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Nel nuovo film di Carlo Verdone ci sarà anche Karla Sofía Gascón, la protagonista caduta in disgrazia di Emilia Pérez La notizia ha permesso a Scuola di seduzione di finire addirittura tra le breaking news di Variety.
Enzo Iacchetti che urla «Cos’hai detto, stronzo? Vengo giù e ti prendo a pugni» è diventato l’idolo di internet Il suo sbrocco a È sempre Cartabianca sul genocidio a Gaza lo ha fatto diventare l'uomo più amato (e memato) sui social.
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Per Tyler Robinson, l’uomo accusato dell’omicidio di Charlie Kirk, verrà chiesta la pena di morte  La procura lo ha accusato di omicidio aggravato, reato per il quale il codice penale dello Utah prevede la pena capitale. 
Una editorialista del Washington Post è stata licenziata per delle dichiarazioni contro Charlie Kirk Karen Attiah ha scoperto di essere diventata ex editorialista del giornale proprio dopo aver fatto sui social commenti molto critici verso Kirk.
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.

L’Ortigia Sound System non è più soltanto un festival

Attorno all'OSS, che ha appena terminato la sua nona edizione, esiste ormai una comunità tenuta assieme non solo dalla musica ma anche da moda, estetica, stile di vita.

04 Agosto 2023

Esiste una comunità italiana di sofisticati clubbers, gente a cui piace ascoltare e ballare musica elettronica fuori dalle rotte dell’algoritmo di Spotify. Per capirci: meno commerciale e più alternativa, geolocalizzabile su Bandcamp e nelle Story di Instagram. Una comunità talmente consapevole e identitaria da aver messo in discussione e in soffitta persino il termine clubber, ritenuto ormai un fenomeno di massa. Proveremo a chiamarli “comfort ravers”, delimitando così la zona di controllo, di performance e di relazione alle piste da ballo, fisiche e virtuali, tipo la chat “Tutt* a Ortigia” a cui ero stato aggiunto su Whatsapp un paio di settimane fa.

Proprio da questa chat era partito l’allarme, tre giorni prima dell’inizio del festival siracusano arrivato alla sua nona edizione. A Milano la tempesta aveva sradicato centinaia di alberi, la Sicilia stava andando a fuoco e il trasporto aereo era impazzito, voli dirottati in altre città, altri annullati. Nonostante l’immaginario sonoro – ma anche letterario (Donna Haraway e Mark Fisher i più letti o citati) e estetico (su questo ci torneremo) – di molti comfort ravers flirti spesso con l’apocalisse e l’antropocene, un volo Ryanair cancellato ha mandato nel panico chi aveva già messo in spalla il suo zaino e comprato online i token – la forma di valuta utilizzata nei festival – per birrette e cocktail. Già, perché l’Ortigia Sound System è diventata una tappa imprescindibile nella lunghissima stagione dei comfort ravers che parte a giugno con il Terraforma, prosegue col Lost festival in Emilia e termina ai primi di novembre col torinese Club To Club. La valigia, pardon lo zaino, è sempre pronto e visto che questa comunità ha un codice estetico condiviso e mutevole, a seconda delle tendenze, è facile riconoscere i CR per l’abbigliamento trekking chic, ribattezzato “gorpcore” dai trendsetter di Highsnobiety: d’estate i sandali tecnici – Teva, Crocs, Hoka One – hanno surclassato le Birkenstock, alla faccia del recente endorsement di Barbie; resistono gli shorts tecnici e tornano gli occhiali da kit surfer Oakley, quelli specchiati, mentre scompare il marsupio, un must dell’anno scorso ormai sbattuto in vetrina su Vinted e sostituito da costosissime mini tracolle Gramicci e And Wander.

È così che facilmente potevi riconoscere chi era riuscito ad arrivare a Ortigia – via Comiso, Trapani, si vociferava di atterraggi a Lamezia Terme – in tempo per l’inizio delle danze. Per il resto  tantissimi turisti stranieri, soprattutto eleganti americani col cappello di paglia e le veneziane in velluto, e ci si chiede non tanto se abbiano scoperto la Sicilia grazie alla serie White Lotus ma se proprio grazie alle serie Hbo – da Succession a Euphoria – gli americani abbiano finalmente imparato a vestirsi.

Anche l’isola di Ortigia ha cambiato pelle, molte sciure milanesi hanno comprato qui come una volta Marta Marzotto comprava a Marrakech: lo si capisce dai negozi stile Cinque Vie e dai bar con i gin giapponesi. Rimane per fortuna il folklore soprattutto nella sua forma gastronomica, dalla salumeria dei Fratelli Burgio ai crudi di pesce a prezzi popolari del Mercato. Aspettando che aprano le danze, i CR magnano innaffiando il tutto con i vini vulcanici naturali della Sicilia. L’aspetto godereccio non è secondario per questa nicchia/bolla/comunità il cui stile di vita è mediamente alto, ma non commisurato allo status sociale ed economico, spesso precario: molti lavoratori culturali, partite Iva che non arrivano neanche a godere dei benefici della Flat tax di governo, però la consapevolezza dell’apocalisse prossima leva il senso di colpa mentre si striscia la carta di credito.

Questa immagine del godimento diventa realtà durante uno dei primi live del sabato, al Castello Maniace: gli Space Afrika da Manchester suonano il loro emo dub intimista, solo bassi e frequenze senza l’elemento ritmico, quando ancora la piazza si sta riempiendo e chi come me non ha ancora mangiato può pagarsi un piatto di ostriche e gamberi rossi col braccialetto dei token seduto vista concerto. Servirà anche un arancino di rinforzo per affrontare la serata e arrivare all’afterparty nella campagna di Siracusa, ma la qualità dell’esperienza rimane alta, e non sto parlando solo di cibo. Nonostante le defezioni, causa crisi climatica, nella line up di Moin e Joy Orbison – due dei più attesti – il percorso di ricerca sonora del festival è all’altezza delle orecchie più esigenti. Su tutti val la pena citare il live di Nidia insieme a Valentina Magaletti, la percussionista e compositrice che da vent’anni vive a Londra dove ha dato vita a decine di progetti di culto (Holy Tongue, Vanishing Twin, Moin e V/Z tra gli altri) e che qui al festival è stata invitata come resident artist dopo aver sostituito nei cuori dei comfort ravers italiani l’onnipresente Donato Dozzy. E poi ancora il bellissimo scarno e cupo set del milanese Heith e quello matto, colto e ipnotico della spagnola Marina Herlop, che ha spostato in alto l’asticella della coolness con la sua magnetica performance al Teatro Massimo.

Chi conosce i nomi di cui scrivo avrà capito che la parte migliore del festival è stata quella senza musica da ballare, senza dj e mixerini. Questo perché oggi il djismo spesso sembra una roba da ChatGPT, prevedibile e conformista, e anche il festival di Ortigia non è immune da questa nuova realtà: si balla, certo, ma il ruolo del dj/selecter non è più centrale, si limita ad assecondare il ritmo del momento, poi mettere un pezzo in fila all’altro è roba da bravi tecnici, non per forza artisti. Per questa stagione il ritmo che seguono i comfort ravers è molto percussivo, ipnotico, quasi tribale, con pochi synth e bpm entro il limite di velocità, tranne per qualche fuga verso la vecchia drum & bass o la techno. A farcelo sentire al meglio sono due dj a me quasi sconosciuti come Ehua e Toumba, come a ribadire l’idea che il nome grosso – a cui corrisponde grosso cachet – per ballare è quasi sprecato, meglio investire i soldi in un artista d’avanguardia come la Herlop.

Ah dimenticavo, c’erano i boat party con i dj, ma non ci sono andato: sarò old school ma ballare su una barca mi sembra una cosa da film dei Vanzina, da feste anni Novanta della borghesia ricca milanese a Santa o al Forte (i miei personali “lanzichenecchi”), quando non esistevano i comfort ravers e io non avevo ancora trovato la mia comfort zone. Anche se salire su una barca a ballare con le Crocs avrebbe comunque lasciato il segno.

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