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Scene da un matrimonio fa male come l’originale

La nuova miniserie di Hagai Levi basata su quella omonima diretta da Ingmar Bergman nel 1973 e poi trasformata in film, è in arrivo da oggi su Sky e Now.

di Corinne Corci

Da Scene da un matrimonio, di Hagai Levi, dal 20 settembre su Sky e Now

Il primo motivo per guardare Scene da un matrimonio, la nuova serie di Hagai Levi (In Treatment, The Affair) ispirata a quella omonima svedese diretta da Ingmar Bergman nel 1973 e da questa sera su Sky e Now, ce lo hanno fornito gli stessi interpreti, Jessica Chastain e Oscar Isaac, molto prima che arrivasse Scene da un matrimonio. Quando due settimane fa, alla presentazione della miniserie in 5 puntate di Hbo sul tappeto rosso di Venezia, posando per i fotografi lui ha annusato, baciato, morso (?) o comunque infilato tutta la faccia nel braccio sinistro di lei (dall’alto e poi a scendere, atterrando in quella fossetta nella parte interna dell’avambraccio chiamata romanticamente “semilunare”), e lei l’ha scostato, si sono guardati, offrendoci un siparietto che è stato piuttosto difficile da dimenticare per i giorni successivi e la cognizione che esista una zona erogena tra l’omero e il radio. Tra le ragioni per guardare la nuova serie c’è però soprattutto la curiosità di scoprire come Levi, già affine ai drammi di infedeltà e riconciliazioni con The Affair, abbia rimodellato un tema tra i più abusati degli ultimi anni: quello dell’amore e della guerra, all’interno di un matrimonio in declino.

Chastain e Isaac sono Mira e Jonathan, lei è un pezzo grosso del tech, lui è un professore del dipartimento di Filosofia alla Tufts. Insieme, con la loro bambina, formano una coppia di Boston perfetta all’esterno e dilaniata all’interno, in cui ribollono rancori e insicurezze dovuti alle disparità professionali e al fatto che non riescono più a desiderarsi. Come i personaggi interpretati da Liv Ullmann ed Erland Josephson nell’originale, sono bianchi, bellissimi e borghesi e nonostante abbiano “tutto”, proprio come i due di Bergman, sono arrivati a distruggersi. Ma come si rende interessante una storia che dal 1973 è rimasta quasi invariata? Se già con Scene da un matrimonio Bergman si trovava in un crocevia di influenze, innanzitutto Strindberg e Cechov, ridirigerlo ora significa infatti fare i conti inevitabilmente con oltre 40 anni di serie e di film che vanno da Woody Allen alla trilogia Before di Richard Linklater, da Master of None a Blue Valentine, poi Kramer contro Kramer, Una separazioneMarriage Story.

La soluzione di Levi è di non modificare praticamente niente. Per questo non è necessario aver rivisto Scene da un matrimonio nel suo formato televisivo o nella sua contrazione cinematografica da quasi 3 ore (per chi volesse, si trova su Amazon Prime), anche se proprio la familiarità con Bergman consentirà di notare quanto poco Levi abbia cambiato di quella storia che è ancora difficilissima da guardare e da sopportare a distanza di anni, considerando che già dal primo episodio emerge la tortura psicologica che deriva dall’amare e poi dall’odiare troppo qualcuno. Perché è vero che tutte le famiglie felici si somigliano, ma si somigliano anche le famiglie infelici, e pure i matrimoni infelici in cui nonostante la particolarità delle circostanze (il nuovo Scene da un matrimonio è ambientato ai nostri giorni e i ruoli di Mira e Jonathan sono capovolti rispetto a quelli mostrati da Bergman, con lui sempre in casa e lei più assente), e delle cause della fine (le loro non le spoileriamo), affondano le radici in un materiale comune: il nostro analfabetismo sentimentale, come dice Johan nel capitolo più bello e intenso della versione svedese, “Gli analfabeti”, quando dopo aver firmato le carte del divorzio e prima di aver scopato sul pavimento, spiega a Marianne che «ci hanno insegnato tutto, ma non ci hanno insegnato una sola parola sulla nostra anima».

Nel nuovo Scene da un matrimonio Isaac e Chastain sono straordinari (avevano già interpretato una coppia in 1981: Indagine a New York, ora lei è perfetta in ogni nuovo film in cui recita come in The Eyes of Tammy Faye, lui è praticamente nei migliori film che vedremo al cinema, da Dune a Il collezionista di carte, forse questo è l’anno per entrambi), così come lo è la fotografia e l’attenzione ai dettagli nella struttura della casa. C’è anche una novità: gli episodi iniziano con un dispositivo di distanza, seguendo Chastain o Isaac attraverso il caos dietro le quinte, guardandoli mentre si sistemano in posizione e attendono che Levi dica “Azione”. Come a ricordarci che non solo stiamo guardando una serie basata su una serie precedente, ma che stiamo guardando scene che raccolgono tutti i potenziali problemi di una coppia. Che è tutto irreale, esagerato e che questo quindi è solo teatro. Forse.