Attualità

I giornali venderanno cose?

Perché il New York Times ha speso 30 milioni di dollari per un sito che recensisce e consiglia di tutto, dall'iPhone ai tagliaunghie, e cosa dice del futuro dei media.

di Redazione

«L’approccio pratico che The Wirecutter e The Sweethome usano nel consigliare i prodotti incarna gli stessi standard e valori che servono da pilastri della nostra newsroom». Le parole con cui Mark Thompson, amministratore delegato della Times Company (e fresco autore di Enough Said, prezioso saggio sul linguaggio della politica) commenta l’ultima acquisizione da parte della sua società non devono essere state scelte a caso. Secondo una fonte anonima interpellata dallo stesso New York Times, l’affare sarebbe stato chiuso per una cifra «leggermente più alta di trenta milioni di dollari». Ma un network che recensisce prodotti che vanno dall’ultimo iPhone ai tagliaunghie vale così tanto? La risposta è, non troppo ovviamente, sì.

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Fondato nel 2011 da Brian Lam, per anni editor di Gizmodo e recensore di gadget per Wired, Wirecutter recensisce gli immancabili device del momento ma anche televisioni, cuffie, modem, fotocamere (The Sweethome, la sua costola, si focalizza invece su prodotti casalinghi). Usare la parola “recensione” però potrebbe risultare fuorviante: Lam e il direttore responsabile del sito Jacqui Cheng hanno avuto da subito l’obiettivo dichiarato di costruire un hub della semplificazione dello shopping online, un luogo in cui la priorità non è conoscere i pro e i contro dell’oggetto tecnologico di turno, ma direttamente qual è il prodotto da scegliere in base alle proprie esigenze, e perché.

Intervistato da Rebecca Rosen sull’Atlantic due anni fa, Cheng spiegava: «Hai presente quando tu – o i tuoi genitori, o i tuoi amici – prendi la decisione di comprare qualcosa, come un disco portatile o un nuovo umidificatore per la stanza da letto, e spesso fai una ricerca per capire quali prodotti hanno le caratteristiche migliori al prezzo migliore? E poi devi scoprire per quali cose non vale la pena pagare, e perché cavolo esiste un umidificatore da 800 dollari? Beh, è il genere di cose che stiamo provando a fare al posto tuo con Wirecutter e Sweethome». Il titolo dell’articolo, non a caso, faceva riferimento al miraggio di «smettere di perdere tempo confrontando i prezzi dello shopping».

Wirecutter e Sweethome vengono aggiornati senza una reale cadenza temporale regolare: i test che mettono alla prova i prodotti possono durare mesi e mesi (sempre sull’Atlantic, Cheng parla di tutte le ore passate a parlare con un «ladro di biciclette professionista» per capire le proprietà essenziali di una buona chiusura antifurto). Mentre scriviamo, la sezione Laptops di Wirecutter evidenzia che il suo primo articolo, “What Laptop Should I Buy”, è stato aggiornato di recente: l’evento Apple del 27 ottobre verosimilmente prevederà «l’annuncio di nuovi Mac, dato che l’azienda non aggiorna la sua linea da più di un anno», per cui il sito annuncia cautela nel programmare un acquisto. Se aggiungiamo i diagrammi di flusso, le spiegazioni asciutte e divise per punti e il tono rilassato, a tutti gli effetti Wirecutter sembra il vecchio zio saggio dello shopping online.

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Ma perché, ci si può chiedere, il più grande quotidiano del mondo è interessato a un servizio del genere? La creatura di Brian Lam finora ha incassato entrate col sistema degli “affiliate link” di Amazon e altri siti di e-commerce: quando un utente clicca su un prodotto consigliato da Wirecutter e Sweethome e finisce per comprarlo, al sito spetta una piccola percentuale. Il Ceo Thompson ha definito questo modello di business «molto affascinante», e per quanto il Times faccia già attualmente uso di questi collegamenti – si trovano più che altro in recensioni di libri bestseller e gadget – il direttore della testata Dean Baquet ha dichiarato che questa acquisizione significa, in buona sostanza, «un deciso passo verso un’adozione più profonda di questo approccio».

«Piuttosto che costruire il suo sistema di affiliate linking da zero, il New York Times ha deciso di comprarne uno» ha osservato Poynter. In tempi in cui la direzione ventura dei giornali passa dalla discussioni su temi come il native advertising e le nuove forme di pubblicità online, il modello di Wirecutter sembra essere una possibile risposta a molti interrogativi. Prima del Times, d’altronde, avevano già iniziato a farne uso i gruppi di Gawker Media e Vox Media, in cerca di nuove forme di advertising non invasivo che permettano di far quadrare i bilanci. La versione americana di Vogue, da parte sua, ha deciso di reinventare Style.com in un portale di e-commerce che rappresenta, secondo Business of Fashion, «un cammino senza ostacoli che unisce ispirazione e compravendita».

La mossa del quotidiano diretto da Dean Baquet segue una svolta che lo stesso Poynter definisce come orientata verso il «service journalism», ossia un tipo di giornalismo meno informativo e più “utile” in senso stretto, pragmatico, orientato al lifestyle più immediatamente esperibile: è quello dei verticali delle neonate sezioni del Times Cooking (specializzata in ricette culinarie), Watching (cinema e serie tv) e Well (salute e attività fisica). Commentando i 150 milioni di dollari di profitti che Wirecutter ha incamerato nel 2015, Bloomberg ha parlato del «piccolo sito tech che ha trovato un nuovo modo per far guadagnare gli editori». Uno staff di sessanta persone può raggiungere risultati così enormi? Probabilmente la chiave di volta del successo del modello Wirecutter è in una frase del suo deus ex machina Brian Lam: «È che la gente si fida di noi. E noi conquistiamo quella fiducia facendogli trovare articoli scritti dopo ricerche approfondite».

Nelle immagini: il giardiniere capo del giardino botanico di Tregothnan Neil Bennett ispeziona piante di tè nel 2009