È stato fotografato davanti al museo dopo il colpo, vestito elegantissimamente, così tanto che molti pensano sia uno scherzo o un'immagine AI.
Si è scoperto che uno degli arrestati per il furto al Louvre è un microinfluencer specializzato in acrobazie sulla moto e consigli per mettere su muscoli
Abdoulaye N, nome d'arte Doudou Cross Bitume, aveva un bel po' di follower, diversi precedenti penali e in curriculum anche un lavoro nella sicurezza del Centre Pompidou.
Abdoulaye N, 39 anni, deve essere uno di quegli uomini convinti di non fare mai abbastanza. Fino al 25 ottobre, Abdoulaye aveva già in curriculum un impiego come addetto alla sicurezza al Centro Pompidou di Parigi, day job che evidentemente non bastava a soddisfare le sue necessità economiche né le sue ambizioni lavorative. È per questo che Abdoulaye, nel tempo libero, si dedicava all’attività di micro influencer: specializzato in contenuti a tema motociclette, noto con il nickname Doudou Cross Bitume, molto presente su YouTube, recentemente arrivato anche su TikTok e Instagram con i suoi video di acrobazie nei parcheggi dello Stade de France in sella al fedele Yamaha TMax, intervallati da contenuti su come accrescere la massa muscolari. Ma neanche il successo su internet si è dimostrato sufficiente a placare l’irrequieto spirito di Abdoulaye, che così, il 19 ottobre, ha deciso che dopo addetto alla sicurezza e micro influencer era arrivato il momento di diventare pure ladro. E assieme ad almeno 3 complici – tante sono le persone attualmente in arresto – ha deciso di svaligiare il Louvre. Abdoulaye è, infatti, uno dei sospettati del furto di cui tutti stiamo parlando ormai da giorni, quello in cui dal museo più famoso del mondo sono stati rubati gioielli per il valore di 88 milioni di euro.
Secondo quanto riportano i media francesi, Abdoulaye è stato arrestato perché sulla scena del crimine è stato rinvenuto il suo Dna, già presente nell’enorme database in cui in Francia viene conservato il Dna di tutti coloro che hanno a carico almeno una sentenza passata in giudicato. Abdoulaye ha lasciato tracce sulle teche nelle quali erano conservati i gioielli rubati e sugli oggetti – tanti, come si è scoperto, per la sorpresa un po’ di tutti quelli che pensavano che i colpevoli fossero dei geni del crimine – rinvenuti sulla scena dalla polizia. Per gli inquirenti, Abdoulaye è uno dei due uomini che sono entrati nel museo da una finestra incustodita al primo piano della struttura, al quale sono arrivati usando un montacarichi diventato notevole veicolo pubblicitario per l’azienda che lo produce. Per la fuga, Abdoulaye ha pensato bene di usare il TMax che lo ha reso “famoso” sui social. Chissà che il mezzo non abbia contribuito al suo arresto, avvenuto, come detto, sei giorni dopo il furto.
Laure Beccuau, magistrato inquirente che sta seguendo l’indagine, ha detto che Abdoulaye finora ha detto poco alla polizia ma ha «parzialmente ammesso» il suo ruolo nella rapina. Beccuau ha anche detto che i profili criminali dei quattro arrestati non corrispondono con la complessità e raffinatezza del colpo al Louvre, fatto che ha portato i media francesi a ricostruzioni in Abdoulaye e complici sono solo gli esecutori di un crimine organizzato da un mandante assai più sofisticato. In effetti, Abdoulaye ha diversi precedenti – nel 2014 era stato condannato per una rapina in una gioielleria, nella fedina penale aveva anche possesso e trasporto di stupefacenti, guida senza patente, risse – ma nessuno neanche lontanamente paragonabile alla rapina al Louvre. Caso che è ben lontano dall’essere chiuso, a prescindere dalla sorte dell’ex addetto alla sicurezza ed ex microinfluencer Abdoulaye: la refurtiva, infatti, ancora non è stata recuperata.