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11:38 domenica 21 dicembre 2025
Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto La trama della nuova commedia di Iñárritu resta avvolta dal mistero, soprattutto per quanto riguarda il ruolo da protagonista di Tom Cruise.
C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.

Marty Feldman

La prima biografia a 30 anni dalla morte dell'attore: vegetariano, romantico che si è svegliato ogni mattina sperando di essere un trombettista nero.

05 Dicembre 2012

L’ironia di un uomo la si evince anche nella ricerca di un sosia, specie se sei Marty Feldman, forse, anzi no, di sicuro uno dei più brutti attori di sempre. E Feldman era talmente autoironico da cercare con ostinazione un sosia con le sue stesse storture: rispettivamente in occhi, naso e gambe. L’ha trovato, si chiamava Michael McConckey ed era diventato il suo sé da giovane nel film Io, Beau Geste e La Legione Straniera, film di cui cura la regia nel 1977.
Il morbo di Basedow-Graves già da una dozzina d’anni gli aveva stravolto il viso, rendendolo poi Igor, il paroliere nato di Frankestein Junior che Mel Brooks faceva comunicare quasi solo grazie a quegli occhi strabuzzati. Ma a mettere in risalto più che i tratti il genio di Feldman è Robert Ross, monty-pythonista, che ha realizzato la prima biografia dedicata a Marty Feldman esattamente a 30 anni dalla morte dell’attore. Edito da Sagoma,l’e-book è in vendita dal 2 dicembre (giorno della morte dell’attore) in attesa che diventi anche cartaceo a febbraio inoltrato. Robert Ross mette le mani su un sussidiario infinito, di fallimenti e sfighe, quasi tutte scritte dallo stesso Feldman che ha tentato di scrivere di sé. E ha fallito, appunto.

Forse è stato meglio così, perché, zeppe e gilet, Lauretta Sullivan eternamente bella e per 23 anni al suo fianco, l’attore che appariva sicuro di sé sarebbe stato in grado di riassumere solo una grande, l’ennesima, débâcle emotiva: perché non c’è confessione rilasciata e scovata da Ross, in cui l’attore non pecchi di vittimismo. Per quanto la sua fama fosse incastrata tra culto e abuso dell’Igor creato da Brooks, una sua definizione girava più di quel personaggio «La mia faccia riflette in pieno il disastro totale della mia vita».
Più che alle piscine e alla Hollywood innamorata dell’umorismo di questo ebreo ucraino ma inglesissimo, Ross raccoglie i pezzi che hanno portato Feldman a essere un comico colto e non una star dispotica alla Peter Seller. Come la pietra miliare, base di quello che Feldman avrebbe scritto e interpretato:  lasciata Londra dopo l’ennesima cacciata dai college  si trascina con entusiasmo a Parigi con l’ossessione maturata nei bar della capitale per il jazz. Sotto il braccio ha una tromba avvolta in fogli di cartone, riesce a farsi scritturare all’Honey Johnson, minuscolo jazz club di Montparnasse, e scarsissimo come trombettista riesce a resistere tre mesi conquistando il pubblico: «Fingevo che il dottore mi avesse proibito di suonare la tromba, mi sistemavo e dicevo: vorrei tanto suonare con voi stasera. Suonavo 4 note scarne che conoscevo e poi recitavo “voi capirete che non posso suonare troppo a causa dei problemi al torace” e tutti si dimostravano molto comprensivi».

Non è un caso che in Italia più che alla chicca che ha messo le basi della comicità moderna inglese, il programma The Frost Report ideato con metà dei futuri Monty Python, si pensi a lui solo per la sua oftalmopatia o per il film a episodi 40 gradi all’ombra del lenzuolo con Edwige Fenech e Tomas Milian. Peccato perché Feldman negli anni Sessanta avrebbe anticipato il filone riuscito negli anni Zero alle celeb: ovvero sono quello che mangio e te lo dimostrerò. Il vegetarianesimo da lui professato lo rendeva una contraddizione vivente visti i suoi abusi di alcool e droghe, ma la sua non era una scelta salutista quanto una posizione morale adottata in tenera età, come avrebbe ribadito nel ’77 durante una trasmissione per la tv olandese:  «Sono cresciuto nei sobborghi di Londra in città, e in città da bambino non vedi animali, a parte piccioni, gatti, cani e cavalli. Niente che la gente mangi. Quando scoppiò la guerra venni evacuato in campagna in una fattoria e presi a giocare con gli animali. E un bel giorno George il coniglio era diventato George la cena».
Sempre a Parigi confessa la sua educazione sentimentale che l’avrebbe portato a masticare una quantità infinita di poesie, sempre a un passo da pubblicare, sempre tratto in salvo dalla troppa timidezza: Ross ritrova la testimonianza di un Marty nostalgico e adolescente che vaga per le avenue parigine e vede lei, che «pareva uscita dalla Bohème, era il  sogno di ogni quindicenne: bella selvaggia che andava in giro con la camicia del fidanzato addosso» ma il disincanto segue pochi mesi dopo quando, tornato in Inghilterra, la rivede, «una sgualdrina dell’East End  che girava per Londra vestita da Teddy Girl». Il cuore si sistema, il naso no, quello va in pezzi durante gli incontri clandestini di boxe a cui partecipa ubriaco, legge moltissimo, continua a desiderare follemente di svegliarsi nero e con il jazz nel sangue, frequenta i bar africani di Londra vestito da hipster bianchissimo, poi fonda la sua nuova vita: il trio Morris, Marty e Mitch. Eppure, anche se il suo fisico inizia a farsi notare, specie nelle parti comiche, è alla radio che nasce il suo grande amore con Barry Took, con cui sigla The Army Game a metà anni Cinquanta. Il resto è la corsa della comicità britannica: inarrestabile, supportata da BBC e dai tour infiniti dei Monty Python e che vede la celebrazione con Marty, la serie tv su e per Marty Feldman caso della ITV.

A Hollywood indossa improbabili smoking dai toni zuccherosi: sono gli stessi di Gene Wilder amico e co-protagonista di altre due pellicole targate Brooks, solo che sull’alter ego di Willy Wonka quegli smoking non risultano così improbabili. Durante gli anni Settanta l’attore presenzia alle feste di  Los Angeles accompagnandosi con la madre che sfodera tubini perlati mentre lui rilascia smorfie con occhiali da aviatore. «Laurette amava le feste di Hollywood, Marty le detestava» racconta la sorella Pamela «lui amava Hampstead, specie quando la sua carriera hollywodiana aveva iniziato a sfilacciarsi e voleva tornare a casa, in Inghilterra». Il sole sui boulevard si sta spegnendo e gli occhiali da aviatore Marty se li toglie definitivamente nel 1980 quando sale sul palco del Muppet Show: entra in scena gridando «Stanno arrivando gli inglesi, Stanno arrivando gli inglesi!» e poi mormora «Sono inglese e sto arrivando!». Ross parla di vaudeville puro, lo stesso che Marty Feldman avrebbe voluto omaggiare platealmente ringraziando il “suo” Buster Keaton, comico a cui aveva cercato di dare forma nel film che desiderava realizzare sull’attore. Invece, a celebrare il Keaton degli anni Sessanta, ovvero Feldman, è stato Graham Chapman, ultimo a vederlo sul set di un loro film, Barbagialla il terrore dei setti mari e mezzo, e a perderlo sotto gli occhi in una stanza del Galeria Plaza Hotel di Città del Messico.

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