Hype ↓
06:31 mercoledì 2 luglio 2025
L’Unione Europea ha stabilito che sapere quanto guadagnano i propri colleghi è un diritto Lo ha fatto con una direttiva che l’Italia deve recepire entro il 2026. L'obiettivo è una maggiore trasparenza e, soprattutto, contribuire alla diminuzione del gap salariale tra uomini e donne.
Grazie all’accordo tra Netflix e la Nasa ora si potrà fare binge watching anche dell’esplorazione spaziale Il servizio di streaming trasmetterà in diretta tutta la stagione dei lanci spaziali, comprese le passeggiate nello spazio degli astronauti.
Gli asini non sono affatto stupidi e se hanno questa reputazione è per colpa del classismo Diverse ricerche hanno ormai stabilito che sono intelligenti quanto i cavalli, la loro cattiva fama ha a che vedere con l'associazione alle classi sociali più umili.
In Turchia ci sono proteste e arresti per una vignetta su Maometto pubblicata da un giornale satirico Almeno, secondo le autorità e i manifestanti la vignetta ritrarrebbe il profeta, ma il direttore del giornale ha spiegato che non è affatto così.
Una delle band più popolari su Spotify nell’ultimo mese è un gruppo psych rock generato dall’AI Trecentomila ascoltatori mensili per i Velvet Sundown, che fanno canzoni abbastanza brutte e soprattutto non esistono davvero.
A Bologna hanno istituito dei “rifugi climatici” per aiutare le persone ad affrontare il caldo E a Napoli un ospedale ha organizzato percorsi dedicati ai ricoveri per colpi di calore. La crisi climatica è una problema amministrativo e sanitario, ormai.
Tra i contenuti speciali del vinile di Virgin c’è anche una foto del pube di Lorde Almeno, secondo le più accreditate teorie elaborate sui social sarebbe il suo e la fotografia l'avrebbe scattata Talia Chetrit.
Con dei cori pro Palestina e contro l’IDF, i Bob Vylan hanno scatenato una delle peggiori shitstorm della storia di Glastonbury Accusati di hate speech da Starmer, licenziati dalla loro agenzia, cancellati da Bbc: tre giorni piuttosto intensi, per il duo.

Populismo e tecnocrazia contro la politica

Tecnici e nuovi portavoce del popolo hanno un nemico comune: la politica. E non è superandola col mito della società civile che li si sconfigge.

01 Giugno 2018

La tecnocrazia, il governo dei tecnici, e il populismo, il governo del popolo, hanno un nemico comune: la politica. Per i primi, è una costruzione barocca che impedisce di fare le cose che andrebbero fatte; per i secondi, è un coacervo di corruzione e potere che impedisce che sia fatta la volontà popolare. E così, finisce che gli uni e gli altri assumano un linguaggio simile, fatto di contratti laddove la politica prevede compromessi fra visioni diverse, fatto di portavoce e di professori invece che di parlamentari e di dirigenti, che per carità i partiti, che iattura.

Capita così che la retorica delle “cose da fare” che sono più importanti dei nomi, del “finalmente si parla di contenuti e non di partiti”, trovi un partner inaspettato in chi aspira a ridurre la cosa pubblica a una lista di regole cui attenersi per raggiungere gli obiettivi prefissati. Capita, in questa strana alleanza, che uno individui nell’altro il totem contro cui urlare (“Bruxelles! I mercati! Il debito è mio e me lo gestisco io!”, “i populisti! I No euro! Giù le mani dal patto di stabilità!”) e poi si ritrovi a braccetto nello stesso governo, accomunato dalla voglia di applicare, alla lettera, un contratto. Carta canta, altro che destra e sinistra, società aperta e società chiusa. Un governo notarile, fatto di documenti da passare e vidimare (e che vuoi che sia se quel documento è un foglio di via, il fattore umano è un intralcio quando c’è di mezzo il contratto), non a caso guidato da un avvocato. Un governo che di politico ha il sostegno in Parlamento, e questo ovviamente basta per farlo partire, ma non diciamolo troppo forte, che la politica oggi proprio non tira.

Del resto, il contratto, con gli italiani in quel caso, lo aveva già proposto Silvio Berlusconi, uno che si presentò come il nuovo contro i partiti, uno che, non dimentichiamocelo, voleva Tonino Di Pietro nel suo governo del cambiamento, prima che diventasse la sua nemesi e quindi il miglior amico dei suoi nemici (tutto si tiene). Quale fu la reazione a quel trionfo populista rivenduto come rivoluzione liberale? Ancora una volta, si decise che la politica non era la risposta, che gli italiani non ne volevano sapere, neanche quelli “per bene”. E quindi, via con la società civile, i girotondi, i Palasharp, gli appelli, i post-it: a populismo, populismo e mezzo. Oggi, l’errore che si rischia di commettere sul fronte che avversa politicamente il governo che nasce oggi, è proprio questo: tornare ai girotondi e all’allarme democratico, ripartire dalla superiorità antropologica (“i congiuntivi!”) e dal “superamento del Pd” (o dalla sua derenzizzazione, vasto programma) per un nuovo contenitore “largo”, che vada da … a … (ognuno metta i nomi che creda, a seconda dei gusti). Ah, l’Ulivo, che stagione. Ah, l’Unione.

C’è poi un altro aspetto che va a braccetto con quanto detto fin qui. L’ironia vuole infatti che chi oggi si è già ricollocato in prima fila per la sfilata del fronte popolare capace finalmente di superare i partiti, etc. per fare muro contro i nuovi barbari, sia proprio chi, col nuovo nemico populista, voleva farci un governo. Quindici giorni fa, non due anni. Forte, fra l’altro, di aver appoggiato già con forza il governo Monti, per dire la coerenza. Il suggerimento a chi si è prodigato per un nuovo centrosinistra che superasse il Pd e che si ritrovasse attorno al Movimento Cinque Stelle, che il nuovo bipolarismo ormai era quello fra loro e la Lega, è di prendersi una lunga vacanza. Che qui, fra senso di responsabilità e conseguenti governi tecnici, slanci giovanili e conseguenti agognate alleanze coi nuovi portavoce dei cittadini, qualcuno si è dimenticato di fare un po’ di manutenzione all’unico strumento che, storicamente, ha provato con fatica a tenere insieme ideali alti, pulsioni un po’ meno alte, aspirazioni, elemento umano, senso della realtà: la politica.

Tocca a chi ci crede ancora renderla una cosa funzionante e minimamente attraente, compito molto complicato in tempi di disintermediazione, democrazia diretta, talk show urlati, e giornali tendenza “dagli alla Casta”. Ma non ci sono altre soluzioni, ora che la strana alleanza fra populismo e tecnocrazia è venuta allo scoperto.

Foto Getty
Articoli Suggeriti
Ripensare tutto

Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.

Il surreale identikit di uno degli autori dell’attentato a Darya Dugina diffuso dai servizi segreti russi

Leggi anche ↓
Ripensare tutto

Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.

Il surreale identikit di uno degli autori dell’attentato a Darya Dugina diffuso dai servizi segreti russi

La Nasa è riuscita a registrare il rumore emesso da un buco nero

Un algoritmo per salvare il mondo

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.

Odessa ex città aperta

Reportage dalla "capitale del sud" dell'Ucraina, città in cui la guerra ha imposto un dibattito difficile e conflittuale sul passato del Paese, tra il desiderio di liberarsi dai segni dell'imperialismo russo e la paura di abbandonare così una parte della propria storia.

Assediati dai tassisti

Cronaca tragicomica di come non sia possibile sfuggire alla categoria più temuta e detestata del Paese.