Le attiviste che hanno lanciato la zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh hanno compiuto un gesto narrativamente perfetto ma che lascia un dubbio: si può discutere della crisi climatica compiendo azioni così radicali?
Occupy Wall Street e, perché no, anche Hollywood
Prosegue la cavalcata mediatica degli indignados statunitensi, che da Wall Street (precisamente Zucccotti Park, lì vicino) si sono presto diffusi in altre metropoli del Paese. Il loro motto è: «Siamo il 99%», ovvero la maggioranza, la gran parte dei cittadini che sarebbe però vessata da quell’1% di finanzieri e banchieri che tutto prendono e nulla danno – i veri responsabili della crisi, secondo gli occupatori.
Oggi Salon propone di estendere la protesta a Hollywood, la patria del cinema mondiale. Il motivo, secondo Mary Elizabeth Williams, autrice della provocazione, sarebbero i compensi stellari delle star, considerati offensivi in tempi di crisi e miseria. Johnny Depp, per esempio, guadagnerà 50 milioni di dollari nel solo 2011: una follia, visto che compenso ricevuto da Marylin Monroe per Gli Spostati (1961) fu di “appena” 2 milioni in valuta odierna. Marylin, insomma, fu pagata con una cifra irrisoria rispetto ai 50 milioni chiesti e ottenuti da Leonardo Di Caprio per Inception.
Ma è Johnny Depp a scatenare l’ira della giornalista, che cita una sua intervista a Vanity Fair in cui si disse disposto a continuare la saga dei Pirati dei Caraibi per un po’ di «stupidi soldi». Occupy Hollywood, secondo Salon, servirebbe a riportare un limite ai compensi delle star del cinema, affogate da anni in un mare di «stupidi soldi». Gli stessi che mancano a milioni di americani (non il 99% di loro ma una buona parte), la metà dei quali ha guadagnato nell’ultimo anno poco più di 26 mila dollari.

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.