Attualità

L’anno dell’India

Del Piero versione oggetto misterioso, il Pune FC "italiano", l'unico giocatore del Bangladesh e molto altro, in una lista dalla A alla Z per avvicinarsi al calcio del neonato campionato indiano.

di Francesco Paolo Giordano

«È uno il sole che si riflette in tutti i laghi. È una l’acqua che disseta tutti. È una l’aria che rende possibile tutta la vita. È uno il fuoco che brilla in tutte le case» (dal Rigveda).

Ribaltare la cultura tradizionale indiana è una cosa complicata già di per sé, figuriamoci certe abitudini come lo sport. Il cricket rimane quello per eccellenza, il calcio è condominio isolato per vecchi nostalgici del colonialismo inglese. Mai una partecipazione ai Mondiali per la Nazionale, che è al 171esimo posto del ranking Fifa. Ma, in fondo, la prima edizione dell’Indian Super League ha dato i suoi frutti. Media spettatori di 25.000 a partita (più della nostra Serie A), curiosità per i grandi campioni e una certezza: in India non mancano i bravi calciatori, manca l’attenzione per questo sport. Così, il grande Paese asiatico muove i primi passi verso una consapevolezza di se stessa verso il calcio: la prima edizione del nuovo torneo è stata vinta dall’Atletico Kolkata, squadra gemella dell’Atletico Madrid, infarcita di giocatori spagnoli. Decisivo il successo in finale contro il Kerala Blasters. E tutti gli altri, italiani compresi? Ecco le “voci” più rilevanti del torneo appena concluso.

Anelka, Nicolas. Sette presenze e due gol nel Mumbai. Cioè quanto ha segnato nei due anni precedenti, tra Juventus, West Bromwich (prima che la squalifica per il gesto della “quenelle” lo travolgesse), Atletico Mineiro (dove lo stanno ancora aspettando). Segnali incoraggianti. Il video del primo gol del francese contro il Kerala Blasters:

Barreto, José Ramirez. Un precursore: brasiliano ed ex centravanti del Gremio, il calcio indiano lo predicava già quando molti big nemmeno sapevano indicare la vecchia Bombay sul mappamondo. Nel 1999, a soli 23 anni, passa al Mohun Bagan di Calcutta. Giocherà anche a Mumbai, nel Mahindra United, con un’incursione in Malesia nel Penang. In totale, in India segna la bellezza di 149 gol (116 nel solo Mohun Bagan). Appena smessi i panni di calciatore, accetta l’incarico di allenatore in seconda dell’Atletico Kolkata, la squadra campione.

Cirillo, Bruno. A volte sono i personaggi, e non la recita, a catturare l’attenzione. Cirillo, difensore del Pune Fc (chiamato da Franco Colomba, che lo fece esordire in Serie A ai tempi della Reggina), si ritrova contro Marco Materazzi, giocatore-allenatore del Chennaiyin. Cioè quello che nel 2004 gli rifilò un cazzotto in faccia dopo una lite negli spogliatoi. Successe al termine di un Inter-Siena, finito 4-0. Cirillo denunciò l’accaduto in Tv, Materazzi si prese quasi due mesi di squalifica. La riappacificazione ci fu quasi subito, come buoni amici. Fin troppo amici, a giudicare da quest’immagine scattata in India (incontro finito 1-1).

Colomba, Davide e Franco. Figlio e padre insieme nel Pune Fc, la squadra più “italiana” del torneo. Con loro ci sono anche Belardi, Cirillo e Magliocchetti. Il Pune Fc è la società su cui la Fiorentina ha stipulato una partnership, e il colore viola compare anche sulle maglie della squadra indiana. Stesso esperimento che ha seguito l’Atletico Madrid (con l’Atletico Kolkata) e il Feyenoord (con il Delhi Dynamos). Un modo per entrare nel mercato orientale, curare la parte sportiva di queste società e, in futuro, avere un “diritto di prelazione” sui giocatori più interessanti del panorama calcistico indiano. Nel Pune doveva arrivare anche un giocatore passato dal Franchi, Adrian Mutu: ma, prima che ottenesse il visto per sbarcare in Asia, per l’attaccante rumeno erano scaduti i tempi del tesseramento. La stampa di Bucarest ha anche scritto che Mutu si sarebbe presentato ubriaco all’ambasciata indiana della capitale rumena: versione seccamente smentita dal diretto interessato. E al Pune avrebbe fatto comodo: il sesto posto nella regular season non è bastato per la qualificazione ai playoff. Nella foto postata su Twitter da Belardi, tre ex juventini.

Del Piero, Alessandro. A Delhi ha vissuto in incognito. Un brahmani, gradino più alto della tradizionale suddivisione indiana in caste, travestito da shudra, un servo. 492 minuti in campo, quasi 800 di panchina. È stato il mistero dell’Indian Super League, il giocatore di punta che finisce ai margini, un allenatore, il belga Van Veldhoven, che se ne frega della lesa maestà. Il suo Delhi Dynamos non è nemmeno riuscito a qualificarsi per la fase finale ad eliminazione diretta. Ma, in eredità all’India, Del Piero ha lasciato questa perla su punizione, l’unico acuto della sua esperienza asiatica. Alex come Ulisse vestito da mendicante: arriva il momento di rivelare la propria vera identità, di scagliare le frecce con violenza e precisione. E questa freccia, che si infila in rete, rimarrà un gioiello d’Oriente:

Elano. È un centrocampista il miglior cannoniere dell’Indian Super League. Otto le reti del giocatore del Chennaiyin, tre in più del terzetto che lo segue. Shakhtar, Manchester City, Galatasaray, quindi il ritorno in Brasile. A 33 anni, avrebbe ancora potuto illuminare la scena dei maggiori campionati europei. Intanto, se lo gustano gli indiani: la Star Sports (di proprietà di Rupert Murdoch), che deteneva i diritti televisivi dell’Indian Super League, lo ha eletto come il “re delle punizioni”.

Fernandez, Borja. Centrocampista dell’Atletico Kolkata, prodotto del vivaio del Real Madrid. Con la maglia della Casa Blanca, Borja Fernandez ha disputato nove stagioni tra giovanili e prima squadra. Debuttò nella Liga il 2 settembre 2003, a Villarreal: era il Real dei Galacticos, ma anche quello della filosofia degli “Zidanes y Pavones”, la convivenza nella stessa squadra tra i campioni affermati e i giovani della cantera. Borja Fernandez non andò oltre le 23 partite in due anni al Bernabeu, la sua esperienza durò quanto un acquazzone estivo. Non potendo diventare uno dei “Pavones”, decise di essere uno degli “Zidanes”, anche se in India. Parafrasando Giulio Cesare: «Preferirei essere il primo in questo modesto villaggio, piuttosto che il secondo a Roma». Borja ha regalato giocate illuminanti, numeri preziosi e anche un gran gol nella partita inaugurale del torneo.

afootballobserver:  Atletico de Kolkata 3-0 Mumbai City [Indian Super League] 12/10/2014 Borja Fernández 69’

Franzese, Francesco. Portiere di 33 anni, ha respirato il calcio fangoso delle serie minori per anni: Novara, Nocerina, Castel Rigone tra le sue squadre. Poi la chiamata dal Chennaiyin, per il ruolo di preparatore dei portieri. Premio per l’ironia: «La chiamata dall’India? La più contenta è mia moglie che non mi sopportava più».

Ganguly, Sourav. Co-proprietario dell’Atletico Kolkata, squadra vincitrice del torneo, è l’ex capitano della Nazionale indiana di cricket (un altro ex giocatore dello stesso sport, Sachin Tendulkar, lo è dei finalisti del Kerala Blasters). A dimostrazione di come certe gerarchie sportive sono dure a morire: anche nei giorni del finale di campionato di calcio, le pagine dei giornali indiani erano maggiormente attente alle vicende del cricket (qui un link per farsi un’idea). Ganguly è proprietario del club insieme a Sanjiv Goenka, che, immediatamente dopo la vittoria del campionato ha deciso di aprire un’accademia di calcio della società. Qui le foto con la Coppa vinta.

Garcia Sanz, Luís. I giocatori dell’Atletico Kolkata si chiamano, tra gli altri, Monsoreau, Llibert, Tefera. Tutta gente che non avrebbe mai vinto un campionato tra i top 5 europei. Luís Garcia, sì, vista la carriera di rispetto: Atletico Madrid, Barcellona, Liverpool. Eppure, il primo campionato vinto nella sua carriera è proprio quello con l’Atletico Kolkata. Da affiancare alla Champions League vinta con i Reds nell’incredibile serata di Istanbul del 2005. E pensare che la sua è stata una decisione last minute: prima dell’accordo in India, era praticamente fatto il suo passaggio ai Pumas messicani.

Irmatov, Ravshan. È l’arbitro che ha diretto più partite nella fase finale dei Mondiali, nove. La Federazione indiana lo ha voluto per le gare più importanti del campionato, finale tra il Kolkata e il Kerala compresa. Tutti soddisfatti? Macché, la designazione per la finale ha fatto innervosire più di un giocatore del Kolkata, perché in una gara della regular season – persa 2-1, proprio contro il Kerala – Irmatov non aveva concesso, al quarto minuto di recupero, un gol di Luís Garcia, con la palla che aveva sbattuto sulla traversa, varcato la linea e poi era rimbalzata fuori. Tutto il mondo è paese, per davvero.

Islam, Mamunul. L’unico giocatore del Bangladesh della competizione. Campione con l’Atletico Kolkata.

Lopez Habas, António. È l’allenatore dell’Atletico Kolkata, la squadra vincitrice del torneo. Difensore, ex giocatore dell’Atletico Madrid: a qualcuno questo nome potrà dire qualcosa, anzi no. Il ben più famoso António Lopez Guerrero, ex capitano dei colchoneros (con cui ha disputato dodici stagioni), c’entra ben poco. López Habas è un attore immalinconito, un Toni Servillo senza il suo Sorrentino, difensore senza gloria tra gli anni Settanta-Ottanta, una stagione senza mai scendere in campo nell’Atletico Madrid. Gli inizi da allenatore sulla sponda rojiblanca del Manzanarre, poi un girovagare erratico, tredici squadre, quattro continenti: in Europa con varie squadre spagnole (brevi parentesi a Valencia, Vigo, Tenerife), America con la Nazionale boliviana e il Bolívar, Africa con il Mamelodi Sundowns (ci giovava Phil Masinga) e il Bidvest Wits. Quindi l’Asia con l’Atletico Kolkata. La filiale indiana dell’Atletico Madrid, il suo punto di partenza: il ciclo che si completa, López che si alza mentre spostano il mondo, López che si risiede nello stesso punto, ma 8.570 chilometri più a oriente.

Materazzi, Marco. Nell’insolita veste di giocatore-allenatore del Chennaiyin, inizia lasciando spazio ai suoi. Poi, alla quarta giornata, dopo aver preso quattro reti dal Delhi Dynamos, decide di passare all’azione, alternandosi tra la difesa ed il centrocampo: con lui in campo, nelle successive cinque gare, il Chennaiyin subisce solo cinque reti. Ripete lo scherzetto nella fase playoff: con lui in panchina, la sua squadra perde 3-0 all’andata contro il Kerala, così al ritorno decide di schierarsi in campo. La remuntada sembra possibile, il Chennaiyin chiude i tempi regolamentari sul 3-0, anche se in apertura di secondo tempo Matrix sbaglia un rigore (l’arbitro aveva fatto ripetere il tiro). Nei tempi supplementari, colleziona due gialli in due minuti: espulso nel momento più delicato del torneo. Contro l’Australia nel 2006 portò bene, stavolta no. Il Kerala, a tre minuti dalla fine dei tempi supplementari, segna il gol qualificazione.

Mendy, Bernard. Difensore del Chennaiyin, segna una delle reti più belle del torneo, in rovesciata contro il Kerala Blasters.

Nesta, Alessandro. Una settimana effettiva di campionato, roba da inizi del Novecento. Un anno dopo aver smesso con il calcio, accetta l’offerta del Chennaiyin di Materazzi, dove arriva a fine novembre. Il tempo di rimettersi in forma, di cominciare gli allenamenti con la squadra l’8 dicembre, debuttare e uscire da infortunato nella gara del giorno dopo, giocare interamente la seconda partita, uscire ancora una volta per infortunio alla terza partita, che la stagione è già finita. La gara del suo debutto, contro il Delhi Dynamos di Alex Del Piero:

Paul, Shilton. Uno con un nome così, non poteva che fare il portiere. Peter Shilton è il giocatore che detiene il record di gare giocate con la Nazionale inglese, 125, difendendo i pali della squadra della Regina per venti lunghi anni. Shilton Paul, ventiseienne indiano, ha fatto da secondo a Gennaro Bracigliano nel Chennaiyn, ma non ha sfigurato nelle quattro partite in cui è sceso in campo.

Pirès, Robert. Come Del Piero, l’ex Arsenal non ha reso come da aspettative: nel Fc Goa di Zico, finisce spesso e volentieri in panchina, e concluderà la sua stagione con otto presenze e un gol. E un pugno fantasma: quello che gli avrebbe assestato nel tunnel degli spogliatoi António Lopez (vedi voce), allenatore dell’Atletico Kolkata. Lo ha raccontato Zico: «Pires mi ha detto di essere stato colpito dal tecnico della squadra avversaria, è una cosa vergognosa». Alla fine, per la baruffa Pires è stato fermato per due turni, López per quattro. Adesso, il francese vorrebbe tornare in India per allenare.

Rafique, Mohammed. La finale: Kerala Blasters – Atletico Kolkata. Ti aspetti che il gol decisivo arrivi da uno dei tanti “testimonial” del calcio indiano, da un giocatore abituato agli Old Trafford, ai Bernabeu, ai Camp Nou. E invece no: al quarto minuto di recupero del secondo tempo, l’unica rete dell’incontro la segna di testa questo ventiduenne indiano, entrato in campo a gara in corso. «Porterò per sempre nel cuore i trenta minuti giocati», ha detto a fine partita, perdendo pure la cognizione del tempo (non ha giocato più di venti minuti). A Rafique era già successo di decidere una finale: nel 2010, quando con un suo gol regalò la vittoria nella Durand Cup (la terza competizione calcistica più antica al mondo) al suo Prayag United. Figlio di un operaio che lavora la juta, non ha mai giocato in Nazionale. Un comprimario, lontano dai palcoscenici più prestigiosi. Ma un grande spot per il calcio indiano. E, in fondo, è giusto così.

Trezeguet, David. Attaccante del Pune, indossa spesso la fascia da capitano, ma segna solo due reti. Qui il primo gol dell’ex bianconero, contro il Goa:

Zico. A occhio, il più entusiasta tra i big dell’avventura indiana. Tanta esuberanza e pure qualche polemica (vedi alla voce Pirès). Sarà che la sua carriera da allenatore non è mai decollata e in un certo senso si è abituato ai posti “esotici” (prima aveva allenato in Giappone, Uzbekistan, Iraq e Qatar), sarà che il Fc Goa, la squadra che ha allenato e che ha chiuso al secondo posto la regular season (eliminata in semifinale ai calci di rigore dal Kolkata), lo ha ammaliato, fino a prendersi a cuore la questione della diffusione del calcio in India. Una volta chiusa la stagione, ha prontamente rilanciato: «Vorrei rimanere qui altri due anni, come mi ha chiesto la società. È stato un peccato non regalare ai tifosi la soddisfazione che speravano, ma penso che abbiano capito i nostri sforzi per raggiungere la semifinale. Il calcio in India può diventare davvero importante, spero che nei prossimi anni ci siano sempre più giocatori locali».