L'algoritmo ci ha trasformati in tossici da post e reaction, senza volontà, creatività e azione politica. Esiste un modo per disintossicarsi?
Secondo una ricerca, nel 2025 abbiamo passato online più tempo che durante i lockdown
Oramai i "vizi" presi durante la pandemia sono diventati abitudini: ogni giorno passiamo online tra le quattro e le sei ore.
Stare davanti a uno schermo, al pc o su smartphone, è un’abitudine alle quale dedichiamo stabilmente dalle quattro alle sei ore ogni giorno: un dato addirittura in crescita rispetto al periodo della pandemia e dei lockdown. L’Ofcom, l’equivalente britannico della nostra Agcom, ha rilevato che nel 2025 gli adulti nel Regno Unito hanno passato in media quattro ore e mezza al giorno online, circa mezz’ora in più rispetto ai livelli raggiunti durante i lockdown. La ricerca, come si legge su Bbc, indica che oltre metà di questo tempo è speso sui social e sulle app di messaggistica: YouTube, WhatsApp e Facebook sono le destinazioni principali. Il rapporto registra anche un lieve aumento rispetto al 2024.
Il dato britannico arriva in un contesto in cui la presenza online non è più eccezione ma routine. Il “tempo digitale” ingloba comunicazione, intrattenimento, lavoro e informazione, ridefinendo i confini tra vita privata e pubblica. Il dato più interessante che emerge dalla ricerca è la normalizzazione di abitudini nate in una fase emergenziale, ora stabilizzate e integrate nella vita quotidiana. Questo spiega perché istituzioni e ricercatori guardino al fenomeno come a un fenomeno socioculturale, non solo tecnologico: la misura del tempo online diventa un segnale di come si redistribuisce l’attenzione collettiva e di come cambia il nostro modo di “consumare” i media.
In Italia si osserva una traiettoria leggermente diversa, pur confermandosi anche nel nostro Paese il trend di una presenza online sempre più assidua: secondo quanto emerso dall’ultimo rapporto Censis 2025, il 46,1 per cento degli italiani tra i 16 e i 64 anni trascorre più di quattro ore al giorno online per motivi non lavorativi, quota che sale al 64,5 per cento tra i 16 e 17enni. Cresce anche la presenza online degli anziani, che hanno mantenuto le abitudini digitali acquisite durante la pandemia. I social la fanno da padrone anche in Italia: secondo il Censis le piattaforme più popolari sono Instagram (78,1 per cento), YouTube (77,6 per cento) e TikTok (64,2 per cento). L’Italia però ha diverso equilibrio tra media digitali e tradizionali rispetto al Regno Unito, in un ecosistema ibrido in cui la connessione continua non sostituisce del tutto le pratiche preesistenti. La televisione, per esempio, rimane la regina dei media (il 94,1 per cento degli italiani la guarda abitualmente) e il telegiornale resta il metodo preferito dagli italiani per informarsi.
Nati negli Stati Uniti e arrivati adesso anche in Europa, a quanto pare sono un efficace (e soprattutto gratuito) strumento di gestione dello stress.
Parole come narcisista, codipendenza e neurodivergente fanno ormai parte del linguaggio comune. Ma spesso le usiamo senza capirle davvero e il loro abuso sta contribuendo al peggioramento della salute mentale di tutti.