Attualità

Tornare a casa da adulti

Dai mammoni che vivono coi genitori fino all'età adulta siamo passati a quelli che se ne vanno, stanno un po' fuori casa e poi ritornano. Una fenomenologia.

di Valeria Montebello

Non si parla più dei mammoni che restano a casa con i genitori fino a quando non gli spuntano i primi capelli bianchi (saranno scomparsi?), ora siamo passati a quelli che se ne vanno con tante speranze e aspettative, stanno un po’ fuori casa e poi ritornano. Un passo indietro per loro, un passo avanti nella catena evolutiva: dai bamboccioni ai revenant. Quelli nati in provincia si avventurano nelle grandi città, quelli cresciuti in una grande città vanno a vedere com’è la vita in una città ancora più grande, magari all’estero. Il punto non è dove vanno, è che a un certo punto, spersi e sopraffatti, ritornano. Per fallimenti vari: lavoro che non si trova o che non va, rapporti amorosi che finiscono, solitudine, nostalgia. In un programma abbastanza trash di cui non ricordo il nome, una ragazza che da Roma è emigrata a New York si lamenta della cantilena che l’accompagna quotidianamente da anni. La sua famiglia italiana, le sue amiche italiane, i suoi colleghi americani, e perfino il suo fidanzato americano (?!) le chiedono la stessa cosa: quando torni a casa? La frase è spesso accompagnata da subordinate tipo: la tua esperienza l’hai fatta, adesso torna a casa e sistemati, non hai più l’età per comportarti da pecorella smarrita. E non è per mancanza (gli italiani) o per scocciatura (gli americani), ma perché a trentacinque anni è ora di tornare. A NY, negli ultimi tempi, è diventato un vero e proprio trend, i trentacinquenni mollano l’eccitazione febbrile e se ne tornano alla calma piatta, nei loro paesini d’origine.

L’università di Harvard ha inaugurato una serie di studi a riguardo: mentre la maggior parte di quelli che rimaneva a casa senza mai andarsene o almeno provarci (a cambiare il proprio destino) erano maschi, uno dei sondaggi dimostra che l’80% delle persone che se ne va e poi torna è donna. Ci hanno girato anche parecchi film. E le star di questa specie di ritorno alle origini sono tutte femmine. Ritorni di fiamma come nei vecchi film americani? Genitori felicissimi di riabbracciati? Compagni del liceo che non vedono l’ora di sapere com’è la tua vita nel mondo? No. Vecchi fidanzati che stanno per sposarsi o si sono già sposati con la più cretina del paese che però è rimasta lì, e magari hanno pure i figli, mamma e papà che non ti sopportano per più di una settimana, gli amici dell’adolescenza che nemmeno ti riconoscono. Sei uscita dal giro. Dal cerchio magico del paese. Hai deciso di andartene e ora sei bandita. Morale: la nostalgia è un nobile sentimento se resta nostalgia.

Former Home Of Al Capone Refurbished In Miami Beach

In Young Adult, Charlize Theron nota scrittrice di una collana per ragazzi distrutta dalla vita in città, sola con il suo chihuahua in un appartamento-loculo in cui regna il caos, se ne torna a Mercury in Minnesota per riconquistare l’ex ragazzino del liceo che sta per avere un figlio con un’altra ex ragazzina del liceo. Melanie Lynskey in I Must Be Going se ne torna in una piccola cittadina balneare dopo la separazione dal marito e se ne sta tappata in casa con gli stessi vestiti addosso per mesi per poi avere una storia con uno appena maggiorenne, farsi le canne e comportarsi come un’adolescente alle prime armi. Kristen Bell in The Lifeguard è una reporter nella Grande mela che rimane sotto shock per una storia che sta seguendo, molla tutto, se ne ritorna in Connecticut e ricomincia a lavorare in una piscina condominiale, anche lei inizia una storia con un ragazzino problematico, canne e festini. Tutte e tre rompono le scatole a tutti. E tutte e tre, dopo aver sconvolto le vite dei genitori e degli abitanti dei rispettivi paeselli se ne ritornano in città con le loro macchine, stordite ma in qualche modo riappacificate, come in trance, dominate dalla brama di riprovarci ancora nonostante le rughe, forti delle energie sottratte ai malcapitati.

Quando i film finiscono ti viene da pensare: puoi cercare in tutti i modi di riconquistare il primo amore come fa la Theron mettendosi in ghingheri e aspettandolo al pub facendo finta di scrivere qualcosa a qualcuno sul cellulare, o rimetterti a fare la bagnina con il costume rosso e far capitolare il figlio del custode, oppure puoi tornare a casa depressa e iniziare a scopare con uno che non ha nemmeno la barba anche se sei assurdamente fuori luogo in un paese dove la strada principale è lunga tre metri e chiuderti in casa a guardare film di Groucho Marx sembra l’unica alternativa al suicidio. Il problema è che, una volta che hai messo un piede fuori, resterai per sempre un’estraneo. Le tre donne staccano con la vita che non sta andando come volevano, con il mondo che non è stato abbastanza generoso con le fragili ragazzette di paese che erano, per cercare conforto nel luogo dove sono nate e cresciute e riprendere a vivere dal momento in cui l’hanno lasciato: l’adolescenza. Gli altri sono rimasti sfigati come un tempo. Mentre per loro la sfigata sei tu: una storiella buffa da raccontare agli amici degli amici.

Sono due mondi distinti e conclusi, che non si possono mischiare. Anche Emma Stone in Lalaland dopo la delusione  fa una capatina a casa dei suoi, nella casa dove ha iniziato a sognare. Per fortuna Ryan Gosling la salva dalla tuta, dal divano e dalla muffa con la sua spider fiammante svegliandola con una lunga suonata di clacson che spezza l’incantesimo della seconda adolescenza. E il sogno può continuare. A Los Angeles, a Parigi, nel mondo.

 

Foto Getty Images.