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14:33 lunedì 20 ottobre 2025
Persino la ministra della Cultura francese ha ammesso che i ladri che hanno rubato i gioielli dal Louvre sono stati «molto professionali» Una sconsolata Rachida Dati ha dovuto ammettere che i ladri hanno agito con calma, senza violenza e dimostrandosi molto esperti.
Gli addetti stampa della Casa Bianca hanno risposto «tua madre» a una normalissima domanda di un giornalista durante una conferenza stampa Una domanda sul vertice tra Trump, Putin e Zelensky a Budapest, che Karoline Leavitt e Stephen Cheung hanno preso molto male, a quanto pare.
Hollywood non riesce a capire se Una battaglia dopo l’altra è un flop o un successo Il film di Anderson sta incassando molto più del previsto, ma per il produttore Warner Bros. resterà una perdita di 100 milioni di dollari. 
La Corte di giustizia europea ha stabilito che gli animali sono bagagli e quindi può capitare che le compagnie aeree li perdano Il risarcimento per il loro smarrimento è quindi lo stesso di quello per una valigia, dice una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea.
È uscito il memoir postumo di Virginia Giuffre, la principale accusatrice di Jeffrey Epstein Si intitola Nobody’s Girl e racconta tutti gli abusi e le violenze subiti da Giuffré per mano di Epstein e dei suoi "clienti".
È morto Paul Daniel “Ace” Frehley, il fondatore e primo chitarrista dei KISS Spaceman, l'altro nome con cui era conosciuto, aveva 74 anni e fino all'ultimo ha continuato a suonare dal vivo.
Dell’attentato a Sigfrido Ranucci sta parlando molto anche la stampa estera La notizia è stata ripresa e approfondita da Le Monde, il New York Times, il Washington Post, Euronews e l’agenzia di stampa Reuters.
Oltre alle bandiere di One Piece, nelle proteste in Usa è spuntato un altro strano simbolo: i costumi gonfiabili da animale Costumi da rana, da dinosauro, da unicorno: se ne vedono diversi in tutte le città in cui si protesta con Trump e contro l'Ice.

Il senso del camp al Met Gala 2019

Mai come quest’anno il tema della mostra era inafferrabile e vasto. Proprio come lo è un red carpet.

07 Maggio 2019

In uno dei tanti contenuti pubblicati da Vogue Us in preparazione al grande galà di apertura della mostra Camp: Notes on Fashion, curata da Andrew Bolton per il Metropolitan Museum of Art di New York, Anna Wintour risponde alle telefonatissime domande che le pongono improbabili passanti, mentre lei è saldamente occhialata, come sempre, dietro la sua scrivania al One World Trade Center: «Harry Styles mi ricorda Mick Jagger, sono sua fan, spero sarà eccessivo e colorato» (qui non c’ha tanto preso visto che Styles, al fianco di Alessandro Michele, era in nero velato)… «Sul red carpet la cosa più importante è indossare delle scarpe della tua misura»… «Speriamo di vedere qualcosa di oltraggioso e divertente», ma soprattutto: «Il tema del Met Gala è scelto dal curatore del Constume Institute, a volte anche cinque anni prima. L’unico consiglio che gli ho mai dato è di fare in modo il titolo della mostra fosse sempre immediatamente comprensibile a tutti». Subito dopo ammette che quest’anno il compito non era per niente facile, non tanto per il titolo – la parola unica c’è, camp! – quanto per la difficoltà di richiamare alla mente qualcosa di unico, ben definito, inequivocabile. Cosa e chi è camp nel 2019? Ru Paul? Hamish Bowles? Lady Gaga?

In questi giorni, un profluvio di articoli – alcuni dei più interessanti li abbiamo raccolti nella nostra rassegna settimanale, con qualche bonus – ha provato a inquadrare un’attitudine, una sensibilità, una peculiare vocazione che è estetica e letteraria e che, come molte cose che oggi vengono consumate e metabolizzate da e su internet, nasce come un fenomeno performativo piuttosto circoscritto. E qui già viene fuori il primo problema, difficile da rendicontare perché sia «immediatamente comprensibile a tutti». A partire dal testo fondante della mostra, quelle 58 «seriose stronzate» (per dirla con Arbasino) che sono le lezioni di Susan Sontag, sì seminali ma anche piuttosto circoscritte pure loro, perché a voler essere precisi ci sarebbe da riportare un intero dibattito intorno alla metodologia che la critica americana usa per arrivare a una definizione di “camp”, e chi c’ha voglia di questi tempi? Quindi resta il fatto che quando una cosa diventa mainstream inevitabilmente si diluisce e perde di identità, diventa molle e liquida e duttile, ma come funziona quando questa cosa era molle già in partenza? Funziona che centinaia di celebrity si mettono in fila per apparire su un tappeto rosso vestite di vestiti che solo – approssimativamente – nel 3% dei casi hanno un senso di esistere: ci saranno inevitabili armature dorate, capelli e parrucche pastellati, paillettes e piume di marabù a volontà, tanto rosa e la bandiera Lgbtq+ spalmata come marmellata sulle più insipide modelle e modelline e, incredibilmente, così pochi copricapo e fiocchi e crostacei.

Ci sarà anche pochissimo vintage, perché sul tappeto rosso tutto è nuovo e tutto scintilla – ha scritto Aileen Kwun su Cnn Style che negli angoli estremi della nostra realtà tutto può essere classificato come camp, «dagli eccessi esagerati del tardo capitalismo alle pericolose conseguenze del cambiamento climatico fino al caos politico provocato dalla presidenza asinina di Donald Trump» – e alla fine, refreshando ossessivamente Twitter e Instagram dove i look iniziano ad apparire più o meno intorno alla mezzanotte italiana, si rimane con la sensazione che il Met Gala, e il Met Gala sul camp, è un’altra di quelle cose che scorrerà squagliandosi nelle nostre timeline. E però ci terremo a ripostare i meme, a cercare secondo la nostra personalissima posa pubblica la frase da scrivere o da non scrivere sulle nostre piattaforme, perché anche ignorare del tutto l’argomento e/o bacchettare gli altri che non ne sanno nulla è pur sempre una posa, e se avessimo cinque minuti in più potremmo convincere chiunque del perché Céline Dion era camp pur non sapendo cos’è il camp e Cardi B, oh meno male che c’è Cardi B, è camp nel modo in cui usa i social ma non nei suoi look. Ma in fondo, davvero, a chi interessa? Stiamo parlando da una settimana di una mostra di moda ed è questa, per davvero, l’eredità più grande che nessuno potrà mai negare alla campissima Anna Wintour.

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