energia elettrica pulita. «Ogni nave potrà risparmiare 5.400 tonnellate di Co2 all’anno» ci tengono a far sapere dalla Virgin Voyagers.

Si attende ora il commento del maggiore esperto mondiale del settore, l’inglese Douglas Ward, che pubblica da trentatré anni la Berlitz Cruising & Cruise Ships, una sorta di Michelin del mare, Ward passa in media sulle navi 200 giorni l’anno. Un lungo party con balli di gruppo, buffet, giochi in piscina e spettacoli, senza via d’uscita. E viene in mente per forza di cose il citatissimo e fondamentale reportage scritto per Harper’s nel 1995 da David Foster Wallace, A supposedly fun thing I’ll never do again (pubblicato poi in Italia da minimum fax nel 2012 con il titolo Una cosa divertente che non farò mai più).

Dopo una vacanza extralusso di sette giorni a bordo di una nave da crociera nel Mar dei Caraibi, lo scrittore «semiagorafobico» (per sua definizione) ne uscì provato e ispirato: «Ho visto spiagge di zucchero e un’acqua di un blu limpidissimo. Ho visto un completo casual da uomo tutto rosso col bavero svasato. Ho sentito il profumo che ha l’olio abbronzante quando è spalmato su oltre dieci tonnellate di carne umana bollente. Sono stato chiamato “Mister” in tre diverse nazioni. Ho guardato cinquecento americani benestanti muoversi a scatti ballando l’Electric Slide. Ho visto tramonti che sembravano disegnati al computer e una luna tropicale che assomigliava più a una specie di limone dalle dimensioni gigantesche sospeso in aria che alla cara vecchia luna di pietra degli Stati Uniti d’America che ero abituato a vedere. Ho partecipato (molto brevemente) a un trenino a ritmo di conga».

 

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