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Il futurewear secondo Marine Serre

Esce oggi una speciale capsule-collection per Mytheresa: la designer francese racconta in esclusiva com’è nato il progetto e cosa significa per lei l’abbigliamento del futuro.

di Silvia Schirinzi

Marine Serre X Mytheresa, styling di Julian Paul, foto di Mark Pillai, modella Nicole Atieno

Pochi designer, negli ultimi anni, sono riusciti a creare per il proprio marchio un’identità così definita e riconoscibile come ha fatto Marine Serre. Il fortunato logo con la mezzaluna all’ingiù (AOM, e cioè “all over-the-moon”), e i body, i cappellini e gli accessori che lo ricreano, son assurti ben presto a una notorietà che sembra quasi di altri tempi e che oggi chiamiamo viralità, eppure Serre è una designer che pensa ossessivamente al futuro. Oggi debutta la sua speciale collezione realizzata per Mytheresa, piattaforma leader nel settore dell’e-commerce luxury di base a Monaco di Baviera, composta da 28 pezzi che affrontano due temi distinti e che incarnano entrambi la visione eco-futuristica del marchio. Il primo è chiaramente l’activewear, suo grande punto di forza, che le ha permesso di raggiungere il successo commerciale. Così ecco la maglia aderente e i “catsuit” con le mezzelune stampate ormai diventati icona (da Beyoncé alle Blackpink, chi non li ha indossati?), ma ci sono anche le tute, i top e i leggings, disponibili in nuove varianti di colori. La seconda parte della speciale collezione si concentra invece sui materiali: i capi sono infatti realizzati a partire da lenzuoli rigenerati, pantaloni e capi in pelle recuperata. 

Styling di Julian Paul, foto di Mark Pillai, modella Nicole Atieno

Classe 1991, Marine Serre si è laureata a La Cambre nel 2016 e nel febbraio del 2018 ha debuttato alla settimana della moda di Parigi, diventando ben presto una delle personalità più interessanti fra i marchi francesi di nuova generazione. Sin dal suo esordio, Serre si è concentrata sull’innovazione e la sostenibilità e ne ha fatto il tema centrale di tutte le sue collezioni (come quando, per la collezione Primavera Estate 2020, ha sfilato sotto la pioggia in una vecchia pista fuori Parigi, e gli inviti erano ombrelli), combinando una predilezione per la sperimentazione di nuovi materiali e un forte interesse verso la questione dell’ambientalismo, utilizzando tecniche come l’upcycling (la metà dei suoi abiti è ricavata da materiali di scarto) e muovendosi in quella perigliosa intersezione in cui oggi la moda, che di mestiere produce oggetti del desiderio spesso scollegati dallo loro reale funzione, incontra la ridefinizione dei modelli di business che hanno caratterizzato l’industria. 

Styling di Julian Paul, foto di Mark Pillai, modella Nicole Atieno
Styling di Julian Paul, foto di Mark Pillai, modella Nicole Atieno
Styling di Julian Paul, foto di Mark Pillai, modella Nicole Atieno

E proprio la capacità di stare in quell’intersezione è ciò che oggi la definisce meglio, tra loghi virali e spirito consapevole, come racconta lei stessa descrivendo la collezione realizzata per Mytheresa: «L’idea era di lavorare sugli stili cardine del marchio. Per noi era importante rappresentare il lavoro di upcycling nella collezione, insieme all’idea di avere un total look Marine Serre adatto alla quotidianità, arricchendo l’offerta con le scarpe – disegnate in collaborazione con Jimmy Choo – che potessero adattarsi all’activewear e al comfort di questi indumenti». Così nasce «il catsuit in jersey realizzato con strati di sciarpe di seta rigenerata e tagliate di sbieco, l’abito ricavato da lenzuola rigenerate e i pantaloni in pelle, realizzati con pelle recuperata e con il logo inciso, creati appositamente per Mytheresa», spiega ancora la designer. Ed è proprio questo concetto, quello della funzionalità dell’abito unito a un processo sostenibile di produzione, a essere particolarmente caro a Marine Serre, sempre più convinta che disegnare «capi per il futuro non significa che creare abiti futuristici, ma capi che rispondano alle nostre esigenze di vita quotidiana. Si tratta di vedere la moda come un servizio e non come qualcosa di separato dal resto del mondo».