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Charli xcx sarà produttrice e protagonista del nuovo film di Takashi Miike Chiusa ufficialmente la brat summer, la cantante ha deciso di dedicarsi al cinema.
A Parigi hanno dimostrato che la migliore arma contro l’inquinamento è la pedonalizzazione 100 strade chiuse al traffico in 10 anni, inquinamento calato del 50 per cento.
Tutti i media hanno ripreso un articolo di Reuters sulla vibrazione atmosferica indotta, che però non c’entra niente con il blackout iberico (e forse non esiste) E infatti Reuters quell'articolo è stata costretta a cancellarlo.
La chiusura della più famosa sauna di Bruxelles è un grosso problema per la diplomazia internazionale A Bruxelles tutti amano la sauna nella sede della rappresentanza permanente della Finlandia. Che ora però resterà chiusa almeno un anno.
C’è un cardinale che potrebbe non partecipare al conclave perché non si riesce a capire quando è nato Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo emerito di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, ha 80 anni o 79? Nessuno riesce a trovare la risposta.
La Corte europea ha vietato ai super ricchi di comprarsi la cittadinanza maltese Per la sorpresa di nessuno, si è scoperto che vendere "passaporti d'oro" non è legale.
Una nuova casa editrice indipendente pubblicherà soltanto libri scritti da maschi Tratterà temi come paternità, mascolinità, sesso, relazioni e «il modo in cui si affronta il XXI secolo da uomini».
Nella classifica dei peggiori blackout della storia, quello in Spagna e Portogallo si piazza piuttosto in basso Nonostante abbia interessato 58 milioni di persone, ce ne sono stati altri molto peggiori.

Le pubblicità su Netflix non stanno andando come previsto

16 Dicembre 2022

A quanto pare, i nuovi piani di abbonamento recentemente lanciati daNetflix, i primi della sua storia che prevedono la presenza di contenuti pubblicitari, non stanno andando come l’azienda prevedeva e sperava. A dare la notizia è stato DigiDay, che ha raccolto le dichiarazioni di cinque agenzie pubblicitarie che per conto dei loro clienti hanno acquistato spazi promozionali su Netflix. Uno di questi ha dichiarato che «non possono [quelli di Netflix, ndr] rispettare gli accordi presi. Stanno letteralmente restituendo i soldi ai clienti».

Pare che le difficoltà della piattaforma streaming con la pubblicità derivino dalla peculiare offerta proposta ai potenziali investitori. Un’offerta che i dirigenti della piattaforma hanno battezzato “pay on delivery” e che prevede che chi compra degli spazi pubblicitari su Netflix paghi non lo spazio in sé e per sé ma il numero di utenti della piattaforma effettivamente raggiunti dalla pubblicità. Per capirsi: è un po’ il contrario del modello pubblicitario televisivo. In quel caso, gli investitori spendono dei soldi per acquistare uno spazio promozionale, al quale viene assegnato un costo in base alla sua desiderabilità, potenziale efficacia, adesione ai desideri dell’investitore, etc.. Nel modello di Netflix, invece, lo spazio viene pagato in proporzione solo agli utenti effettivamente raggiunti, non in base a una stima preventiva e potenziale di quelli che potrebbero essere raggiunti. La cosa si sta rivelando controproducente per Netflix che, stando sempre all’articolo di DigiDay, in alcuni casi è riuscita a raggiungere soltanto l’80 per cento degli utenti promessi agli investitori. Il problema è particolarmente grave per tutte le aziende che hanno investito in pubblicità su Netflix in vista della stagione natalizia. Questi clienti non possono aspettare che gli utenti decidano di passare del tempo a guardare una serie o un film su Netflix e abbiano quindi l’occasione di vedere la pubblicità che loro hanno acquistato. Sono proprio gli investitori con questa particolare urgenza quelli che si stanno facendo restituire i soldi per spostare l’investimento su altri media.

I ripensamenti si spiegano probabilmente anche con il fatto che Netflix è la piattaforma streaming che vende i suoi spazi pubblicitari al prezzo più alto. Le prime offerte presentate ai clienti prevedevano un prezzo di 65 dollari ogni mille impression, prezzo assai più alto rispetto, per esempio, a Disney+, il cui spazio pubblicitario più caro viene venduto a 50 dollari ogni mille impression. Le difficoltà hanno già costretto Netflix a rivedere il suo listino prezzi: da 65 dollari adesso siamo già scesi a 55, prezzo destinato a scendere ulteriormente. C’è da dire, però, a difesa di Netflix, che nello stesso articolo di DigiDay si precisa che molte aziende che hanno comprato pubblicità su Netflix hanno confermato l’investimento nonostante i risultati per il momento al di sotto delle aspettative: la loro speranza è che il numero di abbonati con il piano che prevede la presenza di contenuti pubblicitari aumenti nei prossimi mesi.

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