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Salvini, la destra e l’Europa

Le prospettive e le alleanze possibili del leader della Lega sia in Italia che nel Vecchio continente da qui alle elezioni di maggio.

di Francesco Maselli

Un'immagine della visita di Matteo Salvini in Polonia, 9 gennaio 2019 (JANEK SKARZYNSKI/AFP/Getty Images)

Matteo Salvini ha ormai raggiunto il principale obiettivo politico della sua segreteria: diventare il leader del partito egemone del centrodestra italiano. Senza un rivale in grado di contendergli la leadership, sia all’interno del suo partito che nella coalizione con Forza Italia e Fratelli d’Italia, si trova di fronte a una scelta non neutra per il futuro del suo progetto politico. Continuerà a indossare felpe, divise di polizia e vigili del fuoco, fare il deejay al Papeete beach di Milano Marittima, completando l’operazione di bolsonarizzazione del centrodestra oppure, seppur mantenendo dei tratti populisti ormai irrinunciabili, imboccherà una strada più moderata per rendersi credibile anche agli occhi dell’elettorato che ha sempre votato per Silvio Berlusconi?

Per Lorenzo Pregliasco, sondaggista, fondatore e direttore di Youtrend, la seconda ipotesi è quella più probabile, perché «il blocco di centrodestra in Italia non è strutturalmente maggioritario ma quasi. Se Salvini vuole diventare il leader di tutta questa area ha interesse a rappresentarla in modo diverso da come ha fatto finora». L’appuntamento elettorale più importante del 2019 è quello delle elezioni europee, che negli ultimi anni hanno contribuito a consacrare e legittimare politicamente nuove leadership, come quella di Matteo Renzi nel 2014, sospinta dal celebre 40,8% dopo i primi mesi di governo. Pregliasco tuttavia non è convinto che siano proprio le elezioni europee il miglior test per la leadership di Salvini: «I risultati delle elezioni europee sono tradizionalmente strani e atipici, difficilmente segnalano tendenze di lungo periodo». Secondo il sondaggista è più interessante guardare i risultati delle prossime elezioni regionali, in particolare quelle in Abruzzo ed Emilia Romagna. Il centrodestra continuerà a presentarsi unito a questi appuntamenti elettorali: Salvini dovesse arrivare primo alle europee sarebbe di certo un segnale, ma il vero colpo, anche psicologico, sarebbe la conquista di una regione storicamente rossa come l’Emilia Romagna.

Quanto sono attendibili i sondaggi che stimano la Lega al di sopra del 30 per cento? Per Alessandro da Rold, giornalista de La Verità e autore di Lega Spa, il rischio che la Lega possa essere sovrastimata esiste: «Lo stesso Carroccio non è convinto che raddoppiare i voti raccolti alle ultime elezioni politiche sia così scontato». Le elezioni europee non saranno forse troppo attendibili per misurare la forza elettorale leghista nel medio periodo, ma potrebbero dare delle indicazioni interessanti sul suo posizionamento politico a livello europeo. Appare chiaro che il sistema dell’europarlamento, dominato finora dal duopolio Popolari-Socialisti, subirà una brusca sterzata, molto probabilmente a destra. Manfred Weber, tedesco, membro della Csu, l’alleato bavarese dei cristianodemocratici, e candidato del Partito popolare alla presidenza della Commissione europea, si è mostrato cosciente del cambiamento in atto e, intervistato dalla Stampa lo scorso settembre, ha detto esplicitamente che non ci sono pregiudiziali nei confronti di partiti come la Lega: «Dobbiamo coinvolgere Orban e Salvini. Serve un compromesso con i sovranisti». D’altronde Lorenzo Fontana, ministro della Famiglia della Lega da sempre molto impegnato nel tessere rapporti a livello europeo, ha spiegato a Libero che il suo partito e gli altri alleati a livello europeo potrebbero «dialogare con la parte migliore del Partito popolare».

Matteo Salvini “occupa” la premiazione di una gara della Coppa del Mondo di Super G vinta dall’italiano Dominik Paris il 29 dicembre 2018 a Bormio (MIGUEL MEDINA/AFP/Getty Images)

Il problema, da questo punto di vista, è che il leader leghista sta faticando a rendere il suo schieramento politico tanto competitivo da riuscire a negoziare un accordo con il Partito popolare europeo. Mercoledì scorso Salvini ha incontrato a Varsavia Jaroslaw Kaczyński, leader del partito nazionalista polacco Legge e Giustizia (PiS), proprio con l’obiettivo di ampliare gli aderenti al suo futuro gruppo parlamentare. A dimostrazione delle grandi differenze che esistono tra i vari partiti nazionalisti europei, l’incontro non è stato un gran successo: i polacchi non si fidano di chi è considerato vicino alla Russia di Vladimir Putin (Salvini lo è, così come la sua alleata più stretta, la leader del Rassemblement national Marine Le Pen), e non hanno dato indicazioni precise sulla loro possibile adesione al progetto leghista. Lo stesso Matteo Salvini, intervistato da Radio24 giovedì mattina, ha ammesso di non essere capace di «fare miracoli in dodici ore», oltre che di comprendere «le loro preoccupazioni storiche».

Il ministro dell’Interno deve fare i conti con l’ostilità di alcune figure di rilievo del Partito popolare, che non vedono di buon occhio un’alleanza con un partito come la Lega. Sebastian Kurz, cancelliere austriaco alla guida del centrodestra tradizionale e alleato con l’estrema destra, è stato categorico: «Impossibile», ha dichiarato al Financial Times. La chiusura non ha soltanto ragioni culturali e politiche, ma anche economiche, come dimostra la legge di bilancio approvata dal Parlamento austriaco: per la prima volta dal 1995 l’Austria avrà un deficit dello 0% e il suo debito pubblico continuerà a calare, dal  78,3% nel 2017  arriverà al 70,5% nel 2019.

Un approccio alla politica economica molto distante da quello del governo gialloverde: la legge di bilancio di quest’anno non sancisce soltanto un deficit oltre le regole europee per coprire l’aumento di spesa corrente che finanzierà il reddito di cittadinanza e l’abbassamento dell’età pensionabile, ma prevede anche clausole di salvaguardia Iva da stanziare nel 2020 pari a circa l’1,2 per cento del Pil (cioè pochissimi margini di politica economica per il prossimo esercizio). «Salvini e Di Maio stanno aspettando messianicamente le elezioni europee alla fine di maggio perché sono convinti di riuscire a condizionare in maniera significativa la scelta della prossima Commissione europea. L’obiettivo è chiedere una sorta di liberi tutti per trasformare le clausole di salvaguardia in deficit aggiuntivo», spiega a Studio l’economista Mario Seminerio, «il problema è che le forze nazionaliste che probabilmente si imporranno in Europa, in particolare quelle dell’Europa dell’est con cui Salvini vorrebbe allearsi, non solo non sostengono affatto delle politiche lassiste dal punto di vista della finanza pubblica. Al contrario». In più, secondo Seminerio, il governo dovrà affrontare dei mesi complicati sui mercati finanziari: «Siamo all’inizio dell’anno, con la legge di bilancio approvata da una settimana e abbiamo lo spread a 270 punti base. Ciò vuol dire che non abbiamo affatto rassicurato gli investitori, anzi. Il nostro governo è un interessante caso di sovranismo provinciale: crede di poter prescindere dal contesto, quando è evidente che la nostra economia è permeabile ai condizionamenti esterni. E il nostro contesto è quello di Stati europei che non si fidano gli uni degli altri, soprattutto sulle politiche fiscali, e grandi potenze mondiali che minacciano in continuazione una stretta protezionista ai commerci». Insomma, la piccola Italia sovranista potrebbe, insieme all’Europa, finire stritolata nella sfida commerciale tra Cina e Stati Uniti.