Attualità

Piccole donne trans

È appena uscito in Italia George, storia per l'infanzia di una bambina transessuale. Come può essere accolto, e capito, in Italia?

di Mattia Carzaniga

«Gli hanno detto che dovrà scegliere in futuro se essere uomo o donna, dipende da come si sente».
(La mamma dello spot di Provita contro la presunta teoria del gender insegnata nelle scuole italiane.)

«Negli Stati Uniti le reazioni degli insegnanti [a proposito di George] sono state largamente positive e molto diverse tra loro. Si sono dimostrati incoraggianti anche i responsi dei genitori di piccoli lettori. “Non è stato scioccante per mia figlia”, [ha detto una di loro]».
(da un articolo del New York Times, giugno 2015.)

George è un libro per bambini. È il primo romanzo di Alex Gino. È appena uscito in Italia (edito da Mondadori Ragazzi, tradotto da Matteo Colombo). È la storia della bambina col nome del titolo. Le declinazioni sono giuste: George nasce maschio, si sente femmina, e tutto ciò che ne deriva lo potete immaginare. La domanda è: potranno i bambini italiani capire la sua storia?

Negli Stati Uniti – terra dove la trans Caitlyn Jenner è monumento patrio dell’anno corrente 2015; dove Miley Cyrus si porta sul palco i trans sennò il fatto che twerka per i diritti civili non arriva abbastanza forte e chiaro; dove persino nei telefilm i twist sono trans (lo è, in barba agli spoiler, la famigerata A di Pretty Little Liars) – il libro ha fatto parlare. Ma leggendolo si intuisce che è solo perché il tema è caldo, come segnalerebbe Repubblica.it, non tanto perché il gender è il nuovo babau.

George ha dieci anni, la stessa età si presume che abbiano e avranno i suoi lettori. Gino scrive semplice, da lettura per le vacanze estive assegnata dalla maestra di quarta elementare. Ai miei tempi andava forte Un fratello da nascondere, storia di una ragazzina con un fratello handicappato. Ogni generazione ha la sua diversità di riferimento, il libro delle elementari mie era scritto pure peggio. George è scritto molto bene.

unnamedI lettori decenni che lo leggono a Orlando o a Baltimora o in Arizona sanno, al pari della protagonista, che cosa sono i transgender. O almeno questo è quel che ci lascia intendere Gino. Fanno ricerche su Google per capire come funziona l’operazione male-to-female o viceversa, sanno perché servono psicologi (prima) e ormoni (dopo), hanno visto fare coming out svariate volte e capiscono facilmente, o quasi, che non puoi chiamare «ometto» un ragazzino che non si è mai sentito tale. O almeno questo è quel che ci lascia intendere Gino. Siamo tenuti a crederci. Perché, se all’inizio pensi che sì, bah, chissà, tutto il mondo è bullismo e basta solo declinarlo diversamente (soprattutto se c’è un famigerato trend da inseguire), leggendo George capisci presto che quella è solo una storia delle tante, ma anche che quella storia può fare la famosa differenza.

C’è poi il fatto che il libro esce durante un’epoca ben precisa del transgenderism applicato alle masse. Prima della moda, del politicamente corretto, delle Kardashian, pare esserci al momento la priorità della divulgazione. È la fase “maestro Manzi” della questione, i trans spiegati alla casalinga del New Jersey. E ai bambini, che forse già sanno come direbbe Walter Veltroni, ma per cui si sente sempre l’urgenza di normalizzare. Da qui, su Abc News, l’intervista ultra-didattica di Diane Sawyer a Caitlyn Jenner (allora ancora Bruce, era prima della copertina di Vanity Fair Usa in body panna e messa in piega); e la trans (vera) Laverne Cox di Orange Is the New Black e quella (finta) interpretata da Jeffrey Tambor in Transparent; e pure Paul Henson, padre ventottenne della Virginia che posta su Facebook la foto del figlio di tre anni vestito col costume di Elsa di Frozen: «Tenete per voi le stronzate da maschi. Halloween è la festa in cui i bambini possono fingere di essere il loro personaggio preferito. Il suo è una principessa», scrive. Da qui anche George.

Da noi il cataclisma potrebbe essere dietro l’angolo. S’immagina la mamma del bambino col maglione marrone nello spot di Provita (per prima cosa, trovate a questi uno stylist) tornare a casa e raccontare costernata al marito seduto in poltrona (oltre al figlio vessato dalla Buona Scuola di Renzi, pure il capofamiglia cassintegrato?) che la maestra ha letto in classe estratti di un libro su un maschio che si sente una femmina e nasconde riviste per ragazzine sotto il letto e attende il giorno in cui potrà mettersi la gonna e sogna di interpretare nella recita scolastica la parte di Carlotta il ragno.

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Anche nella scelta dei riferimenti simbolici – troppo facili? Si ricordi che è scritto per bambini – George è molto pedagogicamente americano. La tela di Carlotta di E.B. White, culto infantile da quelle parti (una decina d’anni fa ne fecero un film di buon successo in cui all’adoratissima aracnide dava la voce la marianna nazionale Julia Roberts), narra appunto di un ragno che aiuta gli animali a trovare le parole giuste per vivere bene tutti insieme nella vecchia fattoria – sintetizzando per più rapida comprensione di metafora. Finirà martire, ma in quanto tale ancor più utile alla causa.

Da noi due trans (uno c’era già dalla prima puntata) sono entrati e già usciti dalla casa del Grande Fratello. Entrambi operati, si sono sposati quest’estate. La conduttrice Alessia Marcuzzi presentava la loro come «una storia incredibile», e non c’aveva manco tutti i torti, ma c’è modo e modo di mostrare le cose, qualunque sia il target. Per farla breve: qui la priorità non pare essere la divulgazione, anche se in studio l’opinionista Claudio Amendola sosteneva contrito che queste vicende aiutano a capire qual è la strada che ciascuno prende per arrivare alla felicità.

La domanda era, e resta: potranno i bambini italiani capire la storia di George? «Ho letto (e riletto) George, che mi è sembrato un libro bellissimo. Di quelli che non ti fermi fino a quando non lo hai finito: vorresti che la storia andasse avanti per tutta la vita della protagonista», dice (dalle note in cartella stampa) Gianna Vitali, fondatrice insieme a Roberto Denti della gloriosissima Libreria dei Ragazzi di Milano. Gli scaffali per bambini più famosi della città assisteranno a mamme che, per aver improvvidamente raccolto i consigli di librai troppo progressisti, si uniranno in una class action contro la cultura radical chic e frociarola? Difficile crederlo.

La domanda era, e resta: potranno i bambini italiani capire la storia di George?

Tuttavia oggi pure la San Francisco d’Italia ha i suoi problemi. Il consiglio regionale della Lombardia ha approvato – a voto segreto – una mozione della Lega Nord col fine di «contrastare la diffusione della teoria del gender nelle scuole». Piddini e cinquestelle gridano alla disinformazione e all’oscurantismo, ma la destra maroniana nelle urne ha la meglio. «Il vero rispetto per la persona si realizza pienamente soltanto quando sono chiare le differenze che la natura umana riesce a contemplare. Altrimenti in gioco c’è soltanto una forma di propaganda strumentale e di bassa lega. Sentiamo il compito di tutelare i nostri ragazzi, soprattutto i più giovani, che sono i più indifesi», ha chiosato il capogruppo di Forza Italia Claudio Pedrazzini. Per difendere i nostri ragazzi, all’indice è finita anche una lista di libri proibiti. Molti librai, dalla Brianza al Varesotto, si sono già mossi mettendo in vetrina alcuni dei volumi destinati ai futuri roghi a 451 gradi fahrenheit. A Venezia ci si è già adoperati per salvaguardare i titoli che mettono più paura: Piccolo blu e piccolo giallo di Leo Lionni (le coppie arcobaleno!), Forte come un orso di Katrin Stangl (i bear!), Rosso micione di Éric Battut (i ginger!), Piccola storia di una famiglia di Francesca Pardi (le lesbiche oggi sponsorizzate pure da Margherita Buy e Sabrina Ferilli!), Piccolo uovo illustrato da Altan (gay e comunisti uniti!), Qual è il segreto di papà? sempre della pericolosissima Pardi (i daddy!), e via elencando. George è a un passo dalla blacklist.

Ma lei – finale retorico – fa comunque quel che vuole. Questa è la mia storia e questa vi offro, nulla più. Che sia un maschio, una femmina, un ragazzino che gioca a Mario Kart (fa anche questo) o una ragazzina che vuole pettinarsi con la frangia e non più con la riga in mezzo, poco importa. Probabilmente poco importa ai bambini, di tutte le latitudini. Loro veltronianamente lo sanno, che una storia è una storia. Mica potrà fare così male.

 

Nelle immagini Getty Images, crisalidi di farfalle