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Tutti i media hanno ripreso un articolo di Reuters sulla vibrazione atmosferica indotta, che però non c’entra niente con il blackout iberico (e forse non esiste) E infatti Reuters quell'articolo è stata costretta a cancellarlo.
La chiusura della più famosa sauna di Bruxelles è un grosso problema per la diplomazia internazionale A Bruxelles tutti amano la sauna nella sede della rappresentanza permanente della Finlandia. Che ora però resterà chiusa almeno un anno.
C’è un cardinale che potrebbe non partecipare al conclave perché non si riesce a capire quando è nato Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo emerito di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, ha 80 anni o 79? Nessuno riesce a trovare la risposta.
La Corte europea ha vietato ai super ricchi di comprarsi la cittadinanza maltese Per la sorpresa di nessuno, si è scoperto che vendere "passaporti d'oro" non è legale.
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Nella classifica dei peggiori blackout della storia, quello in Spagna e Portogallo si piazza piuttosto in basso Nonostante abbia interessato 58 milioni di persone, ce ne sono stati altri molto peggiori.
Microsoft ha annunciato che dal 5 maggio Skype “chiude” definitivamente L'app non sarà più disponibile, chi ancora si ricorda le credenziali potrà usarle per accedere a Teams.
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Diversi musei stanno “ribattezzando” come ucraine opere finora considerate russe

20 Marzo 2023

Nelle ultime settimana, diversi musei americani e inglesi hanno deciso di “ribattezzare” alcune opere ospitate nelle loro gallerie. Tra gli esempi più recenti c’è il Metropolitan Museum of Art di New York, che ha deciso di cambiare il titolo dell’opera “Danzatrici russe” di Edgar Degas in “Danzatrici con abiti ucraini”. La stessa cosa ha fatto la National Gallery di Londra, sempre con una delle opere di Degas appartenenti a questa serie: in questo caso, il nuovo titolo scelto è stato “Danzatrici ucraine”. E ancora: il J. Paul Getty Museum di Los Angeles ha indetto un referendum sul suo sito per dirimere la questione, e anche in questo si è deciso che le danzatrici di Degas non sono russe ma ucraine.

Queste decisioni sono la conseguenza di un movimento d’opinione che è cresciuto e si è rafforzato molto nel corso dell’ultimo anno, a partire dal 24 febbraio 2022, giorno in cui la Federazione russa ha invaso l’Ucraina. Un movimento d’opinione che coinvolge musei di tutto il mondo e che sta portando a una profonda “revisione” del contribuito ucraino a quella che fino a questo momento è stata considerata cultura russa: artisti e opere finora etichettate come provenienti dalla Russia zarista o da quella sovietica vengono ora raccontati e riconosciuti come parte del patrimonio storico-culturale ucraino. Un processo che, però, si sta rivelando più complicato del previsto: d’altronde, essere nati in un luogo non significa necessariamente appartenere a quel luogo. «Attribuire una nazionalità a un’artista, soprattutto nei casi in cui questa attribuzione venga fatta a posteriori, è un’operazione delicata», ha spiegato al New York Times Glenn D. Lowry, direttore del Museum of Modern Art di New York. «Facciamo ricerche rigorosissime e scriviamo le biografie dell’artista facendo attenzione alla nazionalità che a lui/lei era attribuita al momento della morte e della nascita, a eventuali viaggi per emigrare e ai mutamenti dello scenario geopolitico dell’epoca».

Un esempio della ricerca che viene svolta prima di procedere con il cambiamento del titolo di un’opera o della nazionalità di un/una artista è proprio quello del Met e delle “Danzatrici russe” di Degas. L’opera veniva descritta come «donne in abiti tradizionali russi» in una pagina del diario dell’artista datata 1899. Ma il dubbio sulla correttezza della descrizione ha portato diversi studiosi ad analizzare approfonditamente l’opera e ha stabilire con certezza che quelli dipinti da Degas fossero vestiti folkloristici ucraini. Che le danzatrici fossero ucraini e non russe, invece, non c’è stato modo di verificarlo: da qui la decisione di ribattezzare l’opera “Danzatrici con abiti ucraini”.

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