Cultura | Tv
Top Boy non è mai finito
È da poco uscito Jaq. Una storia da Top Boy, libro spin off di una serie che tra tv, musica, vestiti è diventata un fenomeno mondiale, un culto con sempre più adepti, anche in Italia.

Uno dei tormentoni dell’estate 2023 è stato “Who Told You” di J Hus e Drake. Nel brano, che si inserisce pienamente nel recente successo internazionale dell’afrobeat, il rapper canadese canta con una forte inflessione da persona inglese di origine caraibica o afrodiscendente. Un elemento che non è passato inosservato e che è tornato di stretta attualità dopo le accuse di appropriazione culturale lanciategli da Kendrick Lamar. Drake «si presenta in veste di turista, con accento semi-giamaicano e slang britannico […] come chi ha appena comprato un cappello di paglia a tesa larga in una capanna sulla spiaggia», aveva commentato il critico musicale del Guardian Ben Beaumount-Thomas.
Ecco, se Drake nel 2023 compie questa scelta stilistica è – anche – merito di Top Boy. La coolness di cui gode oggi la black Britain è in grandissima parte merito della serie televisiva ideata da Ronan Bennet. In maniera simile a Gomorra a Napoli, la diffusione di Top Boy ha alimentato un circolo virtuoso che ha favorito il successo di un “mondo di sotto” fino ad allora poco raccontato dalla tv inglese. Rimanendo ancora In Italia, sono in tanti gli artisti rap che, attraverso brani o interviste, hanno espresso il proprio apprezzamento verso lo sceneggiato inglese. Guè ne ha parlato più volte, inserendolo in una intervista a TRX Radio tra le sue serie contemporanee preferite e citandolo in diversi brani. “Top Boy come Dushane (Top Boy) – Playboy come Bruce Wayne (Ah-ah)” dice, per esempio, nel pezzo “Nicolas Cage” del 2021. “Top Boy” è anche il titolo di un brano di Lazza con Noyz Narcos e di uno di Mace con Geolier. Sempre Noyz ha utilizzato l’immagine del top boy, inteso come colui che si trova in cima alla catena alimentare di un gruppo criminale, nel pezzo “Dope Boy“, uno dei migliori realizzati negli ultimi anni dal rapper romano. “Dici: ‘Sai, bro (Yeh), che sei ‘n top boy’ (Top boy) / ‘A mi regazza che se more per i pezzi tuoi” (Seh, seh) / Che sei tutti noi, sei la nostra voce / Ho la maglietta col tuo nome al centro della croce (Oh)”. Ma il successo “musicale” di Top Boy è stato anche esso un fenomeno globale, ovviamente capitalizzato: OVO Sound e Warner nel 2019 hanno fatto uscire un disco composto tutto da pezzi ispirati alla serie.
Oggi a questa epopea di strada si aggiunge un nuovo capitolo: è da poco uscito in Italia, edito da Feltrinelli, Jaq. Una storia da Top Boy, il libro spin-off della serie, scritto dallo stesso creatore e showrunner Ronan Bennet. Protagonista l’efficiente cavallino della droga Jaqueline “Jaq” Lawrence, la cui rilevanza nella storia di Top Boy è cresciuta molto tra la terza (momento in cui entra anche lei nel sempre più variegato cast di personaggi) e la quarta stagione, fino a diventare la di fatto co-protagonista della quinta stagione. Il libro esplora uno degli aspetti sottintesi e affascinanti della Jaq vista nella serie: il suo desiderio di abbandonare la vita criminale e il luogo violento in cui è cresciuta (e affermata, con uno dei kill count più impressionanti di tutti), assieme alla fidanzata Becks e alla sorella Lauren.

Ma per spiegare le ragioni del fenomeno culturale che è stato (che è) Top Boy bisogna fare un passo indietro e tornare al 2011, quando va in onda il primo episodio dello show. Top Boy esordisce su Channel 4, a soli tre mesi dai disordini di Londra dell’estate 2011. Tra il 6 e il 10 agosto di quell’anno erano infatti andati in scena i cosiddetti London riots: molte zone periferiche della città erano state messe a ferro e fuoco dagli stessi abitanti, in risposta all’omicidio del ventinovenne Marc Duggan da parte della polizia inglese. Quei fatti avevano scosso l’opinione pubblica, che si interrogava, in quella fase, sulle condizioni in cui versavano le periferie londinesi, in particolare i giovani delle periferie londinesi. E in effetti Top Boy comincia proprio come fenomeno giovanile, prima di raggiungere, soprattutto in Inghilterra, un consenso unanime. Ma quando tutto è cominciato, Top Boy era stato pensato quasi esclusivamente per un pubblico young adult: i primi a vedere la serie in anteprima furono dei giovani di Hackney, Londra, età dai 10 ai 26 anni, che ne scrissero poi una recensione per l’Observer. Non piacque a tutti e in tanti ci trovarono diverse “licenze poetiche”, diciamo così: troppa poca polizia, dissero, rispetto alla vita vera in certe zone della città.
La serie si inseriva poi in una tradizione precisa, quella del cinema realista e sociale britannico: pochi anni prima erano uscite la serie Bullet Boy e il film Kidulthood, che, ispirandosi a questo filone narrativo, si erano concentrate sulle periferie urbane e le comunità razzializzate. Si arrivava infatti da un decennio in cui la musica inglese aveva visto l’ascesa dirompente del grime, un genere parente prossimo del rap, che ha come milieu di riferimento esattamente questo. Si può dire quindi che Top Boy si sia trovato, innanzitutto, al posto giusto nel momento giusto. La serie ha avuto fin da subito un enorme impatto mediatico, ed è considerata da grandissima parte del pubblico e della critica un prodotto rivoluzionario nel suo genere.
Sulla spinta di show analoghi come The Wire, Top Boy ha una storia complessa, quasi intricata, in cui le vicende della criminalità sono uno specchio in cui si riflettono contraddizioni sociali più ampie, un’arena in cui trovano sfogo impulsi onnipresenti nella società. L’autenticità della serie è garantita curiosamente da una amicizia reale nata proprio ad Hackney, il distretto di Londra dove è ambientata la serie. La sceneggiatura è infatti co-firmata da Ronan Bennett e dal suo personal trainer, “improvvisatosi” consulente per la sceneggiatura, Gerry Jackson. «Quando lavori a tu per tu con una persona parli di tante cose diverse, anche di strada. Ronan ha detto: “Hai un sacco di storie da raccontare, Gerry” e siamo partiti da lì» – ha detto l’ex allenatore al Guardian nel 2022. Le vicende raccontate della serie ruotano intorno al traffico di droga, in questo immaginario complesso popolare chiamato Summerhouse (tra i meriti di Top Boy c’è anche l’aver contribuito a un ritorno dell’interesse per l’edilizia pubblica in Inghilterra, proprio come i project di The Wire avevano fatto in America). Fin da subito, hanno quindi colpito il realismo nella scrittura e nel linguaggio e nel vestiario, e la qualità della sua colonna sonora tutta di ispirazione grime e rap.
Negli anni si è accumulato un lunghissimo elenco di guide ai significati e significanti di Top Boy, proprio come se la serie fosse una terra straniera nella quale gli spettatori-esploratori andassero guidati, accompagnati. E quindi Esquire ha spiegato “l’occhio” della serie per lo streetwear (occhio monetizzato da Netflix con un’ampia sezione dedicata nel suo store), Newsweek ha tradotto il suo vernacolo per i non madrelingua, il British Film Institute gli ha dedicato un lunghissimo pezzo intitolato “Top Boy in context”, Crack Magazine ha indagato quanto del cosiddetto grime renaissance sia in realtà semplicemente il successo di Top Boy.
Dal cast di Top Boy sono poi venuti fuori attori oggi affermatissimi nel panorama cinematografico inglese e internazionale. Il rapper Kano, all’anagrafe Kane Brett Robinson, al suo primo lavoro con la serie nel 2011, è oggi protagonista di The Kitchen, debutto alla sceneggiatura dell’attore inglese Daniel Kaluuya. Michaela Coel, Micheal Ward, Letitia Wright e la leggenda del rap inglese Dave sono tutti passati da Top Boy prima di raggiungere traguardi sempre più importanti nella loro carriera attoriale.
Nonostante questo enorme successo, Top Boy fu cancellata dopo due stagioni soltanto, una cancellazione che contribuì a innalzarla a serie di culto. Nel 2017, quattro anni dopo la messa in onda dell’ultimo episodio, Netflix ne acquisisce i diritti, proprio sulla spinta dell’interesse di Drake. Con il rapper canadese da produttore esecutivo e la Springhill Company di LeBron James come casa di produzione, l’hype per la serie sale alle stelle. La terza e la quarta stagione debuttano sulla piattaforma streaming rispettivamente nel settembre 2019 e nel marzo 2022, venendo presentate come la prima e la seconda stagione di una serie originale Netflix. Le due precedenti, quelle trasmesse da Channel 4 nel Regno Unito, sono state aggiunte al catalogo Netflix come fossero una specie di prequel, con il titolo Top Boy: Summerhouse. Una quinta e ultima stagione, la terza prodotta da Netflix, viene trasmessa nel settembre del 2023. La nuova versione della serie riscuote fin da subito un successo enorme.
Seppur, secondo alcuni critici, avesse sacrificato sull’altare dei valori produttivi il “neorealismo” degli inizi, Top Boy su Netflix ha una maturazione stilistica impressionante: le pressoché infinite possibilità produttive permettono alla serie di essere diretta da registi di livello internazionale, tra cui il candidato al premio Oscar Reinaldo Marcus Green. A cambiare è anche l’approccio alla sceneggiatura dello stesso Bennett, che aggiunge complessità alle personalità dei protagonisti e sviluppa riflessioni nuove, entrando in campi inesplorati precedentemente. Per esempio, nelle prime stagioni, le donne erano spesso figure superficiali e sessualizzate. Nella terza vengono invece introdotti personaggi femminili nuovi e carismatici. Tra queste spicca la madre single e aspirante imprenditrice Shelley, interpretata dalla cantante Little Simz, e appunto Jaq. Attraverso questi personaggi lo show ha raccontato la violenza sulle donne e sugli omosessuali, questioni spesso trascurate dalle serie “maschie” a cui Top Boy appartiene.
In molti hanno quindi rimpianto e celebrato Top Boy (in primis Bennet, in un pezzo un po’ diario un po’ coccodrillo della serie su Esquire) quando è stata annunciata la fine della serie nel 2023. Si è trattato infatti di un fenomeno che ha raccontato la black culture britannica al pubblico internazionale, certificando quanto questa non debba più inseguire quella americana. In un mondo dell’intrattenimento globalizzato, le periferie londinesi sono diventati pezzi dell’immaginario collettivo quanto quelli di New York e Los Angeles. I rapper e gli artisti che da questi territori provengono sono oggi star globali che non hanno nulla da invidiare a quelle americane. Oggi la sfida di Ronan Bennett è quella di far (ri)vivere questo mondo, ancora una volta, anche sulle pagine di un libro.