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La battaglia di Navalny
Dopo la recente inchiesta pubblicata dalla FBK, lo scontro tra i due uomini più influenti di Russia ha raggiunto il livello più alto. Alcuni articoli per approfondire.
Mosca, 17 gennaio (Photo by KIRILL KUDRYAVTSEV/AFP via Getty Images)
All’inizio del lungo video pubblicato dalla FBK, la Fondazione per la lotta alla corruzione guidata da Alexei Navalny, appare una scritta in russo che si rivolge agli spettatori e li esorta a scendere in strada per manifestare «nel centro delle vostre città» sabato 23 gennaio alle 14:00: «Per molti anni, Navalny ha combattuto per i nostri diritti. Ora è il momento di combattere per lui», annuncia. Il video che accusa Putin del «più grande atto di corruzione al mondo» e denuncia i fondi illeciti con cui avrebbe costruito un enorme palazzo sul Mar Nero, è parte di un’inchiesta che è stata messa online dalla FBK tre giorni dopo l’arresto di Navalny, avvenuto domenica 17 gennaio all’aeroporto di Mosca. L’arresto era annunciato, ma il leader dell’opposizione russa ha scelto di tornare ugualmente in patria, dopo i mesi passati in Germania per riprendersi dal tentativo di avvelenamento dello scorso agosto. Ora è rinchiuso nel carcere di Matrosskaya Tishina, e non è l’unico della sua organizzazione a essere stato preso in custodia. Giovedì 21 gennaio, infatti, sono stati arrestati alcuni dei suoi collaboratori più fidati, tra cui la portavoce Kira Yarmysh, gli avvocati Lyubov Sobol e Vladlen Los e l’attivista Georgy Alburov. Putin è ora in una situazione difficile e lo scontro tra i due ha raggiunto la sua vetta più alta: abbiamo raccolto alcuni articoli per approfondire la situazione.
In questo articolo, Politico riflette sull’ipocrisia di molti politici occidentali, che avrebbero usato il caso di Navalny solo come una scusa per presentarsi come i “campioni della democrazia”, nonostante continuino a ignorare o addirittura a permettere altri abusi di potere così vicini al loro governo. L’invettiva è in primo luogo contro l’America: secondo Politico, la violenta rivolta che ha scosso Washington a inizio gennaio, con gli attacchi di Capitol Hill, sarebbe l’apice dell’ipocrisia del governo americano, interessato alla difesa della democrazia soltanto per una questione di facciata.
Masha Gessen ha celebrato l’intrepido ritorno di Alexey Navalny in Russia con un articolo che ripercorre le imprese di un uomo che viene presentato più o meno come un supereroe: «Il superpotere di Navalny è stata la sua capacità di mostrare alle persone ciò che avevano sempre saputo del regime di Putin, ma loro avevano la possibilità di fingere di allontanarsene. Lui ha mostrato la profondità della corruzione del regime. Ha dimostrato che la polizia segreta di Putin stava commettendo omicidi. Con il suo ritorno in Russia, ha mostrato la totale mancanza di immaginazione e incapacità del regime di pianificare in anticipo».
Grazie al suo «straordinario coraggio» Navalny ha messo Putin in una posizione molto difficile, come rileva il New York Times. «La repressione è l’unica via che Putin conosce. Ma sta anche imparando che, nell’era dei social media, ogni arresto con un’accusa inventata non fa che ampliare il seguito di Navalny e amplifica le sue accuse di corruzione nei confronti di chi governa la Russia». Se Putin decide di imprigionarlo, avrà tra le mani un celebre prigioniero politico. Se lo libera, apparirà debole ai suoi luogotenenti e seguaci, e sarà costantemente assalito dall’opposizione guidata da Navalny.