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Cosa c’è nei primi sei minuti dell’Odissea di Christopher Nolan che sono già stati mostrati nei cinema americani Questo "prologo" è stato proiettato in diverse sale negli Usa e ovviamente è già stato piratato e diffuso online.
I Talebani in Afghanistan hanno un nuovo nemico: i giovani che si vestono da Peaky Blinders Quattro ragazzi di 20 anni sono stati sottoposti a un «programma di riabilitazione» dopo aver sfoggiato outfit ispirati a Tommy Shelby e compari.
Il neo Presidente del Cile José Antonio Kast ha detto che se Pinochet fosse ancora vivo voterebbe per lui Ed evidentemente anche questo è piaciuto agli elettori, o almeno al 58 per cento di quelli che hanno votato al ballottaggio e che lo hanno eletto Presidente.
Dopo l’attentato a Bondi Beach, in Australia vogliono introdurre leggi durissime sul porto d’armi visto che quelle usate nella strage erano tutte detenute legalmente Intestate tutte a Sajid Akram, l'uomo che insieme al figlio Naveed ha ucciso 15 persone che si erano radunate in spiaggia per festeggiare Hannukkah.
Nonostante diversi media parlino già di omicidio e accusino il figlio Nick, della morte di Rob Reiner e di sua moglie Michelle non si sa ancora quasi nulla La polizia di Los Angeles ha confermato solo il ritrovamento dei cadaveri e l'inizio di un'indagine che contempla anche la «possibilità di omicidio».
Hbo ha svelato le prime immagini di Euphoria 3 ma della trama di questa nuova stagione non si capisce ancora niente Ben 13 secondi di video che anticipano la terza stagione, in arrivo nel mese di aprile, in cui si vedono tutti i protagonisti e le protagoniste.
Nel 2026 OpenAI lancerà una modalità di ChatGPT per fare sexting Sarà una funzione opzionale e disattivata di default, che rimuoverà i limiti attualmente imposti al chatbot sui prompt con contenuti sessuali.
Una ricerca ha dimostrato che la crescita economica non è più legata all’aumento delle emissioni di CO₂ E, di conseguenza, che la transizione energetica non è un freno all'aumento del Pil, neanche nei Paesi più industrializzati.

Manhattan, l’amore e il potere

I film possono essere più o meno adatti alla sensibilità del tempo, ma la natura delle relazioni non è sempre la stessa?

20 Aprile 2021

Quando ho saputo di Mariel Hemingway (che nel podcast Better Together ha detto: «oggi il film Manhattan non sarebbe mai potuto uscire»), ho avuto due ricordi: uno remoto, un altro recente. Il film l’ho visto a 22 anni, era il 1988. Non feci caso alla relazione tra il quarantaduenne Isaac Davis e la diciassettenne Tracy. Tuttavia, a rileggere le critiche di allora, nessuno se ne lamentò. Questo è il ricordo remoto. Ora quello recente invece. Era il 2020, mia figlia (ventenne) voleva vedere un film di Allen e io, per un attimo, ho temuto che scegliesse Manhattan (tra l’altro avevo il Dvd impilato in bella evidenza). Insomma, ho pensato di nasconderlo (per un attimo, ovvio). Ho 55 anni e il mio punto di vista è cambiato: cosa direbbe mia figlia se io andassi con una diciassettenne? E cosa direi io se lei andasse con uno di 42? Vabbè, meno male che ha scelto un altro film, così ci penso su: cancellare il film di Allen (e la sua definizione: «commedia romantica») oppure riflettere su questa rinnovata sensibilità?

Il fatto è che ho conosciuto uomini che sono stati con ragazze che a breve avrebbero compiuto 18 anni. E ragazze quasi maggiorenni che hanno avuto storie con uomini maturi. Dunque, cancellare il film, accusare l’offesa, non cambia la natura delle cose. Si perde l’occasione per analizzare, caso per caso (l’arte è tutto ciò che sfugge alla statistica), le intricate questioni che fondano la gran parte delle relazioni d’amore. Perché l’amore (ed è un primo punto di interesse) così come oggi lo immaginiamo (indipendenza, libertà, consapevolezza, ecc.) è nato la notte scorsa (rispetto alla notte dei tempi). A parte che le donne erano disegnate dagli uomini e dunque alcuni tratti (onori e punizioni) erano visti nell’ottica maschile, nella narrazione abbiamo dimenticato o ignorato una cospicua produzione femminile che forniva sguardi realisti e interessanti (come dimostra Valeria Palumbo nel saggio Non per me sola). Secondo punto: l’amore è una questione di potere e come tale va esaminata. Diciamo che, se va bene, si può raggiungere via Diotima le nobili vie della conoscenza, e dunque arrivare alla bellezza (una scala ascendente, dal particolare all’universale, dalla bellezza dei tuoi occhi alla bellezza della matematica e via dicendo), ma molto spesso si rimane attaccati al particolare (lo dimostrano gli avvocati divorzisti): perché è, sì, auspicabile, ma difficile separare l’amore dal possesso e dal piacere di possedere.

Una lettura sul tema è Il diario di Adamo ed Eva di Mark Twain. Perché Adamo si innamora di Eva e viceversa? Vabbè, c’era poca scelta, ma Twain si diverte e ci dice: Adamo ed Eva sono due sono ragazzini impuberi, lui è sbruffoncello, lei riflessiva e con un’opprimente pulsione di morte. Poi perdono il giardino, “la proprietà”, e Adamo decide che sarà lei la sua nuova proprietà, una specie di compensazione. Lei abbozza e gli fa trovare due strani animaletti, che Adamo cataloga come canguri, finché capisce che sia chiamano Caino e Abele. Alla fine, Eva si chiede perché ami Adamo, e scopre di non saperlo: lui non sa cantare, non è gentile, fa la spia, si crede intelligente. E allora? Lo amo semplicemente perché è Maschio ed è “mio”. Ma poi conclude: sono solo una ragazzina (tra l’altro la prima ad aver esaminato la questione, ma chissà, altri dopo di me diranno meglio).

Dettaglio di Adam and Eve di Lucas Cranach, courtesy of Courtauld Institute of Art

Invece siamo ancora ragazzini in preda agli umori e giochiamo con perdite e riconquiste, e le rispettive strategie. In Manhattan Isaac Davis molla la diciassettenne Tracy (dopo averla spinta ad andare all’estero a studiare – vuole avere il campo libero e la coscienza pulita), si mette con Mary Wilkie, poi lei lo lascia, e lui corre a riprendere Tracy. Lo chiamiamo amore perché abbiamo paura di chiamarlo con un nome più appropriato e più brutale: possesso o paura della perdita. Terzo punto: Isaac Davis è un artista (autore televisivo, ma vabbè). E chi è l’artista? In primo luogo, uno che può limitare i sensi di colpa o usarli per altri e artistici scopi. Il resto, ce lo spiega lo scultore Pietro Consagra, compagno di Carla Lonzi. I due sono in crisi, cercano di parlarsi francamente e si registrano: viene fuori un libro, intitolato Vai pure: interessante, poetico e conflittuale. Lui la mette giù dura: sono un artista e un artista è una persona fragilissima, ha bisogno di un certo clima, e, se questo clima non c’è, l’artista si deprime, e non può più vivere: ho bisogno di cortigiane – dice – che mi aiutino a trovare quella leggerezza, e non che alimentino le mie fragilità. Lonzi ribatte: parli della tua fragilità senza pensare alle mie? Sospetto che Consagra come Woody Allen avesse individuato un punto: essere artisti significa sentire la vita senza capirla e sfruttare questo potere per sentire (artisticamente) di più. E sospetto che Lonzi, come la Eva di Twain, abbia, col suo lavoro, gettato le basi per un nuovo modo di pensare alle relazioni: il futuro – ci dice – è racchiuso nella creatività femminile, cioè in un nuovo modo di esaminare la questione, di staccarsi dai canoni usuali e provare ad esistere.

I fatti che gravitano attorno alle nuove sensibilità sono complessi, è un problema sia sottovalutarli sia sfotterli. Ma l’unico vero rischio è quello di eludere il conflitto, il corpo, e il vissuto che nel corpo alberga: questo accusa sempre i colpi della vita, bisogna rappresentarlo. Detto in breve, non è il massimo se cancello il film e le sue indagini corporali e brutali solo perché mi secca affrontare quelle domande scomode di cui sopra. Speriamo che dopo le accuse al sistema patriarcale si cominci a esaminare le relazioni che si instaurano tra gli altri corpi e orientamenti sessuali. Ora ci sono guardiani del linguaggio che ne cantano le lodi. Ma siamo, si capisce, al primo atto, cioè alle dichiarazioni di intenti. Mi sa che appena inizia il secondo atto, ci troveremo davanti alle annose questioni di potere. Soluzioni? Di sicuro ci vuole una nuova rappresentazione artistica, non solitaria, ma in tandem, non ideologica e spietata col potere: cioè con noi stessi.

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