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Anche il Vaticano ha recensito entusiasticamente il nuovo album di Rosalía José Tolentino de Mendonça, prefetto per il Dicastero per la Cultura e l’educazione del Vaticano, ha definito Lux «una risposta a un bisogno profondo nella cultura contemporanea».
La nuova funzione di geolocalizzazione di X si sta rivelando un serio problema per i politici Non è facile spiegare come mai i più entusiasti sostenitori di Donald Trump postino dall'India o dalla Nigeria, per esempio.
Gli Oasis hanno detto che adesso che il reunion tour è finito si prenderanno una pausa di riflessione Ovviamente, sono già partite le indiscrezioni: si separano di nuovo? Faranno un nuovo tour? Stanno lavorando a un nuovo album?
Il Grande Museo Egizio di Giza ha appena aperto ma ha già un grave problema di overtourism A nulla è servito il limite di 20 mila biglietti disponibili al giorno: i turisti sono già troppi e il Museo adesso deve trovare una soluzione.
È morto Jimmy Cliff, l’uomo che ha fatto scoprire il reggae al mondo Aveva 81 anni e senza di lui non sarebbe esistito il reggae per come lo conosciamo oggi. Anche Bob Marley deve a lui il suo successo.
Gli elettori di Ompundja, Namibia, sono così contenti del consigliere regionale Adolf Hitler Uunona che lo rieleggeranno Si vota il 26 novembre e il politico dallo sfortunato nome è praticamente certo di essere rieletto nel consiglio regionale dell'Oshana.
Edoardo e Angelo Zegna: la quarta generazione della famiglia Zegna diventa Co-Ceo del brand Ermenegildo Zegna, nipote del fondatore del marchio, si sofferma sull'importanza come leader del guardare avanti impegnandosi a formare la prossima generazione di leadership
Dopo la vittoria del Booker, le vendite di Nella carne di David Szalay sono aumentate del 1400 per cento  Nel gergo dell'industria letteraria si parla ormai di Booker bounce, una sorta di garanzia di successo commerciale per chi vince il premio.

Perché la democrazia italiana è in mano al Presidente

Breve storia di come il ruolo del capo dello Stato è diventato sempre più importante, con la crisi dei partiti.

19 Marzo 2018

Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato, rappresenta l’unità nazionale ed è un organo costituzionale di garanzia. Dietro questa definizione, piuttosto vaga, buona per l’esordio di un esame di diritto costituzionale, si nasconde una convinzione abbastanza diffusa, per cui il Presidente della Repubblica sarebbe una figura di rappresentanza. Discorsi di fine anno, commemorazioni e via dicendo. Basta avere seguito la politica italiana degli ultimi anni, però, per sapere che non è così. In un sistema con maggioranze parlamentari solide, il ruolo del Presidente è contenuto. Quando il parlamentarismo e il sistema dei partiti si indeboliscono, invece, i poteri del Presidente si espandono, diventando decisivi nei periodi di crisi. Nel caso non ve ne foste accorti, questo è uno di quei momenti.

Le attribuzioni presidenziali sono indicate in Costituzione, negli articoli dall’83 al 91 e tra queste: nomina il Presidente del Consiglio, scioglie le Camere, promulga le leggi, nomina i Senatori a vita, indice le elezioni, nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri, presiede il Consiglio Superiore della Magistratura e il Consiglio Supremo di Difesa. La carica dura sette anni, un tempo superiore a quello di una legislatura per slegarlo dalle maggioranze politiche che l’hanno eletto. Ma il fatto che sia super partes non significa che non possa esercitare un ruolo profondamente politico, e quello che sembra vago nella definizione del suo ruolo è lo spazio esistente tra i poteri codificati e quelli non codificati. È un potere neutro, ma non è neutralizzato. Soprattutto, si diceva, è un potere che diventa decisivo nei periodi di crisi. Le due presidenze Napolitano (2006-2015) sono state emblematiche: Napolitano ha affrontato un crisi complessa con la nomina di un governo tecnico guidato da Mario Monti, e ha condizionato la sua rielezione a un programma di riforma costituzionale.

Ogni presidente, nel corso della storia repubblicana, ha interpretato in modo diverso il proprio ruolo. I presidenti della prima repubblica, da De Nicola a Einaudi, passando per Segni, Saragat, Gronchi, esercitarono i loro poteri cercando di incidere nell’agenda dei partiti, che però erano dotati di una notevole forza politica. L’espansione dei poteri presidenziali si è manifestata con i primi segni di crisi della democrazia parlamentare: un momento decisivo di questa evoluzione è il passaggio dalla presidenza di Giovanni Leone (1971 – 1978) a quella di Sandro Pertini. Leone si dimette nel giugno 1978: Aldo Moro è stato appena ucciso dalle Brigate Rosse, l’attacco alla democrazia è pesantissimo, e gli scandali di cui lo accusano hanno assestato un colpo all’istituzione presidenziale. Serve una figura in grado di restituire fiducia e puntellare le istituzioni. Le forze politiche convergono su Sandro Pertini (1978-1985), socialista, eroe della Resistenza. La presidenza Pertini è una svolta nell’interpretazione del ruolo. Pertini usa autorevolezza e umanità per ritrovare un contatto diretto con l’opinione pubblica, e ne ricava una legittimazione popolare. Pertini svolge un ruolo profondamente politico anche attraverso le sue esternazioni, per tenere insieme un paese che attraversa una crisi profonda. Le accuse di avere dato un’impronta presidenziale al sistema costituzionale sono smentite dal contributo dato, con la sua popolarità, a restituire un minimo di fiducia nel sistema politico dopo le fibrillazioni degli anni di piombo.

presidente mattarella

Dopo Pertini è il turno di Francesco Cossiga (1985-1992). Rientrato in politica dopo essersene allontanato in seguito alla morte di Moro, Cossiga viene eletto a soli cinquantasette anni; le forze parlamentari si aspettavano da lui un’interpretazione rigorosa del ruolo presidenziale dopo la presidenza Pertini. Fu così solo all’inizio: nel 1989 cade il muro di Berlino e Cossiga si trasfigura nel picconatore. Si scopre l’esistenza di Gladio, iniziano le esternazioni contro il sistema, che condussero alcuni partiti a chiederne la messa in stato d’accusa. Al terrorismo seguono le stragi di mafia, e cinque giorni dopo la strage di Capaci viene eletto Oscar Luigi Scalfaro. La presidenza Scalfaro (1992-1999) sarà caratterizzata da uno scontro costante con il vincitore delle elezioni – il primo Berlusconi – in un sistema ormai apertamente bipolare. Scalfaro nomina il governo Amato in piena Tangentopoli (e si rifiuta di firmare il decreto-legge che prevedeva la depenalizzazione del finanziamento illecito ai partiti), e il governo Ciampi praticamente senza consultare i partiti, assumendo un ruolo di “pilota” della crisi e non quello di semplice garante. Tenuto a battesimo il primo governo Berlusconi, esercita con la massima ampiezza i suoi poteri per proteggere l’ortodossia costituzionale, inviando al presidente incaricato una lettera, in cui lo richiama al rispetto di alcuni principi costituzionali, in nome del suo ruolo di garante. Lo scontro esploderà con le dimissioni del primo governo Berlusconi: Scalfaro si rifiuta di sciogliere le Camere e affida l’incarico a Lamberto Dini, che trova in Parlamento una maggioranza diversa rispetto a quella vittoriosa alle elezioni, con una rigorosa – e corretta – applicazione del dettato costituzionale parlamentare. È quello che Berlusconi chiamerà il “ribaltone”, individuando nel Presidente della Repubblica un avversario e non più un garante.

Anche la presidenza di Carlo Azeglio Ciampi (1999-2006) sarà caratterizzata da una difficile coabitazione con Berlusconi. Secondo Giuseppe Mammarella e Paolo Cacace, autori del libro Il Quirinale (ed.Laterza), Ciampi esercita un vero e proprio contro-potere rispetto al governo in carica, usando in modo massiccio la “moral suasion”, un’attività più o meno carsica con cui prevenire scontri diretti con l’esecutivo, suggerendo modifiche e cambi di rotta al governo in carica. Ciampi però entrò in collisione con Berlusconi e il suo governo sulla riforma della giustizia firmata da Castelli – rinviata alle Camere per palese incostituzionalità – e su quella costituzionale, poi bocciata dal referendum del 2006. Lo scontro si formalizza il 23 luglio 2003, quando il Presidente invia il suo unico messaggio alle camere su pluralismo e imparzialità dell’informazione, affondando il colpo sul conflitto di interessi.

L’idea di un Presidente della Repubblica che non imprime un indirizzo politico è insomma infondata. Il ruolo del Presidente non è definito con precisione dalla Costituzione e ogni Presidente eletto lo interpreta secondo la propria personalità e il contesto politico in cui si trova a svolgerlo, ma sempre nei limiti costituzionali. Il potere si muove in vasi comunicanti, e i vuoti non sono consentiti: con maggioranze stabili e governi che funzionano i poteri del Presidente si ritirano, ma è nella gestione delle crisi che i poteri presidenziali diventano più incisivi.

Il 23 marzo, questo venerdì, si insedieranno i rami del nuovo Parlamento, che dovranno eleggere i presidenti di Camera e Senato; inizieranno le consultazioni e poi il presidente Mattarella deciderà a chi affidare l’incarico di formare il governo, alla ricerca di una maggioranza parlamentare che sembra impossibile. Le scelte presidenziali e l’uso di prerogative e poteri incideranno sugli esiti della legislatura. Le elezioni non hanno avuto un esito risolutivo e nessuno può dire di avere una maggioranza certa. È una situazione complicata. Una di quelle in cui si misurano le Presidenze, e che dovrebbe farci scoprire che presidente sarà Sergio Mattarella.

Foto Getty
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