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Damien Hirst ha organizzato una mostra a St. Moritz su FaceTime

Tra le montagne della Svizzera, nel cantone dei Grigioni, si trova una strana creatura che si chiama “Praying Monk”, una scultura dell’artista inglese Damien Hirst alta più di tre metri e mezzo. Si tratta di una delle opere presenti a St. Moritz nella spettacolare esposizione dedicata alla sua arte organizzata interamente sui social media e dal telefono, scrive il Guardian che ha raggiunto Hirst via Zoom. Tra le altre opere c’è anche “Temple”, una torreggiante statua di un uomo con la pelle staccata, che rivela gli organi interni, il tutto incorniciato contro il cielo blu e le montagne bianche di un panorama alpino. Il progetto, promosso dal gallerista e imprenditore Marco Voena, è la prima esposizione dell’artista in Svizzera che non abbia fini commerciali.

«Non sono mai stato a St Moritz. Ma so dove ogni opera è posizionata. È come quando giocavo a Tomb Raider nei primi tempi, e poi sono andato davvero in una piazza di Venezia e l’ho riconosciuto dal videogioco», ha spiegato al Guardian, commentando le modalità con cui è stata allestita la mostra, interamente da remoto. L’esposizione si chiama Mental Escapology, e Hirst si è divertito a dirigere la sua creazione su FaceTime, ossessionato dalle altezze e dai posizionamenti delle opere ovunque per la città, osservando con ansia il team scelto che lottava per installare “Praying Monk” nel mezzo di un lago prima che si congelasse. «Mi piace quando le persone amano la mia arte. Mi piace quando lo odiano. Non voglio che la ignorino», ha aggiunto.

via Mental Escapology
via Mental Escapology
via Mental Escapology

L’esposizione diffusa dedicata al pittore e scultore si appoggerà a quattro sedi diverse di St Moritz, ed è curata dal direttore artistico Jason Beard, già suo collaboratore, comprendendo in tutto 40 opere che stanno invadendo la città nei suoi ambienti esterni, come il lago, e interni. Tra questi ci sono il Forum Paracelsus, che ospita gli animali in formaldeide della serie “Natural History” e il dipinto “Surgical Tools for Caesarean”, e la chiesa evangelica del patrono della città, dove sono allestiti i simbolici “Kaleidoscope Paintings”. Incalzato dalle domande del giornalista del Guardian, Hirst ha continuato: «Ho perso di vista dove io sia posizionato nel mondo dell’arte. Guardo le persone attraverso le finestre delle gallerie in cui espongo le mie opere, non so chi cazzo siano, bevono vino e mangiano formaggio. Io vorrei fare come Banksy, nel senso Jay [Jopling, il suo mercante, ndr] mi ha detto che lui non è importante nel mondo dell’arte. Ho detto, ok, ma è importante nel mondo». La mostra sarà visitabile fino al 24 marzo, anche online: qui.