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09:07 venerdì 28 novembre 2025
Dopo quasi 10 anni di attesa finalmente possiamo vedere le prime immagini di Dead Man’s Wire, il nuovo film di Gus Van Sant Presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, è il film che segna il ritorno alla regia di Van Sant dopo una pausa lunga 7 anni.
Un esperimento sulla metro di Milano ha dimostrato che le persone sono più disponibili a cedere il posto agli anziani se nel vagone è presente un uomo vestito da Batman Non è uno scherzo ma una vera ricerca dell'Università Cattolica, le cui conclusioni sono già state ribattezzate "effetto Batman".
Secondo una ricerca dell’università di Cambridge l’adolescenza non finisce a 18 anni ma dura fino ai 30 e oltre Secondo nuove analisi neuroscientifiche, la piena maturità cerebrale degli adulti arriva molto dopo la maggiore età.
I fratelli Duffer hanno spiegato come settare la tv per guardare al meglio l’ultima stagione di Stranger Things I creatori della serie hanno invitato i fan a disattivare tutte le “funzioni spazzatura” delle moderne tv che compromettono l'estetica anni '80 di Stranger Things.
L’incendio di Hong Kong potrebbe essere stato causato dalle tradizionali impalcature in bambù usate nell’edilizia della città Le vittime accertate sono 55, ci sono molti dispersi e feriti gravi. Sembra che il rogo sia stato accelerato dal bambù usato nei lavori di ristrutturazione.
L’Onu ha definito Gaza «un abisso» e ha detto che ci vorranno almeno 70 miliardi per ricostruirla Quasi sicuramente questa cifra non sarà sufficiente e in ogni caso ci vorranno decenni per ricostruire la Striscia.
Anche quest’anno in Russia è uscito il calendario ufficiale di Vladimir Putin Anche nel 2026 i russi potranno lasciarsi ispirare dalle foto e dalle riflessioni del loro presidente, contenute nel suo calendario
Sarkozy è stato in carcere solo 20 giorni ma dall’esperienza è riuscito comunque a trarre un memoir di 216 pagine Il libro dell’ex presidente francese sulla sua carcerazione lampo a La Santé ha già trovato un editore e verrà presto pubblicato.

Mi faccio un Van Gogh

Un consiglio ai musei: meglio non sottovalutare il potenziale della stampa 3D, se non volete che pittura e scultura subiscano il trattamento-Napster.

29 Agosto 2013

All’uscita di ogni museo c’è sempre il negozio – lo shop, come viene chiamato dalle guide – in cui gli avventori possono comprare a basso prezzo delle rozze copie in formato A4 dei capolavori millenari che hanno appena visto dal vivo. Lo shop propone anche molti altri articoli come: cataloghi e libri d’arte, guide alla città in cui ha sede l’istituzione e varia miscellanea culturale – una volta al MACRO di Roma trovai anche Cafonal di Roberto D’Agostino, un’esperienza che mi rese scorbutico per alcuni giorni. L’opera-souvenir da comprare come prova del proprio accesso al museo è insieme celebrazione e negazione dell’interesse artistico dei “consumatori culturali” ma, al pari delle magliette delle band in vendita nei festival, mostrano il volto del merchandising, creatura ambigua e assetata che in tempi di magra porta prezioso introito. E a cui si sorride, quindi.

Il museo “Van Gogh” di Amsterdam ha portato lo shop in un’altra dimensione annunciando la scorsa settimana la messa in vendita di copie stampate in 3D di alcuni capolavori di Vincent Van Gogh, il cui prezzo singolo si aggirerà attorno ai 22 mila euro. Quel che potrebbe essere bollato come mero sfruttamento della nuova tecnologia del momento (la stampa 3D) è invece tutt’altro: innanzitutto, la tecnologia in questione non è una “moda” ed è anzi destinata ad esplodere – anche a livello di business – nel futuro; ma è proprio l’abbraccio tra questa e il mondo dell’arte a meritare attenzione, visto che i primi a sperimentare con questo tipo di stampanti sono stati nell’ordine: gli smanettoni (tecnici, programmatori, geek gravi) e gli artisti. Facile capire il perché: la possibilità di utilizzare una cosa in grado di creare qualsiasi oggetto in poco tempo è un canto di sirena irresistibile per chi vuole creare qualcosa. (Martedì, per esempio, gli artisti Bryan Allen e Stephanie Smith hanno presentato Echoviren, la più grande opera mai realizzata utilizzando la stampa tridimensionale – un record che durerà probabilmente poco visto la corsa all’oro che si è scatenata -: l’opera consta di più di 5000 pezzi, è larga 3 metri, alta 2,4 metri e ci sono volute 10.800 ore per costruirne ogni singolo pezzo.)

Ma se l’applicazione di tale tecnologia alla scultura era facilmente prevedibile, il passo verso la pittura stupisce di più: il progetto del museo olandese si basa su un esperimento di Fujifilm con cui è possibile “ricopiare” gli elementi di un quadro su una superficie e riprodurli ad altissima definizione. Il processo, chiamato Reliefography, permette di sfornare appena tre “copie” al giorno – ma è un ottimo inizio, ed è solo l’inizio.

Con una stampante 3D si può replicare tutto, anche le opere d’arte, ed è forse giunta l’ora che anche il mondo dell’arte se ne renda conto, perché presto l’annosa questione dei “falsi” potrebbe assumere nuove dimensioni, farsi DYI (Do It Yourself), alla portata di tutti. Cosmo Wenman, per esempio, è un maker – uno di questi nuovi artigiani della stampa tridimensionale – che ha trascorso l’ultimo anno a fotografare opere in numerosi musei di tutto il mondo, replicandole digitalmente al computer e stampandosele comodamente a casa. Per ogni opera, ovviamente, sono necessari scatti da diverse angolazioni (200 a pezzo circa), ma il risultato ottenuto con un’intensa sessione fotografica spesso non ha prezzo: a casa sua conserva già due copie della Testa del cavallo di Selene, opera dell’antica Grecia risalente al 432 a.C. un tempo parte del Partenone e oggi conservata al British Museum. Quello che Wenman fa comodamente da casa con il suo MakerBot (noto modello di stampante) potrebbe diventare alla portata di tutti in breve tempo, ed è a proprio questa diffusione di massa del mezzo che Wenman ha pensato, caricando i suoi progetti su Thingiverse, un sito in cui gli utenti possono condividere il modello in 3D di qualsiasi cosa per produrne una replica in casa loro.

È l’incontro tra i maker e il mercato – anche sommerso – dell’arte, ma anche una rivoluzione concettuale: «A me [tutto ciò] ricorda il potenziale che si nascondeva dietro la riproduzione non autorizzata e libera per tutti à la Napster e al remix musicale», ha spiegato Wenman al sito The Atlantic Cities. Un futuro in cui gli studenti potranno osservare dal vero (o dal falso che sembra vero, qui la discussioni filosofica è appena cominciata) le opere che studiano a scuola; gli artisti potranno alterare e confrontarsi direttamente con i capolavori del passato. Questo vale già oggi per la scultura; i progressi di Fujifilm ad Amsterdam fanno ben sperare anche nel campo delle arti pittoriche. Il progetto del maker è diventato una campagna su Kickstarter con la quale chiedeva agli utenti 35 mila dollari per creare il primo museo pronto-per-essere-stampato della Storia. E anche se la campagna è fallita, si può immaginare che il connubio tra questi due mondi sia solo cominciato.

Quello che è mancato a Wenman, probabilmente, è una migliore pubblicità e informazione sul progetto; ma è anche la tempistica ad averci messo lo zampino: Wenman sembra già lontano, da esperto “stampatore” ha già compiuto alcuni passi logici che la maggior parte delle persone, per le quali il 3D printing è una novità, faranno solo nel futuro. E forse è vero che il remix, dopo aver cambiato per sempre la cultura e l’economia musicale (come spiegato nel documentario Everything is a Remix), invaderà anche l’arte: sarà ubiquo, riproducibile e alterabile. E allora il David di Michelangelo potrebbe ridursi a “mp3”, essere condiviso, passato di mano, modificato e riproposto: è una rivoluzione che ha già piegato i colossi discografici, è forse meglio che i musei non stiano a guardare.

Immagini: una delle Testa del cavallo di Selene “stampate” da Cosmo Wenman; il retro e la cornica de I Girasoli di Van Gogh, riprodotti alla perfezione tramite Reliefography.

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