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02:33 venerdì 28 novembre 2025
Dopo quasi 10 anni di attesa finalmente possiamo vedere le prime immagini di Dead Man’s Wire, il nuovo film di Gus Van Sant Presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, è il film che segna il ritorno alla regia di Van Sant dopo una pausa lunga 7 anni.
Un esperimento sulla metro di Milano ha dimostrato che le persone sono più disponibili a cedere il posto agli anziani se nel vagone è presente un uomo vestito da Batman Non è uno scherzo ma una vera ricerca dell'Università Cattolica, le cui conclusioni sono già state ribattezzate "effetto Batman".
Secondo una ricerca dell’università di Cambridge l’adolescenza non finisce a 18 anni ma dura fino ai 30 e oltre Secondo nuove analisi neuroscientifiche, la piena maturità cerebrale degli adulti arriva molto dopo la maggiore età.
I fratelli Duffer hanno spiegato come settare la tv per guardare al meglio l’ultima stagione di Stranger Things I creatori della serie hanno invitato i fan a disattivare tutte le “funzioni spazzatura” delle moderne tv che compromettono l'estetica anni '80 di Stranger Things.
L’incendio di Hong Kong potrebbe essere stato causato dalle tradizionali impalcature in bambù usate nell’edilizia della città Le vittime accertate sono 55, ci sono molti dispersi e feriti gravi. Sembra che il rogo sia stato accelerato dal bambù usato nei lavori di ristrutturazione.
L’Onu ha definito Gaza «un abisso» e ha detto che ci vorranno almeno 70 miliardi per ricostruirla Quasi sicuramente questa cifra non sarà sufficiente e in ogni caso ci vorranno decenni per ricostruire la Striscia.
Anche quest’anno in Russia è uscito il calendario ufficiale di Vladimir Putin Anche nel 2026 i russi potranno lasciarsi ispirare dalle foto e dalle riflessioni del loro presidente, contenute nel suo calendario
Sarkozy è stato in carcere solo 20 giorni ma dall’esperienza è riuscito comunque a trarre un memoir di 216 pagine Il libro dell’ex presidente francese sulla sua carcerazione lampo a La Santé ha già trovato un editore e verrà presto pubblicato.

Come Ralph Lauren è diventato uno dei marchi più rubati di sempre

17 Ottobre 2016

Negli anni Ottanta a Brooklyn tutti vestivano Lee e Nike, ma era soprattutto un altro marchio a essere il più ambito del borough newyorkese: Polo Ralph Lauren. Era un simbolo associato alla classe medio-alta, ben educata, preppy, e comunicava uno stile da Upper East Side, Ivy league, scuole private, lezioni di golf e tennis. Come racconta il Guardian, era anche il brand di abbigliamento più rubato: a metà degli anni Ottanta c’erano infatti due gruppi di Brooklyn che terrorizzavano i grandi magazzini di Manhattan – come Bloomingdales e Barneys – per fare razzia di abiti Ralph Lauren: la United Shoplifters Association e Ralphie’s Kids.

Addirittura, dopo i “colpi” le due gang si derubavano a vicenda. Le schermaglie sono andate avanti fino a un giorno del 1988, quando le due sigle hanno deciso di incontrarsi a Times Square per fondare un’unica associazione: Lo Life. «Arriviamo tutti da famiglie disfunzionali. Io sono cresciuto in una casa popolare e i miei genitori erano tossicodipendenti: non avevamo né lavoro né soldi» dice al quotidiano inglese Thirstin Howl III, uno dei primi Lo Lifers.

Ralph Lauren

«In quel periodo la cultura hip hop stava iniziando a mescolarsi con la moda» dice Tom Gould, un fotografo neozelandese che ha iniziato a interessarsi alla gang nel 2010. La musica era diventata un veicolo: rapper come Raekwon e Grand Puba diventavano famosi, e con loro i marchi che indossavano. Nel 2009 Thirstin Howl III ha incontrato Gould, e insieme hanno deciso di pubblicare Bury Me With the Lo On, un libro sulla relazione socioeconomica tra i neri di New York e il marchio Ralph Lauren: «Le persone credono erroneamente che fossimo conosciuti solo per la Polo. In realtà rubavamo di tutto, ma quella era la marca legata allo stato sociale più alto, sapeva di ricchezza. Le persone potevano venire a rubarti in casa e spararti per avere una maglia» racconta Howl.

La tuta da sci del marchio era diventato l’oggetto più ricercato: gli era stato affibbiato il nome di “suicide jacket”: in parte perché veniva utilizzato per sciare fuoripista, ma – soprattutto – perché le gang newyorkesi avrebbero letteralmente ucciso per averlo. «Mi hanno sparato ed accoltellato per questo motivo, ma è successo a tutti» spiega Howl. 

Immagini: Getty Images e Thirstin Howl III
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