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C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.
Nobody’s Girl, il memoir di Virginia Giuffre sul caso Epstein, ha venduto un milione di copie in due mesi Il libro è già alla decima ristampa e più della metà delle vendite si è registrata in Nord America.

Tutto chiede salvezza: il disagio psichico raccontato in modo realistico, senza realismo

La serie Netflix di Francesco Bruni, tratta dal romanzo di Daniele Mencarelli, è uno dei migliori esempi di racconto sul rapporto tra giovani e salute mentale.

08 Novembre 2022

Una mattina di agosto un ragazzo si sveglia legato al letto in una stanza da sei nel reparto di psichiatria di un ospedale. È la prima scena di Tutto chiede salvezza, serie Netflix diretta da Francesco Bruni e tratta dal romanzo con lo stesso titolo di Daniele Mencarelli (Mondadori, 2020). Per Mencarelli, 48 anni, Tutto chiede salvezza rappresenta il secondo capitolo di una trilogia narrativa di ricerca intorno alla propria storia personale, tre romanzi in cui cerca di dare un senso e una forma poetica al dolore esistenziale che lo ha portato, intorno ai vent’anni, a bere, drogarsi e distruggere tutto.

Francesco Bruni ha raccontato di avere scoperto Tutto chiede salvezza per caso, durante un pomeriggio in libreria, dove ha iniziato a leggere le prime pagine desiderando subito di farlo diventare un film. Ha girato invece una serie in sette episodi (o un film di cinque ore), uno per ogni giorno della settimana trascorso dal ventenne Daniele in regime di Tso (acronimo di trattamento sanitario obbligatorio), che dovrebbe essere riservato alle persone in preda a una gravissima crisi psichiatrica che le metterebbe in pericolo di vita o di fare del male ad altri. Daniele, nella serie interpretato molto bene da Federico Cesari, dopo una notte in discoteca torna a casa e in preda a una rabbia inarrestabile spacca tutti i mobili del salotto. Il padre si sente male, lui viene portato in ospedale dove continua a aggredire medici e infermieri, fino a ritrovarsi sedato e costretto a restare nel reparto di psichiatria in attesa di una diagnosi. Quando riprende conoscenza è lucido e preoccupato: «Stamattina la persona che ora mi dorme vicino ha tentato di darmi fuoco. Davanti a me ho un ragazzo che non smette di fissare mezzo metro sopra la mia testa. Poi altri due pazzi», scrive Mencarelli nel romanzo. Cosa vuol dire pazzo? In questa storia, che non è di redenzione o di recupero ma di presa di coscienza, vuol dire forse accettare di fare parte di un’umanità trasversale che fatica a sostenere il peso della realtà. Persone che non possono permettersi di stare troppo bene o troppo male, non sono in grado di reggere la frustrazione del fallimento o l’euforia del successo. Non possono permettersi le sostanze eccitanti o calmanti, o la mancanza di sonno o di regolarità nello svolgersi delle giornate, perché questo rischia di farle diventare depresse, maniacali, autodistruttive, feroci, disperate.

Da parte sua, con Tutto chiede salvezza Bruni continua a indagare la crisi del maschio alle prese con la propria fragilità. Ha iniziato con Scialla! (2011) e Tutto quello che vuoi (2017), due storie di collisione generazionale tra un ragazzo inquieto e un uomo più grande. Poi c’è stato Cosa sarà (2020), rielaborazione filmica della sua esperienza con una malattia del sangue per cui ha rischiato di morire. Da quell’esperienza così radicale sembra che lo stile tragicomico di Bruni, da commedia all’italiana che ti fa ridere mentre piangi e piangere mentre ridi, si sia arricchito di tocchi surreali e dolci. Tutto chiede salvezza affronta verità brutali senza pretese di realismo. «Il poeta scommette sulla massima profondità della singola scena», ha detto Mencarelli, che nasce letterariamente come poeta, in un’intervista. Ecco perché vediamo un reparto di psichiatria con finestre che si aprono, accendini che si rubano facilmente, armadietti dei medicinali e mazzi di chiavi non custoditi. Ma va bene. C’è anche l’aggiunta, a tratti un po’ forzata, della storia d’amore teen tra Daniele e Nina (Fotinì Peluso), che viene introdotta con l’arrivo di Carolina Crescentini e crea una meta-risonanza con la nuova stagione di Boris, tutta giocata sui diktat dell’algoritmo di una fantomatica piattaforma. Va bene anche questo, se fa in modo che Tutto chiede salvezza sia vista da molte più persone. Perché è prima di tutto una serie politica e antifascista, una pernacchia a Meloni e al suo mito dell’uomo forte. Nella serie lo incarna l’infermiere Pino, interpretato da Ricky Memphis. Frustrato, attaccato a piccole furberie sulla gestione dei turni, razzista nei confronti della giovane collega afro discendente (Flaure B. B. Kabore): «De dove sei?», le chiede a un certo punto. «Quartiere Tuscolano», risponde lei. Più avanti Pino si ingentilisce, forse perché nei film è più facile, e anche lui scopre che non c’è medicina migliore di riconoscere le proprie debolezze.

Oggi i ragazzi e le ragazze occupano le scuole e le università anche per chiedere l’accesso universale e gratuito alle terapie psicologiche. Le ricerche dicono che in questi anni i problemi di salute mentale sono aumentati, sicuramente per via della pandemia, ma forse bisogna tenere conto anche dal fatto che oggi se ne parla molto di più. In particolare sui social e nelle serie tv contemporanee come Euphoria, Skam, Prisma, e adesso Tutto chiede salvezza. Nella versione di Mencarelli la vicenda è ambientata nel 1994, i suoi vent’anni. In quel periodo era tutto molto diverso, non si parlava in pubblico del proprio malessere, ci si nascondeva. E come sa chiunque le conosca da vicino, per quel che riguarda le malattie mentali e le dipendenze, segreti e solitudine possono uccidere. Con i suoi compagni di stanza, Daniele si sente per la prima volta a casa: «Con loro non ho avuto possibilità di mentire, di recitare la parte del perfetto, mi hanno accolto per quello che sono, per la mia natura, così simile alla loro». 

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