Attualità

Ops

Dalle scuse di Michael Bay per Armageddon, una sequela di registi che si sono pentiti per un loro film (o dovrebbero farlo, ma anche no).

di Federico Bernocchi

Ognuno di noi ha un regista che odia senza ritegno. Si tratta di una cosa molto importante, fondamentale per quanto riguarda la delineazione del nostro gusto. Abbiamo il nostro regista preferito, quello che ammiriamo, studiamo ed eleviamo a modello estetico positivo, giusto. Dall’altra parte abbiamo colui che più odiamo al mondo. Ovvero the evil twin del nostro beniamino: un regista che, allo stesso modo anche se dalla parte opposta delllo spettro, ammiriamo, studiamo ed eleviamo a modello estetico negativo. Parliamo di persone che riescono a portarci al cinema il primo giorno di programmazione del loro nuovo film, con un’ansia quasi incontenibile. Se tutto andrà come previsto assisteremo al nuovo metro di paragone del Brutto. Non una cosa da poco, se ci pensate. Immaginate solo quanti argomenti e gag per le vostre serate in società: potreste raccontare del film più brutto del mondo e riderne con i vostri amici. Ma non parlo di quel brutto scontato e banale che molti di voi magari stanno immaginando in questo momento.

Un film del genere è Bello o Brutto. Poi se ne può discutere. E il cinema è fatto anche per questo: per litigare con i propri amici (o nemici) su ciò che ci piace o meno.

Non voglio inserire in questa categoria film come Troppo Belli (ricordate? quello con Costantino Vitagliano e Daniele Interrante), l’ultimo cinepanettone o similia. Sì, certo parliamo di film brutti, indifendibili, ma poco stimolanti. Nel Brutto con la B maiuscola (in contrapposizione anche a coloro che da una vita promuovono il Bello senza se e senza ma) vanno le opere di quei registi che hanno anche una loro idea estetica, un loro gusto. Ma che sfortunatamente è opposto al nostro. Vi faccio qualche esempio: nei miei Brutti preferiti metto Danny Boyle e il suo allucinante The Millionaire, che tra il turistico e il ricattatorio è riuscito a portarsi a casa 127 Oscar. Metto un film come Babel, che grazie al coraggiosissimo assunto “Fucile = Morte” e a scelte estetiche oltre il discutibile, ha convinto tutti della sua presunta intelligenza e autorialità. Metto quello noiosone di Tsai Ming Liang che in Goodbye, Dragon Inn è riuscito a raccontare una bella storia (l’ultima notte di programmazione di un vecchio cinema di Taipei) nel peggiore dei modi possibili. Attenzione: sia chiaro che stiamo parlando di gusti personali. Prendiamo proprio l’ultimo esempio fatto. Il film di Tsai Ming Liang è stato presentato al Festival di Venezia nel 2003. All’epoca esisteva ancora il Daily di Film TV, una piccola pubblicazione quotidiana che metteva insieme i voti di molti critici sui film in concorso. Il giorno dopo la proiezione di Goodbye, Dragon Inn c’era qualcuno che gli aveva dato un bel 10, ed è una cosa che posso capire. C’era qualcun altro che gli aveva dato 0, ed era anche questa una posizione comprensibile. Poi c’era solo una persona che gli aveva dato 6, che era una cosa per me totalmente priva di senso. Un film del genere è Bello o Brutto. Poi se ne può discutere. E il cinema è fatto anche per questo: per litigare con i propri amici (o nemici) su ciò che ci piace o meno.

C’è però un regista che riesce a mettere d’accordo quasi tutti. Tutti lo odiano, lo trovano pacchiano, raffazzonato, scontato, fracassone, scemo e vuoto. Si tratta del povero Michael Bay, regista della saga dei Transformers, di film come Pearl Harbour, dei video di Meat Loaf e della pubblicità di Victoria’s Secret. Michael Bay, colui che con la sua Platinum Dunes ha prodotto quasi tutti i remake dei classici del new horror: le versioni 2.0 di titoli come Non Aprite Quella Porta, Venerdì 13, Nightmare e altri ancora. Un personaggione che il grande pubblico e la stragrande maggioranza della critica sovrappongono all’idea di “americanata”, forse il peggior termine mai coniato da mente umana. L’americanata, nel gergo comune, è il film con le esplosioni, quello d’azione, quello fatto con gli effetti speciali e con i miliardi di dollari (presumibilmente rubati a qualche Ong che si interessa della salvaguardia della foca monaca del Nicaragua), che non vogliono dire nulla se non “Gli Stati Uniti sono i più forti del mondo e infatti se guardi bene sullo sfondo c’è una bandiera americana”. Insomma, Michael Bay è il nemico di quelli per cui il cinema è un mezzo di comunicazione fatto apposta per dire cose importanti e intelligenti. Perché per una parte del pubblico non esiste l’intrattenimento cinematografico. Il cinema non deve far divertire, non deve essere spettacolo fine a sé stesso; il cinema deve far riflettere e pensare. E guai a voi se fate notare a queste persone che si può anche pensare non solo ai contenuti, ma anche alle forma. Ancora peggio se osate dire che in alcuni casi – spessissimo nel cinema di Bay – la forma è contenuto. Scherziamo? Un film con i robot e le esplosioni? Molto meglio un film dove ci sono i bambini poveri dell’India ripresi sempre storti e con sotto delle musichine tristi e indiane. Quindi il sentore comune è che Michael Bay è il Male mentre Danny Boyle è un uomo del popolo capace grazie alla sua Arte di rendere il Mondo un posto migliore. E con lui tanti altri. Ma non fraintendente: non condanno il cinema impegnato in toto. Il mio è uno sfogo nei confronti di quei film che fanno gli impegnati con furbizia e contro quegli spettatori che ti guardano male se non sei un fan dei film di Ozpetek.

Armageddon ha incassato in tutto una cifra pari a 553,7 milioni di dollari quindi, sì, è andato abbastanza bene, Michael. Però è da sempre tra i film più odiati del pianeta. Dentro ci sono tutte le cose più gravi che ci possono essere in un film.

E pensate che in uno scenario del genere Michael Bay ha chiesto ufficialmente scusa – o almeno così è sembrato per un po’: nel tardo pomeriggio di ieri lui stesso ha smentito tutto. In questo momento il regista è in tour per promuovere il suo nuovo film Pain & Gain, una commedia action con Dwayne Johnson e Mark Whalberg tratta dall’omonimo romanzo di Pete Collins che racconta di una serie di azioni criminali compiute dal 1999 da una gang di body builders. E, mentre era in giro a parlare di questo suo nuovo film, Bay avrebbe detto: «Chiedo scusa per Armageddon, ma abbiamo dovuto fare tutto il film in 16 settimane. Si è trattato di un’impresa massacrante. Se avessi la possibilità rigirerei tutta la parte finale, ma gli Studios ci hanno letteralmente strappato il film dalle mani. Addirittura il mio supervisore agli effetti speciali ha avuto un esaurimento nervoso e me ne sono dovuto occupare io. Ho anche chiamato James Cameron per chiedergli: “Come ti devi comportare quando devi fare tutto da solo?” Ma alla fine il film è andato bene”. (In realtà, come ha precisato Bay, la sua lamentela riguarda l’editing della terza parte, che avrebbe voluto fare con più calma, Nda). Già, perché vale la pena di ricordare che Armageddon (1998) ha incassato in tutto una cifra pari a 553,7 milioni di dollari quindi, sì, è andato abbastanza bene, Michael. Però è da sempre tra i film più odiati del pianeta. Dentro ci sono tutte le cose più gravi che ci possono essere in un film: c’è la canzone quella lì degli Aerosmith, Bruce Willis che trivella un meteorite grosso come il Texas, Ben Affleck prima che diventasse un alfiere della Libertà grazie a un bel film ipercollaborazionista come Argo, un montaggio da rischio attacco epilettico e alcune tra le sequenze più imbarazzanti della Storia del Cinema. E allora Michael Bay ecco le (smentite) scuse del regista. Vallo a capire.

C’è però da dire almeno che non è il primo che si trova nella difficile situazione di doversi cospargere il capo di cenere. Il caso più eclatante è stato quello di Joel Schumaker. Parliamo di un regista che da anni non azzecca un film ma che continua comunque a lavorare. Nella sua filmografia troviamo veri e propri scempi come Scelta d’Amore (film che abbiamo inserito nella lista dei ricattatori a tutto tondo), Il Fantasma dell’Opera8MM – Delitto a Luci RosseFlawless – Senza Difetti. Nel 1995, tre anni dopo l’abbandono da parte di Tim Burton del franchise diBatman, la palla passò a lui che realizzò in soli due anni Batman ForeverBatman & Robin. Parliamo di due pellicole capaci con la loro infinita bruttezza di affossare quasi totalmente un personaggio come quello del giustiziere di Gotham City, che ha dovuto attendere ben otto anni e un regista vero e proprio come Christopher Nolan per tornare a dire la propria su grande schermo. Due pellicole sbagliate sotto ogni punto di vista, che riuscirono a guadagnarsi un odio pressoché totale da tutti gli spettatori appassionati di fumetti e non solo del mondo. Un odio che con il tempo s’è riversato in rete dove i due film sono stati smontati, riletti, presi in giro fino allo sfinimento. Se fate una veloce ricerca troverete pagine e pagine dedicate ai bar-nipples, ovvero i capezzoli posti sulle armature di Batman, Robin e Bat Girl (qualcuno si ricorda di Alicia Silverstone?). E dire che, appunto, era solo il 1995. Pensate a cosa sarebbe accaduto se questa infausta doppietta fosse uscita oggi? Probabilmente sarebbe crollato l’internet.

Certo, sai la soddisfazione di vedere George Lucas che ci chiede scusa per Jar Jar Binks o Sam Raimi che ci chiede di dimenticare quanto fatto in Spider-Man 3? Sarebbe bellissimo, ma non accadrà mai. E sappiamo che è anche giusto.

Ma Joel Schumacker non l’ha passata liscia: nel 2006 il regista viene interpellato sui film in questione e, in un momento piuttosto imbarazzante, ha chiesto scusa a tutti i fan del personaggio: «Se abbiamo deluso qualcuno con questi due film, chiedo scusa. Perché questo non era ovviamente non era il nostro intento. Volevamo solo realizzare dei film d’intrattenimento». E in tanti hanno tirato un sospiro di sollievo. Ma allora è lecito sognare. O forse è lecito farsi delle domande. Secondo voi è giusto immaginare un mondo in cui un regista o uno sceneggiatore, se ha palesemente sbagliato un film, è costretto a chiedere scusa al suo pubblico? Certo, sai la soddisfazione di vedere George Lucas che ci chiede scusa per Jar Jar Binks o Sam Raimi che ci chiede di dimenticare quanto fatto in Spider-Man 3? O se preferite possiamo cambiare esempi e citare Salvatores e il suo pessimo Amnèsia o ancora Roman Polanski e La Nona Porta. Certo, sarebbe bellissimo, ma non accadrà mai. E, in cuor nostro, sappiamo che è anche giusto.

Due anni fa m’è capitato di assistere alla conferenza stampa di Un été brûlant, l’ultimo film di un grandissimo cineasta come Philippe Garrell. Un brutto film, se chiedete al sottoscritto. E anche se chiedete a gran parte dei critici che l’hanno visto insieme a me in quella occasione. Uno di questi ha anche chiesto al regista se in qualche modo sentiva di aver fatto un film sbagliato, un passo falso. E la sua risposta è stata, più o meno: «No. Solitamente faccio i film che voglio. Ogni tanto piacciono al pubblico, ogni tanto no. Non ci posso fare nulla». E allora tirando le somme di un discorso che più fumoso non si può: amici registi, se quello che volete d­ire è lì nel vostro film, non guardate in faccia a nessuno e continuate per la vostra strada. Se troveremo brutti i vostri film vorrà dire che sarà per la prossima volta o che forse non ci capiamo e non ci capiremo mai, ma va bene lo stesso. Ci accapiglieremo e litigheremo su qualcosa. Se invece siete dei registi senza nulla da dire, capaci di fare film solo per le ragioni sbagliate, dovreste chiedere scusa per altri motivi. Ben più gravi.

 

Immagine: una scena di Armageddon.