Attualità

Who Is William Onyeabor?

Moog, sintetizzatori, drum machine e afro-beat: la storia del misterioso cantante e produttore nigeriano diventato leggenda, autore di 8 dischi negli anni '70 e '80, e la cui vita sembra un film psichedelico e molto folle.

di Guia Cortassa

“Chi è William Onyeabor?” Me lo sono chiesta anch’io la prima volta che ho fatto girare World Psychedelic Classics 5: Who is William Onyeabor?. Era forte la curiosità di sentire questo disco, a me totalmente sconosciuto, l’unico a comparire in tutte le playlist delle 136 pagine della guida agli acquisti per la primavera 2014 compilata dallo staff dei 3 store Amoeba Music presenti tra San Francisco e Los Angeles. Ancora più forte lo stupore dopo i primi secondi di “Body and Soul”, il brano che apre la prima release ufficiale di Onyeabor in Occidente. Da dove proveniva quello che stavo ascoltando? Chi è l’uomo dietro quel sound? Perché non si era mai sentito di lui in giro? Apparentemente, nel 2014 la risposta a una domanda del genere sembrerebbe una delle cose più semplici da ottenere. Invece, no. Non se l’oggetto del quesito è William Onyeabor.

*

Fantastic Man

I dati biografici che circolano su di lui in rete sono pochi, confusi e contraddittori. Di sicuro si sa che Onyeabor è nato a metà anni ’40 a Enugu, una città mineraria della Nigeria sudorientale, e che dal 1978 al 1985 ha autoprodotto e pubblicato otto dischi. Sebbene qualcuno sostenga che abbia studiato legge a Oxford, in Gran Bretagna, la tesi più accreditata è quella che lo vede negli anni ’70 uno studente di cinema a Mosca – a quei tempi non era inconsueto per i giovani africani più meritevoli ricevere delle borse di studio per la capitale sovietica. C’è anche chi lo descrive come un ricco uomo d’affari, proprietario di alcuni mulini, di un Internet café, di una pompa di benzina, o addirittura con incarichi governativi.

Di certo, Onyeabor ha fondato una casa di produzione, la Wilfilms (con il motto «Creativity at Its Best»), di cui non ci è però arrivata nessuna pellicola, ma il cui logo compare su tutti i dischi del musicista nigeriano. Narra la leggenda che il primo LP, Crashes in Love, del 1977, fosse in realtà la colonna sonora di un omonimo film, ma che il gap qualitativo tra i brani composti e la pellicola diretta lo abbiano convinto a dedicarsi esclusivamente alla carriera musicale.

Un’altra informazione certa è che Onyeabor possedesse una strumentazione e un’apparecchiatura musicale del tutto unica per la Nigeria degli anni ’70. Microfoni, sintetizzatori, sequencers, drum machine, attorno a cui amava farsi fotografare e che suonava da solo, ma anche banchi di mixaggio e un intero stabilimento di stampa e produzione di dischi, con macchine svedesi e italiane. Come fosse riuscito a procurarsi tutte quelle cose è impossibile da capire. Circolano voci sulla possibilità che Onyeabor fosse addirittura un rappresentante della Moog in Nigeria, voci però non confermate dalla casa di produzione dei sintetizzatori più famosi e ricercati del mondo – che non ha comunque esitato a dedicargli, lo scorso inverno, una ri-edizione limitata del proprio “Polymoog“, il modello preferito dal musicista nigeriano e prodotto solo tra il 1975 e il 1980. Con quegli strumenti, Onyeabor riuscì, per sette anni, a incidere un genere di musica del tutto unico e inedito.

Body and soul

La Nigeria, e Lagos in particolare, a quel tempo era un terreno musicalmente molto fertile, in cui la vendita di dischi occidentali era decisamente prosperosa, tanto da spingere le maggiori case discografiche ad aprire uffici di rappresentanza e studi nella capitale. I generi d’importazione che andavano per la maggiore erano il rock’n’roll dei gruppi americani anni ’60 e il funk-soul di James Brown, che aveva avuto un vero e proprio boom durante la guerra civile. La scena musicale locale era popolata da band che riuscivano a coniugare le sonorità tradizionali africane con i popolari generi statunitensi – in quello che il più grande musicista nigeriano dell’epoca, Fela Kuti, aveva chiamato “Afrobeat” – incidendo in studi messi a disposizione da giganti della discografia come Emi e Decca – equipaggiati, però, nella migliore delle ipotesi, con solo dei registratori a otto piste.

William Onyeabor, nel suo studio personale, portava l’Afrobeat a un livello superiore, aggiungendo una forte componente elettronica.

In contemporanea, senza spostarsi da Enugu, William Onyeabor, nel suo studio personale, portava l’Afrobeat a un livello superiore, aggiungendo una forte componente elettronica, riuscendo a usare drum machine e sequencers nello stesso modo dei produttori di Disco Music che a quell’epoca cominciavano a muovere i primi passi in Occidente, creando sequenze e loop in presa diretta, mentre suonava, improvvisando, senza nessuna pre-scrittura. Su queste basi, robotiche e futuristiche, Onyeabor cantava testi scritti da lui, fortemente politici, sulla guerra civile nigeriana ma anche sulla condizione dei rapporti di forza nel mondo, o sulla condizione dei rapporti umani conseguenti all’assetto politico del momento, eppure, nonostante l’universalità del suo messaggio, i dischi di Onyeabor rimasero a lungo un fenomeno locale, ed è solo la sua sesta release, Hypertension del 1982, a cominciare a circolare viralmente per la Nigeria.

Poi, il silenzio. Dopo il 1985 ogni traccia di William Onyeabor scompare. Con la “rinascita” della sua conversione al cristianesimo, per il musicista nigeriano tutto ciò che riguarda il passato e sé stesso deve essere cancellato e ogni parola possibile spesa solo per Dio e il suo insegnamento.

Something you will never forget

È la fine degli anni ’90 quando Yale Evelev, presidente della Luaka Bop, l’etichetta discografica fondata a New York da David Byrne, suggerisce di pubblicare una compilation di Afrikan Funk; la morte di Fela Kuti nel 1997 aveva portato una nuova ondata d’interesse per la musica africana degli anni ’70 e i Dj avevano iniziato a ricercare freneticamente nuovi suoni dal continente. Quello che Evelev non sa è che, in contemporanea, oltreoceano la Strut Records sta lavorando a un progetto del tutto simile, avendo incaricato Quinton Scott e Duncan Brooker, collezionisti di dischi che hanno vissuto a lungo in Africa, di compilare una raccolta di brani dalla loro collezione di album nigeriani degli anni Settanta.

Nigeria 70 della Strut batte sul tempo World Psychedelic Classics 3 – Love’s a Real Thing: The Funky Fuzzy Sounds of West Africa della Luaka Bop, ma Evelev si rifiuta di abbandonare il progetto a cui sta lavorando, anzi, coglie l’occasione per ampliarlo, chiedendo a Scott e Brooker le licenze per includere alcuni dei brani da loro selezionati nella sua compilation. Tra quelli scelti c’è anche “Better Change Your Mind” di William Onyeabor, dal suo secondo album Atomic Bomb, scoperto per caso da Brooker in un mercatino a Parigi.

Good name

Il nome di Onyeabor nella tracklisting di World Psychedelic Classic 3 incuriosisce Uchenna Ikonne, blogger di origini nigeriane ma di stanza a Boston, diventato un punto di riferimento per tutti gli interessati a questo revival africano grazie al suo sito “Comb & Razor“. È proprio lui a mettersi in contatto nel 2009 con Yale Evelev per proporgli di finanziare le licenze per una raccolta dedicata esclusivamente al musicista nigeriano. Ikonne, anch’egli di Enugu, si sarebbe occupato personalmente degli accordi con Onyeabor durante un viaggio nella sua città d’origine, portandogli il contratto da firmare e una somma d’anticipo, secondo la prassi locale. Evelev, entusiasta della proposta, accetta, stimando un tempo di tre mesi dalla firma delle licenze alla pubblicazione del disco. Ikonne, che era già riuscito a contattare Onyeabor al telefono per informarlo delle sue intenzioni, parte per un viaggio di un mese a Enugu. Tornerà negli Stati Uniti solo nove mesi dopo, senza più l’anticipo e senza il contratto firmato.

Better change your mind

Molto lentamente, le negoziazioni continuano fino al 2011, con grandi difficoltà: Onyeabor arriverà persino ad accusare Ikonne di essere un agente di Satana, chiudendo completamente il dialogo. Solo l’intervento di un’amica comune al blogger e al musicista, che si rifiuterà di uscire da casa di quest’ultimo (rimanendovi per una giornata intera) finché questi non firmerà le carte, riuscirà a sbloccare la situazione. Ma una firma non è sinonimo di collaborazione. Per poter far uscire la raccolta, l’etichetta ha bisogno di informazioni su Onyeabor, sulla sua musica, sulla sua storia, su come siano nati i brani che sta per pubblicare, ma ogni tentativo di mettersi nuovamente in contatto con lui fallisce, e durante le telefonate, alle domande viene risposto con il silenzio o, addirittura, riagganciando: «Buongiorno, Mr. Onyeabor, sono così contento che faremo un album insieme! Ho chiesto a un famoso scrittore nigeriano, Chris Abani, anch’egli di Enugu, di scrivere il testo che accompagnerà il disco, la chiamerà per parlare della sua storia, della sua musica…». «E perché dovrei voler parlare di quelle cose? Io voglio parlare solo di Gesù» – pare sia stata la prima conversazione tra Evelev e Onyeabor dopo la firma.

«Yale, tu puoi vendere la mia musica, ma non puoi vendere me», invece, una delle ultime risposte del musicista al discografico. Ormai senza una possibile via d’uscita, la release viene accantonata. Dopo un anno, sarà Onyeabor a mettersi in contatto con Ikonne chiedendo notizie del disco. «Stanno aspettando che lei parli della sua storia», risponderà lo scrittore, «Credo che quindi non uscirà mai», chiuderà il musicista.

Hypertension

È in questo periodo che alla Luaka Bop arriva un nuovo label manager, Eric Welles-Nyström. Saputo che la raccolta sarebbe forse uscita, ma sicuramente senza il corredo delle informazioni necessarie, Eric inizia a cercare qualsiasi cosa sia disponibile online su Onyeabor. Ormai ossessionato da questo progetto, scandaglia i testi delle sue canzoni in cerca di qualsiasi indizio e riesce a mettersi in contatto con un gruppo di persone e collaboratori che affiancavano il nigeriano durante la sua carriera musicale, cercando di carpire ogni possibile dettaglio. Passano sei mesi di ricerche prima di arrivare alla decisione estrema: andare lui stesso a cercare William Onyeabor a Enugu. Un salto nel buio: quando nell’estate del 2012 Welles sale sull’aereo per la Nigeria non ha assolutamente idea di cosa potrà trovare al suo arrivo.

Anything you sow

Il resoconto dell’esperienza in Nigeria lo scrive lo stesso Welles, sul blog di David Byrne: «William Onyeabor vive in un palazzo nascosto nella vegetazione, fuori da una città chiamata Enugu, nella Nigeria sud-orientale. Il palazzo è stato costruito dallo stesso Onyeabor alla fine degli anni Settanta, grazie a quello che lui chiama «un regalo di Dio». Credo non sia molto lontano da dove è cresciuto, anche se non sono mai riuscito a capirlo. Chiuso da un cancello bianco, c’è una splendida vecchia fontana in quello che sembra un cortile di fronte al palazzo, circondato da palme che arrivano al cielo, come in una cartolina. Una balconata si estende intorno a tutto l’edificio, con maestosi pilastri bianchi. Il tetto piatto e basso lo fa sembrare una specie di resort vintage. Sul tetto pare ci sia un eliporto, ma non me l’hanno mai mostrato. Parcheggiata davanti a un maestoso ingresso c’è una vecchia Mercedes argento. Il palazzo si chiama “Ezechukwo Palace”, che in Igbo significa “Palazzo di Dio”. È il posto più affascinante in cui sia mai stato.

(…) Credo che il giorno in cui ho incontrato per la prima volta Mr. Onyeabor sembrasse uscito da un film poliziesco: all’inizio sono stato portato in un ufficio in città, una specie di negozio dismesso completamente vuoto, fatta eccezione per una pila di vecchi computer dietro a un bancone impolverato, e con un orologio a parete fermo. Quando sono arrivato, una donna mi ha chiesto se venissi dalla Russia. Mi ha poi accompagnato fuori città in quella che ho capito sarebbe stata casa sua. Abbiamo guidato attraverso altre cittadine e anche attraverso della vegetazione – sempre nel campo visivo di un Gesù Cristo predicante un messaggio biblico – per arrivare infine di fronte al palazzo di Onyeabor, dentro cui mi hanno condotto, chiedendomi di aspettare nel salotto… (c’era la scalinata più straordinaria mai costruita, come un altare che sembra risplenda d’oro! Un divano immenso che potrebbe ospitare almeno trenta persone! Dodici pilastri bianchi – uno per ognuno dei dodici Apostoli! Organi, tastiere, sintetizzatori e altri strumenti disposti per la stanza insieme a vecchi apparecchi di registrazione! E innumerevoli foto di Onyeabor, che stringe la mano a alti dignitari o che riceve dei premi!)».

Heaven and hell

Nyström rimane nel palazzo di Onyeabor per una settimana, gran parte della quale trascorsa nella “Vip Room” con il musicista, ormai settantenne, a guardare in Tv l’unico canale disponibile: la rete evangelica Emmanuel Tv. Nonostante il rapporto sempre più consolidato tra i due, nulla riesce ad affiorare del passato del nigeriano. Le uniche testimonianze che riesce a carpire l'”American Son” – così Onyeabor soprannomina Welles – sono una una visita alla catasta di stampatrici di vinili dismesse nel retro del palazzo, macchine di origine svedese (come Welles) comprate dal musicista durante un viaggio d’affari in Scandinavia (insieme all’Italia, le sue mete d’affari preferite); e un attimo in cui, sovrappensiero, guardando la copertina del suo Good Name del 1983, Onyeabor accenna qualche parola cantata e il movimento delle mani su una tastiera invisibile. Al ritorno negli Stati Uniti, per il label manager i punti interrogativi riguardo a William Onyeabor sono aumentati, e le risposte ancora latitanti.

Atomic bomb

Ottobre 2013: Luaka Bop decide di pubblicare la raccolta. Pensato come “This is William Onyeabor”, dopo cinque anni di lavorazione, ricerche e viaggi ai limiti del paradosso, il titolo viene cambiato in Who Is William Onyeabor?. Nonostante le difficoltà, il valore musicale e culturale della produzione del musicista nigeriano è troppo alto per abbandonare il progetto. Ad affiancare la release del disco c’è Fantastic Man, un documentario di 31 minuti diretto da Jake Sumner che racconta tutta la storia di questa incredibile raccolta e del viaggio a Enugu, fino all’interno della stanza degli strumenti, accompagnato da un messaggio registrato da Onyeabor stesso, che si rifiuta però di essere ripreso direttamente.

Tra la stampa, è il New York Times l’unica testata che riesce a riceve una risposta a una telefonata in Nigeria al musicista, in seguito all’uscita del disco: «Ero un peccatore che si è pentito e ha donato se stesso al 100% a Cristo… Sono orgoglioso della mia musica solo per il suo aspetto creativo. Non l’ho usata interamente per lodare Dio. Questo è il motivo per cui ho deciso, da ora in poi, che tutte le mie parole saranno per lodare Dio e predicare la parola del Signore». In programma, per William Onyeabor, ci sarebbe stato anche un tour, che lo avrebbe visto per la prima volta in assoluto suonare la sua musica dal vivo. Ma nei piani del musicista i concerti live non sono mai stati contemplati – se già negli anni di attività la sua era vera e propria musica nata per essere registrata in proprio e fruita su disco, impossibile stupirsi di un suo rifiuto ad esibirsi adesso.

A suonare al suo posto, però, allora, si è creata la “Atomic Bomb” band, un supergruppo di musicisti capitanato da Sinkane, Money Mark e Pat Manohey degli LCD Sound System, a cui, nelle diverse serate, si sono aggiunti ospiti come Damon Albarn, David Byrne, Joshua Redman, Alexis Taylor (Hot Chip), Luke Jenner (The Rapture) e Kele Okereke (Bloc Party) solo per citarne alcuni; tutti consapevoli dell’unicità del repertorio del nigeriano e pronti a omaggiare il grande musicista.

Love is blind

Chi è, quindi, William Onyeabor? Probabilmente non lo sapremo mai veramente e difficilmente, a un certo punto, la demarcazione tra la storia e la leggenda diventerà chiara. Di una cosa, però, si può essere sicuri: la missione del musicista nigeriano di “suonare la sua musica per il nostro corpo e la nostra anima” è finalmente compiuta.