Attualità

Le 10 polemiche culturali del 2016

La guerra tra Milano e Torino per il Salone del libro, Elena Ferrante, il Mein Kampf e Pokemon Go: di cosa abbiamo discusso e su cosa ci siamo accapigliati quest'anno.

di Redazione

L’identità di Elena Ferrante

1. Dopo le polemiche dello scorso anno legate alla partecipazione allo Strega, anche quest’anno, a dispetto della sua “invisibilità”, Elena Ferrante ha continuato, e comprensibilmente visto il successo dei suoi libri fuori dall’Italia, a occupare il centro della discussione letteraria ed extraletteraria. Il 2016 è stato all’insegna delle indagini sull’identità della scrittrice fantasma, prima con un pezzo del Corriere della Seraun’indagine letteraria comparativa dello scrittore Marco Santagata – «ho un’ipotesi» – che faceva risalire il nome d’arte alla professoressa universitaria napoletana Marcella Marmo, scoperta rapidamente sconfessata dalla stessa Marmo, e poi con una vera e propria inchiesta patrimoniale svolta dal giornalista del Sole 24 Ore Claudio Gatti che è risalito ad Anita Raja, traduttrice e moglie di Domenico Starnone, coppia indicata da tempo come possibile origine del caso letterario. L’indagine di Gatti ha sollevato però moltissime polemiche sulla legittimità giornalistica di scavare nelle vite di persone che, a detta dei fan, non hanno fatto niente di male, a meno di non voler considerare il successo un male. Molti si sono opposti a queste modalità da giornalismo giudiziario applicate alla letteratura, dal New Yorker a noi. Mentre tra le difese più argomentate dell’inchiesta su Elena Ferrante va segnalato l’editoriale di Luca Sofri.

 

Il Nobel a Bob Dylan

2. Da anni si scommetteva sul o ci si augurava il Nobel a Dylan, poi è arrivato e ovviamente ha prodotto una lunghissima serie di discussioni, riflessioni, critiche, dai social (tantissimo) ai giornali. Chi si è opposto all’idea che le canzoni siano considerate letteratura, chi si è detto sicuro che lo siano. DeLillo pare fosse contento. Per Laura Miller di Slate è stata una scelta assurda perché la logica del Nobel dovrebbe essere quella di riconoscere voci non affermate a livello globale, dunque ha poco senso darlo al più importante protagonista della musica moderna. Un parere simile, ma non in polemica, lo ha dato Leonard Cohen che ha detto: «è come aver dato al monte Everest una medaglia per la montagna più alta del mondo». C’è da ricordare che quando il Nobel lo vincono gli scrittori sconosciuti le polemiche sono spesso incentrate sul fatto che nessuno li conosce. (Nota bene: siamo riusciti a non citare Roth neanche una volta).

 

Salone di Torino, Salone di Milano

3. È stata la vera guerra tra bande della cultura italiana del 2016, anche se tutto si è svolto senza troppo rumore. Un Salone di Torino che, pur conservando la status di classico finisce allo sbando per problemi gestionali e politici, l’idea – considerata «uno scippo» dell’Aie – di spostare tutto nel più efficiente polo fieristico milanese, la spaccatura tra grandi e piccoli editori, la mediazione (inutile) di Franceschini, quindi lo sdoppiamento, la nomina di due scrittori “curatori”, tutte e due pubblicati da una casa editrice “grande” ma di Torino – che partita a scacchi! – il messaggio infine un po’ tipicamente da sinistra italiana che quello piemontese sia diventato l’appuntamento dei puri e dei veri amanti della letteratura, mentre quello milanese sia roba per commercianti. Due eventi così simili a distanza di un mese paiono sinceramente troppi, ma intanto si registra la prima tanto buona quanto singolare notizia: si dice che affittare uno stand in entrambi i saloni, sommata, sia una spesa minore di quella richiesta l’anno passato per affittarne uno soltanto a Torino.

2011 Turin International Book Fair

Antonio Moresco e lo Strega

4. Come ogni anno c’è lo Strega e come ogni anno la polemica sullo Strega. Che di solito è o preventiva, come nel combinato disposto Saviano-Ferrante dell’anno passato, o successiva, di solito innescata da chi ha perso, con figure spesso non proprio bellissime. Come quella che ha fatto quest’anno Antonio Moresco, che dopo essere stato escluso dalla cinquina ha scritto: «Baci, abbracci e pugnalate alle spalle, cabaret che si muovevano a stento nella ressa, file di calici, scrittori e scrittrici in fibrillazione, omaggi insinceri, uomini potenti nella piccola cerchia dell’editoria, dei media e dell’accademia, novantenni con il bastone che vantavano la loro longevità di uomini e di giurati, ragazze e signore in abiti da sera, astrologhe… Nelle stanze e nelle terrazze sovraffollate della Fondazione Bellonci, in un situazione di estraneità, ho assistito al consumarsi di un antico rito, quello della votazione per eleggere la cinquina dei finalisti dello Strega, dalla quale è stato escluso il mio ultimo romanzo intitolato L’addio, che – se può valere qualcosa l’opinione dell’autore – a me pare il più ardimentoso dei miei romanzi brevi». I soliti attaccabrighe hanno fatto notare che non si capisce il motivo per cui abbia deciso di sottoporre il suo ardimentoso romanzo breve a tale spregevole demi-monde.

 

Fofi chiude Lo straniero

5. Questa è minore, ma forse quella che preferiamo. Fofi chiude Lo straniero, rivista che ha fondato e diretto dal ’96, e se la prende con i lettori che non l’hanno capito, con i tempi moderni e con «i potenti». E: con «il narcisismo dei blog», i «media dominanti», i «giovani scriventi». A restare fuori dall’atto di accusa del grande intellettuale italiano sono praticamente soltanto i redattori e i collaboratori della rivista, sorta di filter bubble ante-litteram, dove a quanto pare si sono rifugiati i migliori seppure incompresi cervelli d’Italia. Gli risponde educatamente in forma epistolare Tiziano Scarpa sul Primo amore: «”Senza megalomanie e narcisismi”, scrivi a proposito dei principi che hanno guidato Lo straniero e dei comportamenti che detesti negli altri. Ma non si possono valutare il mondo e le persone con l’unica misura della megalomania e del narcisismo, ed esaurire tutto con queste categorie. Lo stesso potremmo fare noi lettori nei tuoi confronti: sei così iperattivo, Goffredo, perché sei un megalomane narciso? Applicando le tue premesse si direbbe di sì. Dal tuo attivismo incontenibile, che da più di cinquant’anni giudica sistematicamente tutto il cinema, tutto il teatro, tutta la letteratura italiana e straniera, tutti i fumetti, tutta la politica, se ne potrebbe ricavare ingenerosamente che hai una qualche tendenza alla megalomania e al narcisismo anche tu, non facendoti alcuna remora a promuovere o condannare qualsiasi cosa spunti sotto il cielo, sulla base della tua autorità assertiva».

 

Ripubblicare il Mein Kampf

6. Una questione molto seria che in Italia è sta giudicata in modo facile: nel 2016 sono scaduti i diritti del Mein Kampf hitleriano, che quindi ha potuto essere ripubblicato da chiunque. In Germania è una data che da anni si è cercato di affrontare senza farsi trovare troppo impreparati. Il Giornale ha portato il libro in edicola con prevedibilissime code polemiche. Ma al di là della furbizia commerciale di certe operazioni, resta il grande quesito etico: è giusto vietare la pubblicazione in generale e in particolare di quel documento storico?

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Una sentenza di risarcimento che obbliga a leggere 

7. A settembre un giudice del Tribunale di Roma commina una sentenza di risarcimento in libri da leggere per una ragazzina minorenne finita in un giro di  prostituzione del quartiere romano dei Parioli che devono essere acquistati dal cliente condannato. Come ha scritto Francesco Longo su Studio: «La sentenza fa inevitabilmente riflettere sulla percezione dei libri oggi in Italia. Molto diversa dal ruolo che i libri hanno spesso rappresentato in passato. Quando i libri fanno il loro dovere, infatti, destano sospetti, sono censurati, a volte proibiti dai genitori, tanto che per farli circolare si è costretti a ricopiarli, a fotocopiarli, a leggerli di nascosto […] Bene che i libri siano letti, ma è un dolore che siano ormai ritenuti binari su cui lanciare una vita ordinaria, modellata sulla buona condotta, triste che siano sinonimo di sane regole della società». Un fatto che si collega evidentemente alle polemiche a cadenza regolare sulle campagne di promozione della lettura, che lanciano con poche variazioni il messaggio che i libri facciano diventare chi li legge cittadini e persone migliori, togliendo di fatto al libro tutto il fascino che ha esercitato ed esercita su chi i libri li ha amati e li ama e sa benissimo che non si legge per essere più civili.

 

Il ciclone Pokemon Go

8. A un certo punto, a luglio, Nintendo ha deciso di scagliare una buona parte dei Millennial in un mondo fantastico che avevano immaginato da bambini, creando qualcosa di non dissimile da una psicosi: per qualche giorno d’estate non si è, letteralmente, parlato d’altro. Si è discusso di tutti quei giovani-e-meno-giovani intenti a camminare reggendo uno smartphone a mezz’aria, del post su Facebook di quel soldato che ha catturato uno Squirtle a poche centinaia di metri dalle linee dell’Isis, di una stazione di polizia australiana talmente stufa di essere presa d’assalto dai nuovi “allenatori di Pokemon” da dover chiedere alla cittadinanza di non valicare i suoi confini.  è stato per il 2016 un’epifania collettiva di tecnologia e immaginari, esprimendo con efficacia ciò che The Verge ha definito «la tacita fantasia» della più fortunata tra le saghe Nintendo. E, ovviamente, ha attirato le accuse più varie: è da immaturi, simboleggia meglio di altro una generazione di “sdraiati”, è – addirittura – un pericolo per la sicurezza. Eppure, ha avuto un successo quasi inspiegabile. Poi tutto è silenziosamente rientrato. E il mondo è ancora qui, intatto.

 

Il burkini in Francia

9. Il divieto in Francia di indossare burkini in spiaggia per motivi di sicurezza ha diviso. Disapprovare? Vietare? Falso problema? Surreali le immagini dei poliziotti che costringevano una donna a spogliarsi, ma il problema resta se consideriamo il grottesco costume da bagno un simbolo di oppressione. Per questo scrittori e intellettuali non si sono risparmiati e gli status sono rimbalzati da una bacheca all’altra. Una polemica da spiaggia come si dice a cui possiamo tranquillamente dare l’appuntamento per la seconda puntata alla prossima estate.

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Teju Cole contro Steve McCurry

10. Non è una polemica che ha attraversato il globo o acceso particolarmente gli animi, ma è una delle più interessanti dell’anno, anche perché ha come bersaglio uno dei fotografi più amati, ma anche discussi del presente, Steve McCurry, che in una puntata della sua rubrica di critica fotografica sul New York Times Magazine Teju Cole definisce «sorprendentemente noioso» e in una qualche misura artisticamente disonesto. Le foto di McCurry, che hanno raggiunto lo status di icone dei nostri tempi, secondo lo scrittore nigeriano, già protagonista lo scorso anno della polemica Pen Awards/Charlie Hebdo, sono come fantasie esotiche di un turista occidentale. Un po’ quello che molti di noi pensano da anni della fotografia di McCurry, spiegato bene.

 

Foto Getty Images.