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16:34 giovedì 18 settembre 2025
Israele vuole cancellare la sua versione degli Oscar perché ha vinto un film che parla di un ragazzino palestinese Anche perché, vincendo, The Sea è automaticamente candidato a rappresentare Israele agli Oscar per il miglior film internazionale.
Il candidato della Francia all’Oscar per il Miglior film internazionale è un film ambientato in Iran, che parla di Iran e diretto da un iraniano Dalla Palma d’Oro a Cannes alla candidatura francese agli Oscar, il viaggio di Jafar Panahi attraverso le crepe della politica e del cinema
Sulla tv del ministero della Difesa russo c’è uno show fatto con l’AI che trolla i politici stranieri Macron con i bigodini rosa, Trump che parla di gabinetti dorati, von der Leyen in versione soviet: questo il meglio che la "satira" russa offre.
Il late show di Jimmy Kimmel è stato sospeso per dei commenti di Kimmel su Charlie Kirk Commenti che però Jimmy Kimmel non ha mai fatto.
Nel nuovo film di Carlo Verdone ci sarà anche Karla Sofía Gascón, la protagonista caduta in disgrazia di Emilia Pérez La notizia ha permesso a Scuola di seduzione di finire addirittura tra le breaking news di Variety.
Enzo Iacchetti che urla «Cos’hai detto, stronzo? Vengo giù e ti prendo a pugni» è diventato l’idolo di internet Il suo sbrocco a È sempre Cartabianca sul genocidio a Gaza lo ha fatto diventare l'uomo più amato (e memato) sui social.
Ci sono anche Annie Ernaux e Sally Rooney tra coloro che hanno chiesto a Macron di ripristinare il programma per evacuare scrittori e artisti da Gaza E assieme a loro hanno firmato l'appello anche Abdulrazak Gurnah, Mathias Énard, Naomi Klein, Deborah Levy e molti altri.
Per Tyler Robinson, l’uomo accusato dell’omicidio di Charlie Kirk, verrà chiesta la pena di morte  La procura lo ha accusato di omicidio aggravato, reato per il quale il codice penale dello Utah prevede la pena capitale. 

Cultura per alieni

Il "Voyager Golden Record" viene pubblicato e commercializzato per la prima volta. È il primo, ma non unico, tentativo di ridurre la civiltà umana a una compilation.

04 Dicembre 2017

È notizia di questi giorni che il celebre “Voyager Golden Record” verrà per la prima volta pubblicato e commercializzato. Per chi non lo sapesse, si tratta di un disco spedito nel 1977 al seguito delle missioni Voyager 1 e 2, le sonde mandate in esplorazione del sistema solare e poi dello spazio interstellare e oggi tuttora in viaggio. Un disco che conteneva una compilation con la musica che avrebbe dovuto rappresentare la civiltà umana e che adesso è lontanissimo e solitario; tutte e due le copie viaggiano su oggetti che stanno uscendo dal sistema solare. Nonostante l’ecumenismo spaziale di Carl Sagan – la grande mente dietro le missioni Voyager – è probabile che nessuno lo ascolterà mai. In compenso possiamo ordinare un box, che comprende due cd e un libretto, alla modica somma di 50 dollari. E forse è più giusto così.

Sono svariati i tentativi dell’uomo di comunicare attraverso suoni (o immagini) con altre civiltà ignote, ma a essere puntigliosi questi tentativi possono in realtà essere ascritti a due categorie: quelli più concentrati sull’effettiva comunicazione e quindi sul lancio nell’etere di forme più o meno complesse di linguaggio e altre che si rivelano alla fine piuttosto un mezzo attraverso cui l’uomo riflette su stesso e sul modo di riassumere la sua presenza sulla Terra. In quest’ultima si può inserire il progetto del 2012 di Trevor Paglen The Last Pictures. Dichiaratamente ispirato all’idea di Carl Sagan, si tratta in questo caso di una raccolta di immagini emblematiche della storia umana spedite in orbita su un satellite geostazionario. I satelliti resteranno con tutta probabilità l’ultima testimonianza della nostra civiltà, continuando a orbitare intorno al pianeta ben oltre i limiti della loro operatività, dunque nel momento in cui una missione extraterrestre dovesse arrivare fin qui, troverà quel satellite che, come si legge sul sito di Paglen, «diventerà una nave fantasma che trasporta The Last Pictures per l’eternità». Cosa meno perturbante ma forse più utile per noi, The Last Pictures è diventato un libro, che non solo contiene le immagini selezionate, ma dà conto di quali ragionamenti sono stati fatti intorno alla selezione di quelle stesse immagini.

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Mentre il Guardian si chiede “Perché continuiamo a mandare musica nello spazio?“, commentando una recente iniziativa del Sonar, il noto festival di Barcellona, che ha spedito nella regione di un pianeta extra-solare una raffinata compilation di musica elettronica – il genere apparso più sensibile all’ispirazione spaziale (è quella che da umani immaginiamo possa essere la colonna sonora dell’universo) – trovo che la domanda fondamentale continui a essere quella relativa alla selezione. E cioè: se fossimo chiamati a scegliere cosa dire di noi umani, cosa sceglieremmo? Sul sito dell’etichetta che ha deciso di pubblicare il “Voyager Golden Record” attraverso una raccolta fondi su Kickstarter si legge che il disco è «un testamento del potenziale di scienza e arte che accende il senso dell’uomo per la curiosità e la meraviglia».

Più prosaicamente, come la stessa etichetta ricorda, il Voyager record è anche e soltanto una compilation, che contiene Beethoven, Mozart, Bach, Stravinskij, canti degli indiani Navajo o delle donne pigmee, e “Johnny B. Goode” di Chuck Berry come unico esempio di musica pop a noi più vicina. Una compilation che Anne Druyan, scrittrice e produttrice vedova di Sagan e parte di quel progetto, parlando con Time in occasione dei 40 anni della missione, ha definito «il nostro tentativo di creare un’Arca di Noè della cultura umana». Una grande responsabilità insomma, come del resto la stessa Druyan ammette.

La difficoltà della scelta è quella di misurarsi con un patrimonio culturale enorme e millenario cercando di restituire un’immagine sintetica. Ogni scelta deve sacrificarne un’altra. Venuti a contatto con una delle due sonde, gli alieni potrebbero per esempio ascoltare i canti delle donne pigmee, di cui poco o nulla sappiamo noi che viviamo in questo tempo a solo qualche migliaio di chilometri, e non venire a conoscenza di “Imagine”, le cui note sono conosciute a memoria da mezzo mondo. Il problema resta quella della quantità e della relativa impossibilità di ridurla. E tutto questo diventa al tempo stesso insensato e vertiginoso se guardiamo la famosa foto del “Blue Pale Dot”, scattata dallo stesso Voyager 1, che ci pone i di fronte all’evidenza che in realtà potremmo esser ridotti perfino a un minuscolo puntino sbiadito.

In evidenza: immagine del “Voyager Golden Record”. All’interno: il famoso scatto del Blue Pale Dot (la Terra vista come un puntino) realizzato dal Voyager 1.
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