Attualità

Le foto degli altri

Jennifer Lawrence e le altre. Abbiamo chiesto a quattro persone diverse di commentare il "celebrity leak" che ha colpito gli account iCloud di decine di star. C'entrano pregiudizi e sessismo o, dopotutto, non c'è nulla di così scandaloso?

di Aa.Vv.

“Tema caldo” è una rubrica che si propone di affrontare grandi argomenti di attualità con un taglio originale pescando dall’agenda politica, culturale, sportiva, internazionale del momento.“Tema caldo” vuole darvi  nuove domande a cui cercare nuove risposte, nuovi lati da cui leggere la realtà. Qui trovate la prima puntata, qui la seconda.

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La notizia più discussa degli ultimi giorni è certamente ciò che i media mondiali hanno ribattezzato “celebrity hack”, ovvero il furto di immagini private di diverse star di Hollywood (Jennifer Lawrence, Kirsten Dunst, Jenny McCarthy), popstar (Ariana Grande) e modelle (Kate Upton) a opera di un non meglio precisato cracker, che le ha postate su 4chan. Un interessante punto del Guardian firmato da Jessica Valenti definisce il guardare a queste foto «un abuso” non meno grave di quello perpetrato da chi ha violato gli account iCloud delle celebrità. Sulla stessa linea l’attrice Lena Dunham, che definisce «sex offender» l’autore del furto. Sempre l’autrice del pezzo del Guardian, pubblicato poco dopo la scoperta del leak, scrive:

C’è una tendenza nella cultura americana a far provare vergogna alle donne per la loro sessualità. Perciò non mi sorprenderebbe di vedere nei prossimi giorni discussioni sul perché in qualche modo è colpa delle star I cui telefoni sono stati violati.

Detto fatto: The Verge ha raccolto reazioni di uomini per cui il vero problema, alla fine, è uno soltanto: se ti sei scattata quelle foto, la colpa è tua. Potevi pensarci prima.
Per un commento apparso su BuzzFeed, invece, l’accaduto potrebbe essere uno spunto interessante per un approccio «meno puritano alla sessualità femminile», nonché – siccome, sostiene il pezzo, la sessualità non dovrebbe essere un «dirty secret» – qualcosa di simile a un’occasione per Jennifer Lawrence e le altre di volgere la cosa a loro vantaggio, perché di fatto in quelle foto non c’è nulla di scandaloso. Abbiamo chiesto in giro qualche opinione sulle implicazioni di questa vicenda.

 

Marta Corato per Soft Revolution ZineCosì impara a fare la strappona

Jennifer Lawrence e decine di altre celebrity hanno le tette. Una scoperta così sensazionale che valeva sicuramente la pena di violare la loro privacy e esporre al mondo delle foto private e che tali sarebbero dovute rimanere.

Questa vicenda è figlia della stessa mentalità che porta a usare “troia” come insulto: la sessualità delle donne viene usata come un’arma per umiliarle e sminuirle. È giusto usare le foto di Jennifer Lawrence per masturbarsi violentemente, però che troia. È colpa sua che se le è fatte. Così impara a fare la strappona. Dire che facendo queste foto se l’è cercata è solo a pochi passi di distanza dal dire che una vittima di stupro se l’è cercata. Avere una sessualità non è un crimine.

Forse il contenuto delle foto non è così scandaloso, ma lo è il fatto che queste donne vengano considerate un oggetto creato per la soddisfazione altrui. Lo è il fatto che chi ha condiviso queste foto con entusiasmo non si renda conto che quella è una foto è una persona vera, che tutto vorrebbe meno che quegli scatti diventassero di pubblico dominio. Se fosse una sorella o un’amica, nessuno di quelli che hanno condiviso le foto sarebbe così prono a prendersi gioco della vittima. Allora perché essere indifferenti al rispetto che Lawrence e le altre meritano?

Il crimine è pensare che avere un qualsiasi livello di fama significhi cedere qualsiasi diritto alla privacy. I colpevoli in questo caso non sono solo coloro che hanno rubato le foto, ma anche chi le ha condivise e chi le ha guardate. Dire “ormai sono allo scoperto, tanto vale che anch’io le guardi” è come dire “ormai hanno rapinato la banca, tanto vale che anch’io allunghi la mano e rubi duemila euro”. È, almeno moralmente, perpetrare il crimine e togliere la privacy e il rispetto a queste donne ancora e ancora.

 

Andrea Minuz – L’ultimo capitolo di Hollywood Babilonia

L’ultimo capitolo di Hollywood Babilonia lo scriveranno gli hacker. Non avranno l’elogio di Susan Sontag che lo definiva «un libro leggendario come ciò di cui parla», ma l’FBI alle calcagna. Non lo troveremo nell’edizione Adelphi, come i primi due volumi, ma in caso si potrà seguire a puntate con modico bonifico su PayPal girato direttamente all’hacker.

«Di Hollywood Babilonia mi ha attratto tutto, ogni riga, ogni immagine», spiegava tempo fa Roberto Calasso chiamato a parlarne in Tv. Difficile dargli torto. Kenneth Anger faceva entrare gossip, scandali e voyeurismo nei salotti buoni del modernismo intellettuale, con in più quel filo di degenerazione esoterica del perfetto Adelphi. Però sfogliando il secondo volume, Calasso confessava il suo disappunto. «Quello che c’è nel secondo Hollywood Babilonia [pubblicato nel 1986] è una realtà un po’ diminuita; e così è tutt’oggi, la celebrity non è l’equivalente della star, c’è un’immensa differenza». Scomparso il fuoco sacro del mito, la star cade sulla terra. Le orge non evocano più le possenti immagini della distruzione di Sodoma ma iniziano ad assomigliare a un festino per scambisti in una villa di Grottaferrata. La celebrity culture è un affare di tutti. Calasso si tira fuori.

La schiera di ragazzine al servizio di Errol Flynn, gli incesti di Lilian Gish, le feste di sangue di Fatty Arbuckle, non solo non ponevano un problema di vulnerabilità dell’iCloud, ma avevano poco a che fare col nostro stile di vita digitale. Col sexting. Con i selfie erotici, il gioco di coppia e l’esibizionismo domestico. Ci sono aspetti del furto di immagini che non è possibile non condannare, come la violazione della privacy, ovviamente. Ma non tutto si esaurisce nella questione della sicurezza, o nel «sessismo» di quelle immagini. Non credo che l’immagine delle celebrities hackerate ne uscirà danneggiata. E rispetto ai racconti di Hollywood Babilonia, le foto di Jennifer Lawrence senza mutande sembrano uscite da una campagna virale di raccolta-fondi per la leucemia. Tra la Kate Upton patinata e accecante della pubblicità in cui pare leccare il tacco degli stivaletti di “Sam Edelman”, e quella innamorata delle sue morbide tette davanti allo specchio di un bagno qualsiasi con la moquette adesiva beige e lo spazzolino sulla mensola, non si può non provare più simpatia per la seconda.

Persino gli scatti più imbarazzanti o quelli più fantasiosi, come il vestito da suora, non fanno che esaltare la dimensione banale, quotidiana e consolatoria del selfie erotico. Ci rassicurano sui comportamenti sessuali delle nostre esistenze digitali.

Persino gli scatti più imbarazzanti (l’arrossamento da sculacciata, le tracce di amplesso sulla schiena) o quelli più fantasiosi, come il vestito da suora, non fanno che esaltare la dimensione banale, quotidiana e consolatoria del selfie erotico. Ci rassicurano sui comportamenti sessuali delle nostre esistenze digitali. Si fa quel che si può, ognuno coi propri mezzi. Anche se non credo fosse questo il senso della «lack of empathy» che Emma Watson rimproverava ai commentatori dei social con un tweet di solidarietà a Jennifer Lawrence.

Pur avendo sempre in mente il cloud computing e il problema della doppia password, mi sono messo a guardare le sue foto e non ho avuto alcuna rivelazione. Fino a che non mi sono imbattuto in una in cui sta piegata sulle ginocchia davanti a un brutto televisore e un vaso di bronzo con fiori finti poggiati su un orrendo mobile di noce che aveva anche mia nonna. Mancava solo il centrino. Una scena primaria degli anni Settanta che ora confonderò per sempre con le immagini di American Hustle. Un mobile così non lo trovate tra le pagine di Hollywood Babilonia. E ci strizza l’occhio più dello sguardo lascivo di Jennifer Lawrence, che forse viene meglio al cinema che in soggiorno.

 

Anna Momigliano – Sexting is the new normal

«La diffusione delle foto di Jennifer Lawrence nuda non sono uno scandalo, sono un crimine». Punto e basta. Basta una frase (in questo caso, scritta da Scott Mendelson su Forbes) per inquadrare il problema. O, almeno, uno dei problemi. E cioè che, al di là dei dare di gomito e delle chiacchierate da bar, la notizia non è, o almeno non dovrebbe essere, “Jennifer Lawrence ha posato per delle foto sexy” bensì “qualcuno ha rubato le foto sexy di Jennifer Lawrence”. Lasciamo stare per un secondo che lei è una celebrity, e che si tratta di una donna ben più attraente della media – fatto, quest’ultimo, che potrebbe trasformare la notizia in “wow, hai visto che si trovano foto di Jennifer Lawrence nuda?”, che però è tutto un altro paio di maniche e con la questione c’entra fino a un certo punto. Lasciamo stare per un secondo, si diceva, il dettaglio che Jennifer Lawrence è Jennifer Lawrence, e concentriamoci su una dinamica che riguarda in potenza una fetta molto più ampia del genere umano: lei si scatta/si fa scattare foto discinte; qualcuno (che sia l’ex al cui le immagini erano destinate, o un tizio che ha hackerato l’iCloud di lei poco importa) le mette in rete; e un po’ di gente si ritrova a dire, o pensare, ma cosa si aspettava?, perché si è fatta fare quelle foto?, e altre cose così.

Ora, perdonate la banalità quando scrivo l’ovvio, ma c’è un fatto con cui prima o poi bisognerà fare i conti: nel 2014 che una ragazza abbia qualche foto di sé in posa sexy è una cosa, beh, normale. In un’era in cui i dispositivi digitali sono, per quanto poco elegante possa sembrare, appendici del nostro corpo, il sexting è una forma come un’altra di sesso (certo non tutte le foto sexy vengono da un contesto di sexting, ma il sexting implica assai spesso foto – insomma, ci siamo capiti). Una pratica che riguarda tra il 30 e il 40 per cento dei giovani adulti, stando a studi recenti. È una banalità, direte voi, però sembra che il mondo, un certo mondo, ancora faccia fatica ad accettarlo. Infatti tutte le campagne educative che esistono sul sexting sono volte… a prevenire il sexting, anziché i suoi effetti collaterali! Che poi è un po’ come dire: preveniamo le malattie veneree predicando l’astinenza (se vi interessa, qui c’è uno studio approfondito sulla questione).

Federica Cantore – Un hacker, non un principe azzurro

Tutti parlano di te ma nessuno sa chi sei. Hai l’Fbi alle costole come fossi Tony Soprano e non puoi neanche postare uno status su Facebook e far sapere a tutti quelli che ti hanno sempre considerato un nerd emarginato che hai dato scacco matto alla nuvola di Apple (e mentre sta per uscire l’iPhone 6). Anche se loro negano tutto e tu, in realtà, non sei mai stato emarginato e sei uguale a Ryan Gosling.

C’è un solo uomo tra le 101 stelle e stelline, con Jennifer Lawrence capolista, derubate dei loro scatti privati, tale Dave Franco, che sembra capitato lì per sbaglio. Perché solo uno? Questa, signor haker, ce la spieghi. C’è un’intenzione punitiva, come hanno scritto sul Guardian, in quelle foto? Per il fatto che sei donna la pagherai cara? Pagherai tutto? E siccome sei famosa, te la sei cercata e adesso insieme alla statuetta dell’Oscar devi far entrare in camera da letto mezzo mondo. E però la certezza che l’immagine di chi ha interpretato Tiffany Maxwell (Il lato positivo) possa sopportare tutto questo non implica che Jennifer Lawrence debba fare lo stesso.

Se sei una donna dovrai farci i conti per sempre, dice in Sex Tape – Finiti in rete Cameron Diaz, che però nel film è una comune mortale, mentre forse per l’attrice Lawrence sarà più facile seppellire quegli scatti con il resto della sua carriera. Ma se invece di Lawrence che inviava foto a Chris Martin il ladro avesse trovato i selfie di Matthew McConaughey nudo, sarebbe stato lo stesso? Li avrebbe pubblicati?

Vorresti rispondere su Twitter e dire che no, alla questione di genere non ci avevi proprio pensato e che ti aspettavi, da hacker, che questa impresa fosse raccontata con la gloria che ha il colpo della vita: Apple da una parte e Jennifer Lawrence a fare da volano. Ma non puoi. Il punto è un altro – vorresti spiegare – per McConaughey non c’è “mercato” o non c’è ancora. Sì, su Buzzfeed “The 21 Most Important Celebrity Bulges Of All Time” ha rastrellato più di 3 milioni di visualizzazioni ma c’è qualcuna che sarebbe disposta a pagare per sfogliare una gallery con nudi integrali?

Quelle foto sono state rubate perché c’è qualcuno disposto a guardarle. Ovunque, qui. Davvero vi aspettavate che la rivoluzione femminile potesse passare per la crisi di coscienza di un pirata informatico? Pensavate fossi un principe azzurro? E invece sono un hacker. Potrei anche essere una donna  – vorresti scrivere da qualche parte. E quasi quasi ti metteresti a cercare le foto di McConaughey solo per dimostrare che non sei sessista (o non particolarmente), così finalmente si potrà parlare della spallata che hai dato a Cupertino, prima che sia troppo tardi e che non sia più “merito” tuo ma colpa della password 1234 di Jennifer Lawrence.