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21:04 lunedì 10 novembre 2025
Dopo il flop di Megalopolis, Francis Ford Coppola è così indebitato che ha dovuto mettere in vendita la sua isola caraibica privata Dopo un orologio da un milione di dollari, Coppola è stato costretto a rinunciare anche all'isola caraibica di Coral Caye, suo ritiro estivo.
Si è scoperto che il Fedora Man, l’elegantissimo uomo fotografato il giorno della rapina al Louvre, è un 15enne che si veste sempre elegantissimo Non un giornalista né un detective né un cosplayer né un buontempone: Elias Garzon Delvaux è solo un ragazzo a cui piace vestire elegante e visitare musei.
Lo scandalo che ha portato alle dimissioni dei capi della Bbc ricorda molto la trama di The Newsroom 2 di Aaron Sorkin Il video manipolato di un discorso di Donald Trump ha portato alle dimissioni del direttore generale Tim Davie e della Head of News Deborah Turness.
Alla COP30 non ci saranno i leader di Stati Uniti, Cina e India, cioè dei tre Paesi che inquinano di più al mondo Alla Conferenza sul clima di Belém, in Brasile non ci saranno né Trump né Xi né Modi: la loro assenza, ovviamente, è un messaggio politico.
Un imprenditore ha speso un milione di dollari per promuovere una collana AI a New York e tutte le sue pubblicità sono state vandalizzate Avi Schiffman voleva far conoscere il suo prodotto ai newyorchesi. Che gli hanno fatto sapere di non essere interessati all'amicizia con l'AI.
Stranger Things sta per finire ma ricomincerà subito, visto che Netflix ha già pronto lo spin-off animato S’intitola Tales From ’85 ed espande la storia ufficiale tra la seconda e la terza stagione, riprendendone i personaggi in versione animata.
Gli azionisti di Tesla hanno entusiasticamente approvato un pagamento da un bilione di dollari a Elon Musk  Se Musk raggiungerà gli obiettivi che l'azienda si è prefissata, diventerà il primo trillionaire della storia incassando questo compenso da mille miliardi.
Nel primo trailer de La Grazia di Paolo Sorrentino si capisce perché Toni Servillo con questa interpretazione ha vinto la Coppa Volpi a Venezia Arriverà nella sale cinematografiche italiane il 15 gennaio 2026, dopo aver raccolto il plauso della critica alla Mostra del cinema di Venezia.

Jonathan Bazzi è l’eroe che il Premio Strega merita

Nelle fotografie dei finalisti, lo scrittore di Rozzano in Valentino, entrato in sestina con un colpo di scena, sembra un messaggero dal futuro.

10 Giugno 2020

La diretta con cui ieri si annunciava la cinquina dell’edizione 2020, la prima nella storia del premio celebrata in assenza di pubblico, sembrava una puntata di Domenica in piazza su Telemia. Non si sentiva un cazzo perché i microfoni erano troppo lontani. I tagli di capelli di tutti erano desueti. Il collegamento con Roberto Fico su Skype per annunciare il premio giovani – vinto da Daniele Mencarelli, con Tutto chiede salvezza, Mondadori – andava a scatti. E poi, improvvisamente, una visione dal futuro, o perlomeno dal presente. Lo scrittore Jonathan Bazzi in Valentino. Un miraggio in technicolor. Che diavolo ci faceva lì un trentacinquenne ben vestito, autore di un libro potente (Febbre, pubblicato da Fandango e proposto da Teresa Ciabatti: noi ne parlavamo qui), nato a Rozzano da una mamma e un papà totalmente privi di Adelphi nelle librerie dei loro salotti? Forse la stessa cosa che ci faceva Claudia Durastanti l’anno scorso, anche lei con un libro, La straniera (qui), in cui parlava di una storia vera, quella dei suoi genitori e quindi anche sua (la moda del memoir ha finalmente raggiunto il Premio Strega, con ovvio e considerevole ritardo), vestita Ferragamo. Jonathan Bazzi in Valentino, però, sembrava proprio un pesce fuor d’acqua, un messaggero dal futuro. Del complicato rapporto degli scrittori italiani con la moda, aveva già scritto Francesco Pacifico su Rivista Studio. Pare che l’unica alternativa al vestirsi male, per chi scrive libri in Italia, sia utilizzare l’abbigliamento per lanciare messaggi ideologici, come fece Paolo Cognetti con la sua lavallière, il fiocco degli anarchici, che indossò per ritirare il primo premio per Le otto montagne.

Come aveva scritto qui Francesco Longo, nella cinquina dello Strega ci sono sempre gli stessi ruoli: la Star, l’Accademico, l’Alieno, lo Scrittore Stimato e l’Ospite d’Onore. Quindi se Jonathan Bazzi fosse stato ammesso alla cinquina, vi sarebbe entrato in quanto Alieno? E dire che in uno scenario letterario stimolante, Bazzi dovrebbe essere la normalità. Di trapper italiani ne esistono più di una dozzina, ed è bellissimo osservare e conoscere tutte le loro similitudini e diversità, il modo in cui si influenzano a vicenda o si sfidano apertamente. Qualche anno fa, non avremmo neanche saputo immaginare un presente del genere per la musica pop italiana. Sogno un ambiente letterario italiano di trentenni e ventenni vestiti bene che sfornano libri che la gente legge, gareggiando a chi scrive meglio. È una follia? Probabile. Dopo aver annunciato la cinquina, che ovviamente includeva proprio i nomi previsti da tutti noi (la Star, l’Accademico, lo Scrittore Stimato, l’Ospite d’Onore e mi permetto di aggiungere una nuova figura, new entry degli ultimi anni: la Donna), spunta l’articolo 7 del regolamento dello Strega per tutelare le piccole-medie case editrici. La sesta classificata, Marta Barone col suo Città sommersa, è Bompiani, quindi viene saltata. E Bazzi, pubblicato da Fandango, viene ripescato dal settimo posto: è in finale.

I 6 finalisti dell’edizione di quest’anno del Premio Strega, annunciati il 9 giugno: Gianrico Carofiglio, Gian Arturo Ferrari, Daniele Mencarelli, Valeria Parrella, Sandro Veronesi, Jonathan Bazzi.

Sui suoi canali social, curiosamente seguitissimi, e dai personaggi più variegati (anche questo è molto strano per uno scrittore italiano!), è una festa. Perché per via del modo in cui ormai da qualche anno Bazzi documenta con sfacciata onestà i suoi problemi e i suoi progressi su Facebook e Instagram, coinvolgendo direttamente il suo “pubblico” (ad esempio con un crowdfounding per comprare il pc per scrivere il secondo romanzo), viene naturale sentirsi parte del processo, inclusi in una storia che si evolve come un film. E Bazzi lo sa, perché su Instagram scrive “Siamo in finale”. “Noi”. E a proposito di film, e del complesso rapporto che collega la vita reale alla fiction, e la capacità (ammirevole) di scrivere un memoir su un passato vicinissimo e ancora caldo e di raccontarsi quotidianamente correndo il rischio di irritare alcuni, ma aiutando molti altri a sentirsi meno soli (nel libro si intersecano i tanti tipi di stigma che il protagonista deve imparare a gestire: l’infanzia e l’adolescenza vissute in posto complicato come Rozzano, l’omosessualità, la balbuzie, e infine la scoperta di aver contratto l’HIV), proprio qualche giorno fa lo scrittore ha annunciato che il suo Febbre diventerà un film. Cross Productions, la casa di produzione di Skam, ha acquistato i diritti.

Alcuni dicono che Bazzi si è montato la testa, che il suo profilo sembra quello di Osho, che si atteggia da guru, che il suo libro è brutto. Forse farebbero meglio a criticare tutta la gente che sta sui social a fare il guru senza aver scritto un libro importante – e importante perché le persone hanno voglia di leggerlo, e il merito è anche di come è scritto, cioè bene, con immensa cura, umiltà e attenzione, con delicatezza, il desiderio di renderlo accessibile a tutti senza semplificare niente. Persone che si comportano da guru, ma non hanno idea di cosa significhi oltrepassare i propri limiti – non solo personali, ma anche famigliari, economici – come nelle storie di vita che amiamo tanto quando si parla di trap e di hip-hop, ma che poi quando arrivano nella nostra realtà ci turbano molto, perché ci disorientano, dimostrando che perfino nell’ambiente letterario italiano basta scrivere un buon libro per avere successo, e sì, hai chiesto ai tuoi lettori i soldi per comprarti un pc portatile perché non ce li avevi – e sei riuscito a farti volere così bene, da loro, che ti hanno aiutato – e poi ti sei ritrovato tra i finalisti del premio letterario più famoso in Italia, vestito Valentino dalla testa ai piedi. Ci sono vite noiose, e poi ci sono vite che sembrano dei film, e infatti quella di Jonathan Bazzi diventerà un film, e il merito è suo, che l’ha saputa raccontare.

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