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Un idiota di successo

Lo youtuber Logan Paul, dai video virali in cui fa incazzare tutti alle comparsate nella tv americana, è l'esempio perfetto di cosa sia la fama nell'era di internet.

di Giulio Silvano

Law & Order, una delle serie più longeve e di maggior successo, tanto da creare un franchise, può contare una lunga lista di guest star che nel corso delle stagioni interpretano criminali o testimoni; come Philip Seymour Hoffman nella parte di uno spacciatore difeso da un avvocato interpretato Samuel L. Jackson, o Julia Roberts che fa l’organizzatrice di eventi in un episodio del ‘99. Lo spin-off Special Victims Unit ha seguito questa tradizione, esaltando ancora di più la frequenza di premi Oscar e icone di Hollywood, da Angela Lansbury ad Alec Baldwin, da Robin Williams a Chloe Sevigny. La star di un episodio del 2015 è Logan Paul, allora all’inizio della sua fama di internet personality. L’anno prima aveva mollato l’università – ingegneria alla Ohio University – per dedicarsi ai suoi video caricati su YouTube, trasferendosi a Los Angeles. Quell’anno, prima di Law & Order, i suoi follower da qualche centinaia di migliaia passarono, unendo tutte le piattaforme social, ad alcuni milioni e, nel 2015, Paul venne inserito al decimo posto nella top ten delle most influential personalità presenti su Vine. Business Insider pubblicò un articolo dal titolo “Logan Paul ha conquistato internet, ma non ha ancora capito come conquistare il mondo”.

Erano appena passati gli anni d’oro di YouTube (2008-2011), sui social il lato editoriale e quello pubblicitario dei post iniziavano il loro mortale abbraccio, ma era comunque il mondo di internet prima dei “content creator” ed esisteva ancora, se non una sostanza, una parvenza artigianale dei video caricati (wave che poi è tornata con TikTok). I primi vine di Paul, con un tentativo comico, durano pochissimi secondi, e sono quasi sempre a spese di sconosciuti: lui che entra in macchine a caso con gente al volante, che fa la scimmia in metropolitana, o che prende in giro qualcuno fingendo di fare un documentario naturalistico “qui potete osservare un esempio di ragazzo nella friendzone”. Nella gran parte dei casi è a petto nudo, e mostra addominali glabri e scolpiti compiendo acrobazie con velleità umoristiche. Nella categorizzazione da Breakfast Club, Logan Paul è il jock, lo sportivo, il vincente, il biondo americanissimo che va in palestra, ce l’ha sempre vinta, deride gli “sfigati” e si diverte, sempre. La presenza di Logan nel 2015 in una serie primetime come Law & Order – dove finisce ucciso a fine episodio dimostra che le self made internet personality potevano diventare veramente pop, cioè uscire dalla bolla della propria fandom, raggiungendo quindi il livello e i mezzi di visibilità di veterani attori pluripremiati. Emergere da YouTube e arrivare alla TV. Ma dimostra anche la rapidità della notorietà che permettevano questi mezzi, se si pensa che i primi video di Paul sono del settembre 2013. In due anni passa dal fare gli scherzi nel tempo libero a vero e proprio emblema della fama, entrando subito nel terreno della visibilità mainstream – al pari appunto di un Bradley Cooper o di una Sarah Paulson, o di volti che hanno segnato generazioni, come Henry Winkler (Fonzie) o James Van Der Beek (Dawson di Dawson’s Creek).

Logan Paul attrae, secondo alcuni giornali, per il suo bell’aspetto – la maggior parte dei suoi follower sono ragazze, scrivono – ma anche per quella che alcuni chiamerebbero “faccia da schiaffi”, cioè per un’incapacità, apparente almeno, di provare senso di colpa, di non riuscire a empatizzare con gli altri o a rispettare le autorità. Il fascino del bullo del liceo anarchico e caotico che diventa milionario. In un video del 2017 girato a Venezia offre a suo fratello 5.000 dollari per buttarsi nel bacino di San Marco, e per riavere indietro i soldi si spoglia e si tuffa anche lui mentre il libraio della Marco Polo gli urla: «È vietato, è illegale». «Avete chiamato la polizia? Bene, chiedetegli se vogliono unirsi alla LoGang», dice (i LoGang sono i suoi follower). Poi torna al Danieli in mutande, ridendo. In Giappone, vestito da Pikachu, aveva lanciato a un poliziotto una Poké Ball di peluche – ogni viaggio all’estero è cadenzato da superficialissime battute sugli stereotipi. Questo atteggiamento anti-empatico era stato portato al limite quando aveva pubblicato un video dalla foresta dei suicidi, ai piedi del Monte Fuji, mostrando un cadavere appeso a un albero, mentre lui indossava un buffo cappello raffigurante l’alieno di Toy Story. C’era stata una shitstorm che gli era costato un posto in un film, si era scusato, aveva donato un milione a organizzazioni per la prevenzione del suicidio e aveva assunto un marketing manager per evitare cose del genere in futuro. La sua traiettoria verso un pubblico più ampio era solamente all’inizio, proprio perché il suo percorso, sempre aderente allo Zeitgeist, è sempre stato fatto per adattarsi e modellarsi su nuovi trampolini verso la celebrità. «Voglio essere il più grande intrattenitore del mondo», diceva in un’intervista nel 2015. «E farò tutto il necessario per arrivarci. Lavorerò senza sosta». È riuscito a uscirne vincitore anche dopo diverse critiche da parte di animalisti – ci sono video di ratti elettrizzati con un taser e di pesci tirati fuori dall’acquario per “salvarli” con il bocca a bocca – e da parte della comunità LGBTQ+ quando decise di “diventare” gay per un mese.

Oggi, passati quasi sette anni dall’episodio di Law & Order, Logan Paul è posizionato da Forbes solamente al numero nove tra gli YouTuber più pagati – suo fratello Jake, che ha seguito le sue orme, iniziando proprio nei suoi video, è secondo. Prende comunque centinaia di migliaia di dollari a post, ma è con il wrestling e con il pugilato che ha trovato a un certo punto un nuovo modo per salire alla ribalta. Dopo brevi apparizioni nel talent show musicale The Masked Singer, ha annunciato che avrebbe sfidato sul ring il pugile Floyd Mayweather Jr., già medaglia d’oro alle Olimpiadi – evento che solo in pay-per-view ha avuto oltre un milione di spettatori. Il ragazzo del web contro un professionista. Nel wrestling ha combattuto anche contro un partecipante navigato come Rey Mysterio e il palco della Wwe è stata anche l’occasione per mostrare il suo bling, per esibire le sue spese pazze che accrescono il personaggio. A WrestleMania si è presentato con al collo la carta Pokémon più costosa al mondo, comprata da un collezionista a Como per oltre 5 milioni di dollari (un Pikachu olografico Illustrator), e con cui è anche entrato nel Guinness dei Primati.

Logan Paul con addosso la sua carta Pokémon di Charizard, prima del match contro Floyd Mayweather del 6 giugno 2021 (Foto di Cliff Hawkins/Getty Images)

Logan Paul è saltato anche su due dei grandi carri contemporanei: i podcast e le cryptovalute. Sul suo podcast, ImPaulsive, l’anno scorso ha ospitato Mike Tyson, che si è mangiato in diretta quattro grammi di funghetti allucinogeni, dopo aver fumato una canna, e poi si è messo a giocare con dei piccioni. Sul fronte crypto, invece, ha acquistato per anni milioni in criptovalute e Nft,  lanciando ad aprile un suo progetto chiamato “99 Originals”, composto da polaroid che ha scattato in giro per il mondo. «Volevo creare qualcosa senza tempo, che mostrasse chi sono dietro la macchina fotografica», ha detto in un video. Ha anche lanciato un marchio di bevande simil-Gatorade, Prime, e un servizio per la conservazione di rarissime carte collezionabili. Tutti i trend ipercontemporanei, che diventano anche fonte di reddito e ulteriore benzina verso la celebrità, siamo certi che verranno cavalcati da Logan Paul. Non è diverso se si pensa alla parabola di Donald Trump, seppur ancora ancorata a tic imprenditoriali novecenteschi: le bistecche, Trump University, il wrestling, i libri per diventare ricchi… E infatti Logan Paul, che ora ha 27 anni, ha annunciato a febbraio che quando compirà 35 anni, l’età minima richiesta dalla Costituzione, probabilmente si candiderà alla presidenza degli Stati Uniti.

Talent, YouTube, Pokémon, Nft… Logan Paul è un esempio massimo del vitalismo possibile nel nostro secolo, di quell’espressione fisica della vitalità, esuberante e senza freni morali, inzuppata nel capitalismo e retta dalla viralità dei contenuti. C’è qualcosa di dannunziano ma adattato ai device di oggi e orientato all’accumulo. Walter Siti, nel suo romanzo del 2020, La natura è innocente, scriveva: «Il vitalismo serve a esimersi da difettività e giustizia, non ha niente a che fare con la vita ed è l’altra faccia del nichilismo. Niente è peggio della cultura che si traveste da natura per non pagare dazio, come se il gusto di vivere “come diecimila” o al duecento per cento legittimasse ogni scelta».