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Sanremo è come il Pd, cerca di unire mille anime ma non ci riesce

La benedizione di Benigni e Mattarella, Ferragni commossa da se stessa, Blanco in preda a una crisi isterica e le altre cose da ricordare (o dimenticare) della prima serata del festival della canzone italiana.

di Lorenzo Camerini

È tornato Sanremo, settimana di tregua per una nazione che sembra non stancarsi mai di litigare, perennemente sull’orlo di una crisi di nervi. Armistizio, mettiamo da parte le polemiche, i rave, gli anarchici, il ministro Sangiuliano, le concessioni balneari, la guerra, l’inflazione e trasferiamoci tutti in riviera. O meglio, continuiamo pure a far polemica, ma in un contesto che disinnesca e ridicolizza tutto, dove ai discorsi di Zelensky serve il timbro di garanzia del cda Rai. È Sanremo, commedia dell’arte contemporanea e popolare, il nostro Superbowl, ci sono anche le pubblicità inedite con Marracash e Zerocalcare.

I tempi stanno cambiando, lo sappiamo, non è più il Sanremo democristiano di quando eravamo piccoli. Giò di Tonno e Lola Ponce, Marco Carta e Annalisa Minetti sono stati rimpiazzati da Mahmood, Blanco e i Maneskin, efficacissima operazione simpatia. Amadeus ci ha traghettato nel futuro, siamo nell’era dello streaming e delle visualizzazioni. C’è anche un risvolto politico. Si pensava, leggendo la lista dei artisti in gara, che questo Sanremo potesse trasformarsi nella riscossa per gli elettori di sinistra, umiliati alle urne e senza bussola per affrontare questi cinque lunghissimi anni all’opposizione. D’altronde, la maggior parte dei cantanti ha il cuore a sinistra, e non ha problemi a dirlo. Egemonia culturale. Guardiamo solo alla prima serata: Ariete canta l’amore per una ragazza, e nelle interviste racconta della transizione di genere del fratello. Mengoni nei primi giorni del governo Meloni non le ha mandate a dire: “Spero non si regredisca su temi come i diritti, la libertà della donna di fare del corpo ciò che vuole. Se cambiano queste cose mi incazzo e scendo in piazza pure io”. Elodie sui social ha manifestato preoccupazione per il programma elettorale di Fratelli d’Italia. Il papà di Leo Gassman è attivissimo su Twitter, dove non nasconde le sue idee progressiste. Mi rifiuto di credere che i Colla Zio, con quel nome e quelle facce lì, votino troppo a destra. Un mio amico che ha lavorato con gIANMARIA mi ha assicurato che è un compagno. I Coma_Cose hanno partecipato a un podcast con Beppe Sala. Forse aveva ragione Anna Oxa, esclusa da Sanremo 2013 per (presunti) motivi politici, quando diceva – ospitata in un podcast di Platinette – che Sanremo ormai “è diventato il concertone del Primo Maggio”, e infatti Oxa è arrivata ultima nella classifica parziale della prima serata.

Un festival di sinistra, dunque, l’inizio di una nuova agenda politica, con la benedizione di Benigni e Mattarella, che monopolizzano i primi venti minuti di trasmissione. La costituzione, il senso dello stato, le istituzioni, Morandi che canta l’inno. Che chic, sembra di essere alla Scala. Altro che il congresso del PD, con i suoi candidati insipidi e i suoi auditorium semivuoti. In realtà, poi, inizia lo spettacolo e ci ritroviamo mestamente su Rai1. Chi si aspettava azioni eclatanti e simboliche è rimasto deluso. Diplomazia, dialogo e angoli smussati. Niente illusioni, è un governo di larghe intese, l’obiettivo è accontentare tutti: l’unica forma di attivismo sul palco è la scritta sul retro dell’abito di Chiara Ferragni, “pensati libera”, il massimo della trasgressione è Piero Pelù in pantaloni aderenti di pelle nera e la scena se la prendono i Pooh con un medley di vecchi successi. La saldatura fra il festival e gli anarchici è fragilissima. C’è quasi nostalgia di Achille Lauro. Sanremo ha lo stesso difetto del PD: cerca di unire mille anime, e alla fine scontenta tutti.

Chiara Ferragni, dicevamo. Attesissima, Amadeus si fa prendere la mano e la definisce “persona più influente nel mondo della moda”. Lei con la sua inconfondibile dizione ci informa che tutto è stupendo e bellissimo, anche se lei è agitatissima e emozionatissima, ma per fortuna i suoi compagni di viaggio sono carinissimi e bravissimi. La sua transizione da telefono a televisione scorre liscia fino al momento del monologo, ormai di rigore. Scritto tutto da lei, ci tengono a dircelo. È una lettera della Chiara di oggi alla Chiara bambina, con delicatissimo accompagnamento musicale. Qualche spezzone del suo discorso: sei abbastanza. Lo sei sempre stata. Sei brava, bella, intelligente. Le sfide più importanti sono sempre nella nostra mente con noi stessi. Goditi i momenti difficili, fanno parte del percorso. Un amico mi ha detto: nessuno fa la fila per le montagne russe piatte. Vivi la vita al massimo, sempre. Abbiamo tutti la scritta fragile sulla nostra pelle. Non sminuirti mai di fronte a nessuno. Essere una donna non è un limite. Ferragni finisce piangendo, e si dice: sono fiera di te. Applausi, apoteosi. Non ci si stupisce, poi, se Blanco, pochi minuti dopo aver ascoltato queste considerazioni, si presenta sul palco in preda a una crisi isterica e interrompe a metà la sua esibizione per distruggere la scenografia a calci. Amadeus gestisce l’imprevisto con savoir-fare, per i retroscena aspettiamo le chiacchiere di corridoio dei prossimi giorni. Sorge spontanea una riflessione: un anno da ospite d’onore alle feste della moda a Milano non è stato un toccasana per la salute di Blanco.

Ma che riscossa di sinistra, è un polpettone di larghe intese. Un minestrone con ingredienti tagliati alla buona, e bilanciati per venire incontro a tutti i gusti. Non dimentichiamolo, ci sarebbe anche la musica. Appunti sparsi qua e là. Nota di merito all’aiutante del conduttore, Morandi è un fuoriclasse. Ha scritto cinquecento quarantadue canzoni nella sua carriera e suona un medley chitarra e voce delle cinque peggiori che vale più del repertorio di molti artisti in concorso. Il favorito Mengoni, vestito di pelle nera, ci comunica che in postumi di sbronza beve caffè con limone, i Cugini di Campagna con le tastiere a tracolla e le zeppe, Ultimo boro tatuato con la canottiera nera, la seduta di terapia di coppia dei Coma_Cose, gIANMARIA è il Justin Bieber italiano, Mr Rain ha guardato il festival l’anno scorso e propone una specie di Brividi rifatta dal coro dei bambini dell’oratorio di Voghera, Grignani è uscito dalla fase Johnny Depp per entrare nel periodo Ozzy Osbourne, Salmo fuori concorso in collegamento dalla crociera rompe un microfono da duemilacinquecento euro buttandosi di pancia in piscina. Al primo ascolto, dopo metà delle canzoni in gara, manca la hit. Chissà se Mattarella si ripresenterà domani.

Ci piace tanto parlarne male, del nostro Sanremo, l’unico evento collettivo, insieme alle partite di calcio, sopravvissuto alla morte della televisione. Però alla fine un’occhiatina la buttiamo sempre. C’è quel sentimento da ottavi di finale dei mondiali, ci cascano anche i più cinici. La mia fidanzata, per esempio, ha passato tutta la sera a fare altro, indifferente. Fino a quando Amadeus, Gianni Morandi e Chiara Ferragni, verso l’una di notte, si sono seduti disinvolti sulle scale dell’Ariston e hanno lanciato un karaoke sulle note di Battisti. Il mio canto libero. Come si fa resistere? Su le mani, Italia, tanto questa la conosciamo tutti, si è unita anche lei. Manca, per ora, una canzone memorabile, la sceneggiata di Blanco ha rubato la scena, ma c’è grande attesa per la seconda serata, e poi arriveranno gli ospiti stranieri.