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Hbo ha svelato le prime immagini di Euphoria 3 ma della trama di questa nuova stagione non si capisce ancora niente Ben 13 secondi di video che anticipano la terza stagione, in arrivo nel mese di aprile, in cui si vedono tutti i protagonisti e le protagoniste.
Nel 2026 OpenAI lancerà una modalità di ChatGPT per fare sexting Sarà una funzione opzionale e disattivata di default, che rimuoverà i limiti attualmente imposti al chatbot sui prompt con contenuti sessuali.
Una ricerca ha dimostrato che la crescita economica non è più legata all’aumento delle emissioni di CO₂ E, di conseguenza, che la transizione energetica non è un freno all'aumento del Pil, neanche nei Paesi più industrializzati.
Reddit ha fatto causa al governo australiano per aver vietato i social ai minori di 16 anni La piattaforma è convinta che la legge anti soci isoli i minorenni e limiti la loro voce politica nella società, fornendo benefici minimi.
La casa di Babbo Natale in Finlandia quest’anno è piena di turisti ma anche di soldati Nato L’escalation al confine russo ha trasformato la meta turistica natalizia della Lapponia in un sito sensibile per l’Alleanza Atlantica.
Il governo americano vuole che i turisti rivelino i loro ultimi 5 anni di attività sui social per ottenere il visto Vale anche per i turisti europei che dovranno consegnare la cronologia dei loro account su tutte le piattaforme social utilizzate.
Ora su Letterboxd i film si possono anche noleggiare e sono già disponibili molte chicche introvabili altrove I titoli disponibili saranno divisi in due categorie: classici del passato ormai introvabili e film recenti presentati ai festival ma non ancora distribuiti su altre piattaforme.
Da quando è stata introdotta la verifica dell’età, nel Regno Unito il traffico dei siti porno è calato ma è anche raddoppiato l’utilizzo di VPN Forse è una coincidenza, ma il boom nell'utilizzo di VPN è iniziato subito dopo l'entrata in vigore della verifica dell'età per accedere ai siti porno.

Perché i passanti spesso non intervengono davanti a un omicidio

01 Giugno 2016

I tragici fatti di cronaca di questi giorni – e in particolare l’omicidio di Sara Di Pietrantonio, la giovane donna uccisa a Roma dal fidanzato senza che nessuno degli automobilisti di passaggio si fermasse, nonostante le sue richieste d’aiuto – hanno sollevato la questione dell’indifferenza generale, delle sue implicazioni morali e del ruolo che svolge nei casi di cronaca nera. Perché i passanti non sono intervenuti? Che cosa spinge persone normali, dunque notate di un senso morale, a non aiutare chi chiede aiuto? È proprio questa indifferenza a rendere possibile crimini che altrimenti sarebbero evitabili?

Si tratta di un fenomeno noto come “effetto spettatore” e da tempo studiato in psicologia sociale, cioè quella branca della psicologia che studia i comportamenti collettivi e le dinamiche tra gruppi e individui. Talvolta definito anche “effetto testimone”, o in alternativa “apatia dello spettatore”, il concetto è stato teorizzato nella seconda metà degli anni Sessanta da due psicologi americani, John Darley e Bibb Latané, (le varie terminologie italiane sono tutte variazioni sulla traduzione dall’inglese “bystander effect”) e tutt’ora spesso discusso in casi di omicidi.

Darley e Latané partirono da un caso di cronaca dei loro anni, poi divenuto tristemente celebre proprio come caso da manuale di “effetto spettatore”: l’omicidio di Kitty Genovese, una giovane donna uccisa a New York nel 1964, che fu accoltellata a più riprese senza che nessuno intervenisse né chiamasse la polizia. La vicenda fece molto scalpore all’epoca, il New York Times riportò che «37 persone che videro un omicidio non chiamarono la polizia». In realtà come dimostrarono ricerche successive, probabilmente si trattò di un’esagerazione, non è comprovabile che i testimoni furono così numerosi né che nessuno chiamò la polizia (a quei tempi la polizia non registrava le chiamate); tuttavia l’assunto generale di un brutale omicidio avvenuto in un clima di apatia generale era corretto. Infatti, oltre a scioccare l’opinione pubblica, quell’episodio cominciò a spingere ricercatori a indagare su da dove arrivasse quella apatia.

Darley, Latané e vari loro colleghi giunsero alla conclusione che il «gruppo» tende spesso a «inibire la reazione dei singoli individui»: quando si è in mezzo ad altre persone (per esempio in un condominio densamente abitato, in un metrò oppure in una strada affollata) si tende a non intervenire davanti a un’emergenza… perché si dà per scontato che qualcun altro lo farà. Inutile dire che è una reazione dagli effetti deleteri, perché se tutti danno per scontato che qualcun altro interverrà, il risultato è che nessuno interviene.

Da notare che i due psicologi parlano di «apatia», cioè di mancanza di azione e d’iniziativa, e non di «indifferenza», termine che invece farebbe a pensare a una mancanza di empatia: l’idea non è tanto che non ci importa delle disgrazie altrui, quanto piuttosto che non ci sentiamo fisicamente responsabili di aiutare le persone in difficoltà perché pensiamo che non sia responsabilità nostra, ci penserà qualcun altro. Darley e Latané infatti parlano di «diffusione della responsabilità»: le singole persone si sentono meno responsabili a livello individuale proprio perché la responsabilità è condivisa con il gruppo. Le loro ricerche, spesso citate ancora oggi, si inserivano in un clima in cui la psicologia sociale stava indagando molto gli effetti deleteri della de-responsabilizzazione sul comportamento umano: un decennio prima i celeberrimi esperimenti di Stanley Milgram stabilirono che persone “normali” erano disposte a fare soffrire, o addirittura uccidere, i loro simili, in situazioni in cui era messo in chiaro che la responsabilità era altrui.

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