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È davvero arrivato il momento dell’anti-influencing?

Un viaggio per influencer a Dubai organizzato da un brand di make-up ha scatenato la polemica su TikTok, dove sempre più creator consigliano le cose “da non comprare”.

di Silvia Schirinzi

Mai new economy si è trasformata tanto in fretta, probabilmente, quanto quella legata agli influencer. No, non sono spariti, anzi continuano a proliferare nei nostri feed, ma i cambiamenti che il settore del marketing a loro legato ha attraversato – e continua ad attraversare – sono sempre più materia di studio, perché raccontano di quanto velocemente si evolva oggi il nostro rapporto sia con le piattaforme digitali che con i prodotti che scegliamo di acquistare. Da Instagram a TikTok, dai Millennial alla Generazione Z, questi cambiamenti si sono accumulati sempre più in fretta: ci abbiamo messo un decennio a decifrare l’impatto del social di Mark Zuckerberg ma per TikTok sono bastati un paio d’anni e una pandemia, visto che già nel 2021 parlavamo di creator in burnout a causa dell’algoritmo e di “genuinfluencer”, ovvero gli influencer onesti (o almeno percepiti come tali), legati alla loro community, non perfetti o perennemente in vacanza, insomma quelli dimessi quanto basta. Oggi, e siamo solo all’inizio del 2023, registriamo l’ennesimo scossone, complice sempre TikTok, dove nelle ultime due settimane si è consumato un dramma notevole che racconta bene le dinamiche in gioco.

Partiamo dall’inizio, però: il brand di make-up Tarte, di proprietà della giapponese Kosé e molto popolare negli Stati Uniti, ha organizzato un viaggio di tre giorni a Dubai invitando cinquanta influencer e dando loro la possibilità di portare un +1. Niente di nuovo: i brand, di moda, di make-up e di qualsiasi altro tipo, mettono spesso in piedi operazioni come questa, in cui generalmente portano in location da favola una selezione di creator e/o giornalisti, sia per assistere a uno show (solo lo scorso dicembre Chanel era a Dakar, in Senegal, mentre Dior ha sfilato con le piramidi egiziane come sfondo) che per fare esperienza di una nuova linea di prodotti. Quello che una volta era il viaggio stampa per addetti ai lavori e che è sempre stato, almeno in parte, una vacanza regalata, con i social si è ulteriormente trasformato, perché il risultato finale non sono più delle pagine su un giornale di carta, ma video e foto condivisi in tempo reale con un’audience che può essere molto più larga di quella strettamente interessata ai prodotti o all’esperienza in questione. Formalmente Tarte non chiedeva ai suoi invitati di postare, ma solo di partecipare e, a loro discrezione, condividere quanto stavano vivendo. Ovviamente quelli hanno postato moltissimo, anche prima di partire, visto che volavano in Business Class con Emirates Airlines e alloggiavano in hotel cinque stelle lusso. Tarte non è poi un marchio sconosciuto a TikTok, anzi: era già diventato virale la scorsa estate grazie al suo Maracuja Juicy Lip & Cheek Shift, un gloss per labbra e guance che costa 26 dollari e si può trovare da Sephora e Ulta.

Non è un caso che l’hashtag #tarte abbia collezionato qualcosa come 588 milioni di visualizzazioni sulla piattaforma e che, di conseguenza, Tarte abbia voluto investire in alcuni dei creator più in vista, a cominciare dalla biondissima Alix Earle, più di quattro milioni di follower, che nonostante sia bellissima, in formissima e anche ricca, è riuscita a conquistare i suoi coetanei grazie ai video in cui sembra – e chi lo avrebbe mai detto – una ragazza effettivamente simpatica (ha anche dato il via a un’ossessione per l’olio al rosmarino che fa crescere i capelli, ma questa è un’altra storia). Proprio il coinvolgimento di Earle e di altri profili molto seguiti ha scatenato un’attenzione senza precedenti sul viaggio a Dubai, che è diventato il pretesto per analisi minuziosissime al limite del complottismo, come racconta Vogue Business. Davvero Tarte è disposta a spendere tutti quei soldi? (Risposta: sì). Davvero un volo in Business può costare fino a diecimila dollari? (Anche qui: sì). Ma c’è differenza tra Business Class e First Class? (Sì, e anche molta). Ma vi sembra il caso con l’inflazione che c’è? (Sì, perché c’è chi vuole ancora comprare lip gloss). Ma non è che ha pagato tutto il governo degli Emirati Arabi Uniti? (No, almeno per quello che ne sappiamo). Repost, stitch, video inchieste che tentavano di stabilire i rapporti di Tarte con Sephora Middle East, partner dell’operazione, o con il governo del Paese del Golfo, addirittura, tra chi rimproverava alle influencer il loro divertimento sfacciato e chi invece le difendeva, perché in fondo se lo sono meritato, non è colpa loro se sei uno sfigato.

Quello che è interessante del morboso interesse che questo viaggio ha provocato negli utenti di TikTok, comunque, non è tanto il comprensibile spaesamento dei più di fronte ai costi e ai meccanismi del marketing, quanto il modo in cui si guarda, attraverso i social, allo stile di vita di chi può permettersi cose come viaggi in Business Class, suite panoramiche in hotel lussuosi, attività esclusive e servizi stellari. Ora che la patina di vetro di Instagram si è definitivamente crepata, ora che certe dinamiche sono state spiegate alle masse tramite il debunking di youtuber più o meno affidabili, finalmente noi, che siamo dall’altro lato dello schermo, possiamo fare i conti in tasca a chi quelle cose, che tutti ci meriteremmo ma che solo pochi hanno, le ha ottenute.

E allora si può comprendere come dai blogger osteggiati alle sfilate siamo passati agli influencer padroni di Instagram, e da quegli influencer perfettini ai genuinfluencer simpatici e infine come dai genuinfluencer ci addentriamo spediti nell’epoca dell’anti-influencing – hashtag #deinfluencing, quasi 21 milioni di visualizzazioni – ovvero quella in cui sempre più persone, vuoi per etica (c’è una parte di mondo che compra troppo e che vive di sprechi) vuoi per pura invidia sociale (quando arriva il mio turno?, è una battuta che ricorre su TikTok sotto ai video di coppie felici o di sfoggio di oggetti preziosi, perché l’una e l’altra cosa sono equivalenti per i nostri alter ego digitali), decide che no, forse non serve comprare l’ennesimo illuminante per il viso, né il cerchietto per capelli rosa a forma di nuvoletta, né il Camaleonda di Mario Bellini o la sua imitazione comprata chissà dove (e sulla cultura del “dupe”, ovvero della copia a basso prezzo, ci sarebbe da scrivere un trattato), né Santal 33 che è il più banale dei Le Labo ma che è il profumo di tanti idol coreani e forse non serve neanche l’ennesima borraccia per l’acqua (l’ultima in voga è la “Stanley Cup”, circa 30 dollari su Amazon, praticamente una damigiana) visto che il punto delle borracce è di ridurre l’uso della plastica usa e getta, magari senza comprarle su Amazon e senza collezionarle in base ai trend.

Sono tanti i creator che oggi dedicano video al de-influencing o che compilano lista di cose da non comprare: alcuni sono più radicali, e hanno ben chiaro in mente il motivo per cui dovremmo smetterla di volere così tante cose in continuazione, invece altri colgono l’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa e declamare finalmente che questo o quel prodotto super ricercato non è in realtà un granché, o che per loro non ha funzionato (e vorrei ben vedere, nessun prodotto può funzionare per tutti, era sbagliata la premessa, quella cosa lì della recensione simpatica o autentica, ma ormai abbiamo rinunciato a una qualsivoglia logica). La giornalista Jessica DeFino, ex beauty editor, ne parla nella sua bella newsletter The Unpublishable, in cui analizza tutti i modi perversi in cui ci siamo convinti di aver bisogno di dieci prodotti alla volta per prenderci cura della nostra pelle. La tensione è evidente, anzi tragicomica: quando parliamo di moda diciamo da tempo che non esistono più le tendenze di stagione, ma perché tutto è diventato tendenza, tutto è qualcosa-core e tutto desiderabile quindi, in ultima analisi, niente lo è. «I love de-influencing», dice una certa @alyssastephanie che nel 2022 ha comprato tutti i prodotti virali di TikTok ma nel 2023 vuole giustamente liberarsene, «Ugh, this trend influences me even more» risponde @shelbsterr30, foto profilo un cane con una parrucca bionda, nel commento che ha ricevuto più like, e non c’è miglior riassunto di tutta questa storia di questo scambio qui.