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20:40 domenica 7 dicembre 2025
Quentin Tarantino ha detto che Paul Dano è un attore scarso e i colleghi di Paul Dano hanno detto che Quentin Tarantino farebbe meglio a starsene zitto Tarantino lo ha accusato di aver “rovinato” Il petroliere, definendolo «un tipo debole e poco interessante».
Già quattro Paesi hanno annunciato il boicottaggio dell’Eurovision 2026 dopo la conferma della partecipazione di Israele Spagna, Paesi Bassi, Irlanda e Slovenia hanno annunciato la loro intenzione di boicottare questa edizione se davvero a Israele verrà permesso di partecipare.
Pantone è stata accusata di sostenere il suprematismo bianco perché ha scelto per la prima volta il bianco come colore dell’anno L'azienda ha spiegato che dietro la scelta non c'è nessuna intenzione politica né sociale, ma ormai è troppo tardi, la polemica è esplosa.
L’acquisizione di Warner Bros. da parte di Netflix sta mandando nel panico tutta l’industria dell’intrattenimento La geografia del cinema e dalla tv mondiale cambierà per sempre, dopo questo accordo da 83 miliardi di dollari.
Lily Allen distribuirà il suo nuovo album anche in delle chiavette usb a forma di plug anale Un riferimento a "Pussy Palace", canzone più chiacchierata di West End Girl, in cui racconta come ha scoperto i tradimenti dell'ex marito, l'attore David Harbour.
Dario Vitale lascia Versace, appena nove mesi dopo esserne diventato direttore creativo Era stato nominato chief creative officer del brand, appena acquisito dal gruppo Prada, a marzo di quest'anno.
L’unica tappa italiana del tour di Rosalìa sarà a Milano, il 25 marzo Sono uscite le date del tour di Lux: partirà il 16 marzo 2026 da Lione e si chiuderà il 3 settembre a Portorico.
Secondo una ricerca, l’inasprimento delle leggi sull’immigrazione in Europa sta facendo aumentare e arricchire i trafficanti di essere umani Il Mixed Migration Centre ha pubblicato un ampio studio in cui dimostra che le politiche anti immigrazione stanno solo aggravando il problema che avrebbero dovuto risolvere.

L’altro Jobs

La biografia del deus ex machina di Apple: ovvero scoprire che non esisteva solo un uomo da amare e venerare, ma anche...

30 Ottobre 2011

Alla fine la montagna ha partorito un topolino. La biografia autorizzata di Steve Jobs, uno degli eventi letterari dell’anno, non aggiunge molto a quanto già si sapeva e pur rivelandosi un libro solido – d’altra parte l’autore ha alle spalle altre biografie importanti (Benjamin Franklin e Albert Einstein) – non riesce quasi mai ad appassionare rischiando addirittura di scivolare nel disinteresse, soprattutto per chi non abbia una sviscerata passione per l’informatica e tutto quello che gli gira intorno.

D’altra parte, se la morte di Jobs ha “tirato la volata” al libro di Isaacson, facendolo diventare un bestseller internazionale, la mole di parole, ricordi, celebrazioni, speciali, inserti, tributi, seguiti alla morte del fondatore della Apple, ha reso quasi ridondante il libro, che racconta quella storia che ormai conosciamo tutti, in una maniera ossessivamente dettagliata e attraverso una narrazione che è un puzzle ben riuscito  di vari materiali ma di cui, appunto, si continuano a vedere i singoli pezzi e le linee di incastro.

Sicuramente va dato merito a Isaacson – e allo stesso Jobs che ha lasciato completa libertà al giornalista senza porre alcuna condizione, neppure quella di leggere il libro prima dell’uscita – di restituire un ritratto che molto probabilmente si avvicina alla verità molto più degli entusiastici e sperticati elogi a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi.

Perché quello che ne viene fuori è il ritratto di una persona capace di affascinare e quasi ammaliare tutti coloro che vengono a contatto con lui, una persona in grado di spingere i propri collaboratori, magari con metodi discutibili, a tirare fuori capacità e risultati inaspettati, eppure allo stesso tempo un uomo capace di mentire con una facilità stupefacente (spesso credendo addirittura nelle bugie che dice), di appropriarsi delle idee altrui senza mostrare alcun debito o quantomeno rispetto, ma soprattutto un uomo che lungo l’intero arco della sua vita, almeno per come viene raccontata nel libro, non riesce mai a mettere in mostra, mai, un singolo atto di generosità.

Il libro contiene inoltre giudizi taglienti e persino ingenerosi su colleghi e concorrenti, da Bill Gates a Google, che nel loro livore suonano quasi – nell’irreplicabilità del post mortem – come un dispetto gratuito e tutto sommato evitabile.

La biografia di Steve Jobs è sicuramente una lettura consigliata per ogni appassionato della Mela, che troverà ricordi significativi e aneddoti divertenti (uno su tutti: il fatto che tra duemila sfumature di beige offerte dalla Pantone, Jobs non riuscisse a trovare quella che intendeva lui per la copertura dell’Apple II), ma difficilmente farà presa sul lettore comune, che potrà  abbondantemente soddisfare la sua eventuale curiosità con uno dei tanti librettini-tributo allegati a vari quotidiani e riviste.

Di sicuro il libro di Isaacson è fondamentale per bilanciare una verità storica e delineare il profilo di un uomo capace di suscitare sentimenti controversi, combattuto tra visioni grandiose e meschinità quotidiane, tra profonde riflessioni ed esplosioni incontrollate. Perché non esisteva solo il Jobs profondo e commovente di Stanford ma anche quello capace di urlarti in faccia per dieci minuti a un centimetro di distanza. Magari avendo torto.

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