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Il congegno che permette alle piante di parlare

Vivent è una società svizzera che si definisce «pioniere dello sfruttamento dei biosegnali». Il suo fondatore Nigel Wallbridge è stato tra coloro che hanno messo a punto PhytlSigns, un dispositivo piuttosto semplice: composto di due elettrodi, il prodotto registra le variazioni di carica elettrica delle foglie e del terriccio delle comuni piante da appartamento, generando una gamma di suoni su un altoparlante in dotazione.

Su New Scientist è uscita una breve recensione di PhytlSigns, scritta da un autore che l’ha provato sullo spatifillo che tiene nel suo soggiorno. «Più il volume del pianto è alto, più il cambiamento di voltaggio è stato rapido», si scrive nell’articolo. Gli scienziati che si dedicano allo studio della comunicazione vegetale non sono ancora del tutto concordi sul valutare questi segnali. Edward Farmer, un biologo dell’Università di Losanna, ha però tentato di capire se queste variazioni di carica sono davvero da attribuire alle piante: guardando ai valori elettrici di piante sottoposte a tagli e lesioni, Farmer ha scoperto che PhytlSigns «registrava molto bene» questi cambiamenti.

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Il problema, semmai, è distinguere il rumore di fondo dell’ambiente da ciò che proviene direttamente dagli organismi viventi che accudiamo nei nostri appartamenti. Gerhard Obermeyer, biofisico all’Università di Salisburgo, ha obiettato che «senza un algoritmo utile o strumenti di filtraggio appropriati, le informazioni rimangono nascoste nel frastuono». Quanto al giornalista di New Scientist, dice di aver apprezzato la “compagnia” dei vagiti improvvisi della sua pianta, ma di aver scelto, alla fine, di scollegarla da PhytlSigns. Con una motivazione piuttosto eloquente: «È come avere un bambino dalla voce disturbante in soggiorno».