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Il MoMA di New York esporrà il primo set di emoji del 1999

27 Ottobre 2016

Oggi il prestigioso Museum of Modern Art di New York ha acquisito i diritti di riproduzione delle prime 176 emoji mai prodotte, opera del web designer Shigetaka Kurita e destinate ai cellulari e cercapersone giapponesi del 1999. A quasi vent’anni di distanza, le emoji hanno fatto parecchia strada, ottenendo fama internazionale a partire dal 2010 – quando hanno fatto la loro prima comparsa nello standard Unicode – e soprattutto dall’anno seguente, quando Apple le ha aggiunte al suo sistema operativo mobile iOs.

emo

«Volevamo iniziare con queste, ma ora non abbiamo intenzione di fermarci», ha fatto sapere Paola Antonelli, l’italiana curatrice del dipartimento architettura e design del MoMA, «questo non è un momento nella storia del museo, è un periodo. E con questa collezione di digital design ci stiamo avvicinando molto alla quotidianità delle persone». Le prime emoji, pur rudimentali e in soli sei colori, portano con sé anche spiegazioni di quelle che usiamo oggi: ad esempio, che bisogno c’è di tutte quelle fasi lunari o di diversi tipi di precipitazioni? Il motivo è che DoCoMo, il principale operatore mobile giapponese dietro al progetto delle emoji primigenie, usava i glifi per inviare previsioni del tempo ai suoi utenti: c’era bisogno di rappresentare più condizioni meteorologiche.

Allo stesso modo, le scarpe, gli hamburger e i bicchieri di Martini erano strumenti di marketing con un obiettivo preciso: guidare il cliente di DoCoMo verso una serie di servizi presenti dove si trovava. Oggi le emoji sono entrate nel mainstream, e come nota la Antonelli «non potremmo mai farne a meno». Il MoMA metterà in mostra il nuovo pezzo della sua collezione sia come wallpaper che come serigrafie nell’atrio del museo. E l’acquisizione verrà presentata ufficialmente la settimana prossima alla fiera Emojicon di San Francisco.

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